GAZA – Raggiunto l’accordo tra Israele e Hamas sul cessate il fuoco
Secondo l’autorevole quotidiano pan-arabo Al-Hayat, pubblicato a Londra, Israele e Hamas hanno raggiunto, attraverso negoziati indiretti, un accordo di cessate il fuoco, grazie ad una frenetica attività di mediazione sviluppata dall’intelligence egiziana. Mentre i venti di guerra sembravano soffiare sempre più forte, gli egiziani sono riusciti all’ultimo minuto ad arrestare, almeno per il momento, la corsa verso un nuovo conflitto.
Per ora, si tratta solo di una intesa reciproca su alcuni punti ben delimitati: Hamas e gli altri gruppi combattenti si impegnano, nel corso delle manifestazioni del venerdì (che potranno quindi continuare), ad evitare aggressioni violente con il lancio di razzi e missili, l’uso di esplosivi, bombe, aquiloni e palloni incendiari e tentativi di sfondare il muro di confine. Israele, dal canto suo, si impegna a riaprire i valichi al traffico di merci e in particolare ai convogli di carburante, pagati dal Qatar, per portare da 4 a 8 le ore di elettricità a Gaza; a allargare di nuovo la zona di pesca in mare; a consentire l’ingresso dei rifornimenti per i progetti umanitari promossi dalle Nazioni Unite.
Se il cessate il fuoco reggerà nei prossimi giorni, si potranno aprire le trattative di più largo respiro, su cui al Cairo era stato raggiunto una bozza d’accordo bilaterale indiretto, poi bloccato dall’intervento durissimo del Presidente Abbas.
In questa seconda fase si dovrà discutere dello scambio di prigionieri (Hamas detiene il corpo di un soldato ucciso nel corso della ultima guerra, e due civili israeliani che hanno sconfinato nella Striscia). Si negozierà inoltre su una tregua di lungo periodo, di cinque anni, proposta da Hamas. Tregua (Hudna, in arabo) che non significa per l’organizzazione islamica riconoscere Israele e accettare l’idea di dividere la Palestina storica: una visione che coincide in sostanza con quella di Netanyahu, che preferisce evitare ogni negoziato sul “Final Status” e sulla creazione dei “Due Stati”.
Si dovrebbe negoziare infine su misure di emergenza per risollevare le gravi condizioni di vita della popolazione della Striscia, ivi incluso il possibile utilizzo di un porto a Cipro o in Egitto, per rompere l’isolamento di Gaza, ed anche la costruzione di un aeroporto, sempre in Egitto. In sostanza, gli stessi impegni, rimasti del tutto inattuati, con cui si era chiusa nel 2014 la precedente guerra, denominata da Israele operazione “Protective Edge”.
Gli egiziani in questi ultimi frenetici giorni non hanno mancato di recarsi ripetutamente a Ramallah per far visita al Presidente palestinese Abbas, che tuttavia ha confermato la sua ferrea opposizione ad ogni accordo tra Israele e una delle fazioni palestinesi, che non passi attraverso l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), e sia attuato prima del raggiungimento della riconciliazione tra Fatah e Hamas, con il completo ritorno della Striscia sotto il controllo dell’ANP, sia dell’amministrazione civile che delle forze e apparati militari.
Abbas tuttavia è oramai fortemente indebolito, il suo discredito in Cisgiordania, secondo i sondaggi, è altissimo, e oltre il 60% della popolazione vorrebbe che desse le dimissioni. Può tuttavia contare sul suo ferreo apparato di sicurezza, che lavora in stretta collaborazione con i servizi di sicurezza israeliani, a tutela del comune interesse di contrastare gli sforzi di Hamas per espandere la sua forza in Cisgiordania.
D’altronde, Abbas è molto isolato anche sul piano regionale e internazionale, data la sua rottura verticale con gli USA e la sua stessa marginalizzazione nel mondo arabo.
La nuova generazione di leader arabi, al contrario dei precedenti che avevano a cuore la questione palestinese, vede in realtà la costruzione di uno Stato palestinese unificato come un potenziale pericolo, per il rischio che diventi un nuovo Hamastan, legato all’Iran e ai Fratelli musulmani, esponendo i loro regimi al rischio di contagio dell’Islam politico, ravvivando lo scontro con Israele, oramai visto come alleato contro l’Iran, e creando instabilità nella Regione. (Articolo di Janiki Cingoli, Presidente di CIPMO, per Huffington Post.)