Frida Kahlo, la fragilità e la forza
Sembra che non si possa comprendere l’opera di Frida Kahlo senza conoscere la sua vita. In realtà la storia della sua vita ha finito per prendere il sopravvento sulla sua Arte, come dice la curatrice Helga Prignitz-Poda nel saggio in catalogo alla Mostra allestita alle Scuderie del Quirinale a Roma dal 20 marzo al 31 agosto 2014.- “Un nome noto a tutti: Frida Kahlo, che nel corso degli ultimi dieci anni è diventata, da Kahlo l’artista, una star mondiale, la cui immagine ha raggiunto, negli stand di merchandise di tutto il mondo, una popolarità analoga a quella di Che Guevara. E come il nome dell’eroe rivoluzionario cubano si è trasformato nel brand Che, oggi Frida Kahlo, nell’epoca della sua iconizzazione, è diventata Frida. Sulla scia di questi sviluppi ci si è anche assuefatti a che tutti i libri – e quasi tutti i numerosi saggi sull’artista – comincino lamentando che la sua opera venga interpretata in maniera esclusivamente biografica. Perché questo fenomeno continua a ripetersi? Perché le opere di Frida Kahlo hanno sempre un riferimento diretto alle vicende che circondano la sua complessa figura oppure semplicemente perché è proprio su quest’ultima che l’attenzione della critica si sofferma più volentieri? Per giudicare con equità i quadri di Frida Kahlo occorre prendere in considerazione entrambi questi aspetti: il mondo interiore dell’artista, ma anche il mondo esterno, reale, e in particolare il mondo dell’arte che l’ha spinta ad essere pittrice. È il momento di separare l’opera di Frida Kahlo dalla sua biografia, prima che i quadri che ha dipinto vengano completamente inghiottiti dalle storie che li circondano.”-
Icona indiscussa della cultura messicana novecentesca, venerata anticipatrice del movimento femminista, marchio di culto del merchandising universale, seducente soggetto del cinema hollywoodiano, prima donna ispanica ritratta su un francobollo degli Stati Uniti, {{Frida Kahlo}}, cominciando dalla sua nascita, sembra avere un’esistenza basata su un dualismo, un doppio registro, una duplicazione, non solo per la sua sofferenza fisica trasformata in forza vitale, non solo per la sua duplice appartenenza al passato indigeno, le sue tradizioni storiche e le espressioni recenti dell’avanguardia artistica, non solo per la sua non celata bisessualità ed il duplice matrimonio con Diego Rivera, non solo per l’amica immaginaria della sua infanzia che lei sentiva accanto a sè nei momenti più difficili, dipinta nel celebre duplice autoritratto “Le due Frida”…
Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderón diceva di essere nata nel 1910, mentre in realtà era nata il 6 luglio 1907 a Coyoacán (Città del Messico) poiché amava considerarsi {{figlia della rivoluzione messicana }} che era iniziata nel 1910 e terminata nel 1917: “Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. E’ in quel fuoco che sono nata, portata dall’impeto della rivolta fino al momento di vedere giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita. Sono nata nel 1910. Era estate. Di lì a poco Emiliano Zapata, el Gran Insurrecto, avrebbe sollevato il sud. Ho avuto questa fortuna: il 1910 è la mia data”.
Dal suo diario, {{un diario fatto di immagini e di appunti }} inoltre si apprende – “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego” – Da questa riflessione, sembra che quasi un destino la leghi indissolubilmente alla cultura messicana caratterizzata da un forte dualismo, dall’idea dell’equilibrio come risultato dell’interagire di uomo e donna, vita e morte, sole e luna.
Anche nei miti di altri popoli {{gli eventi del firmamento e la coppia celeste sole/luna }} svolgono un ruolo centrale, ma l’artista si è spesso servita dei due astri, nei suoi quadri, per trasporre in immagini questa sua relazione con Diego Rivera. Nel capolavoro assoluto realizzato nel 1949, “L’abbraccio amorevole dell’Universo, la Terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl”, Frida rappresenta il suo desiderio di conciliare entro un’unità cosmica l’opposizione tra lei e Diego, con la consapevolezza di come questa unione potrebbe essere in ultima istanza impossibile.
Agli inizi degli anni cinquanta dipinse perfino il suo corsetto ortopedico con il sole e la luna, simboli associati alla protezione del feto mai nato ma qui rappresentato. Decorò questo corsetto come fosse un’armatura medievale, con formule magiche o formule esoteriche, la fede comunista con falce e martello, i due astri a testimonianza e quasi a protezione apotropaica di tutto ciò, ma sempre con un distacco di autoironia, poiché l’arte è sublimazione.
E’ vero che Diego Rivera fu un pioniere nella riscoperta dell’arte preispanica del Messico e che Frida condivideva l’amore per questi oggetti, ma mentre Diego Rivera si immergeva negli studi storici Frida Kahlo rimaneva affascinata dalla {{leggenda del quinto sole}}, il mito azteco della creazione, la doppia divinità Ometeotl che è uomo e donna nascita e morte allo stesso tempo e l’artista si ritraeva spesso con i colori della dea Coatlique, camicetta rossa e gonna verde chiaro, dea rappresentata tradizionalmente con una veste di serpenti ed un corpetto fatto di cuori sanguinanti.
Dai molti ritratti e dalle molte foto sappiamo che Frida amava vestirsi con i costumi tradizionali messicani ed ornarsi i capelli con nastri e fiori, anzi è questa l’immagine forte e commuovente che possiamo ancora vedere nei filmati d’epoca dove Frida emana ancora la sua sensualità ed il suo amore per la natura.
Tra i molti quadri di ritratti ed autoritratti, amava dipingere tavolette o lastre di metallo come piccoli ex voto tradizionali che riproducevano i miracoli dei santi e sembrava rivolgere i propri desideri verso un mondo trascendente raffigurandosi come devota, nello stesso tempo però vi nascondeva con una certa ironia riferimenti a fatti e persone, lei la ribelle, era anche {{l’ocultadora}}, l’ironica pasionaria che in altri dipinti si collegava all’avanguardia artistica ed all’esuberanza culturale del suo tempo, anzi lo studio della sua opera completa permette di capire l’intreccio di tutti i movimenti culturali internazionali che attraversarono il Messico in quel tempo: dal Pauperismo rivoluzionario allo Stridentismo, dal Surrealismo a quello che decenni più tardi prese il nome di Realismo magico.
E’ possibile scoprire tutto ciò attraverso {{l’accostamento }} allestito in mostra di alcuni quadri di Frida ad opere di artisti come Gino Severini, tra gli autori del manifesto futurista, Carlo Mense, tra gli esponenti della Nuova Oggettività, Roland Penrose, surrealista britannico dal quale Frida prende le mosse per il suo Autoritratto con collana di spine, e Giorgio De Chirico. Nell’aprile 1938 André Breton, teorico del Surrealismo, giunse in Messico con la moglie Jacqueline Lamba e fu ospite nella casa studio di Rivera. Nel frattempo Frida aveva offerto ospitalità a Coyoacán al rivoluzionario russo Lev Trotsky e a sua moglie Natalia, in fuga da Stalin, cui il Messico aveva dato asilo grazie all’intervento di Rivera e proprio a Città del Messico Trotsky, Breton e Rivera scrissero il Manifesto per un’arte rivoluzionaria e indipendente.
Si parla molto di quello che sembra {{il tema principale della sua opera}}, quello dell’auto-rappresentazione che Frida elabora attraverso vari linguaggi, il peso complessivo che il genere “autoritratto” assume nella sua produzione complessiva ci restituisce il valore iconografico, psicologico e culturale del “mito Frida” che da lei si è trasmesso, ma rivela anche una personalissima ricerca di introspezione che l’artista, in quanto donna, inaugura all’interno di un mondo dell’arte maschile nel quale lei è oggetto e soggetto al tempo stesso.
Frida ha cercato di inserire il suo personale linguaggio nella storia dove ogni artista vede gli oggetti della realtà attraverso gli oggetti dipinti da altri artisti, nel caso di Frida anche dagli artisti della mitologia e dell’arte popolare dove le figure femminili comparivano in vesti di dee o sante. Secondo l’opinione di Gombrich infatti ogni artista deve molto alla memoria della “pittura”, alla storia dell’arte, fondamentali sia per l’artista sia per l’osservatore più di quanto non si debba alla natura, infatti l’opera d’arte è il veicolo di un particolare messaggio, che può essere inteso dallo spettatore nella misura in cui questi conosce il contesto linguistico entro cui il messaggio si trova.
Questa rassegna su di lei alle Scuderie del Quirinale a Roma, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in coproduzione con MondoMostre, è la prima retrospettiva in Italia dell’artista messicana e presenta oltre 160 opere tra dipinti e disegni e documenta l’intera carriera artistica di Frida Kahlo riunendo i capolavori assoluti dei principali nuclei collezionistici, raccolte pubbliche e private, provenienti da Messico, Europa e Stati Uniti, oltre quaranta straordinari ritratti e autoritratti, tra cui il celeberrimo “Autoritratto con collana di spine” del ’40, mai esposto prima d’ora in Italia e immagine della mostra, l’Autoritratto con vestito di velluto del ’26, dipinto a soli 19 anni, il suo primo autoritratto, eseguito per l’amato Alejandro Gòmez Arias in cui lei si ispira a Botticelli e al Bronzino. Completa il progetto, una selezione di disegni, tra cui lo “schizzo a matita per il dipinto Ospedale Henry Ford (o Il letto volante)” del ‘32, il famoso “corsetto in gesso” che teneva Frida prigioniera subito dopo l’incidente, un pezzo unico che si credeva perduto fino a poco tempo fa, e infine alcuni eccezionali ritratti fotografici dell’artista, in particolare quelli realizzati da Nickolas Muray, per dieci anni amante di Frida, e tra questi “Frida sulla panchina Bianca, New York, 1939” diventato poi una famosa copertina della rivista Vogue.
C’è da dire inoltre che l’esposizione alle Scuderie del Quirinale rientra in {{un progetto congiunto che Roma e Genova presentano con due grandi mostre}} dedicate all’opera dell’artista messicana Frida Kahlo. “Frida Kahlo e Diego Rivera” a Palazzo Ducale di Genova dal 20 settembre 2014. Un ringraziamento speciale è dovuto alle istituzioni promotrici messicane: Embajada de México en Italia; Agencia Mexicana de Cooperaciòn internacional para el Desarrollo de la Secretarìa de Relaciones exteriores (AMEXCID/SRE); Consejo Nacional para la Cultura y las Artes (CONACULTA); Instituto Nacional de Bellas Artes (INBA); Gobierno del Estado de Tlaxcala Instituto Cultural Tlaxcalteca Museo de Arte de Tlaxcala; Banamex. Banco Nacional de México.
http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-frida-kahlo
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