GENOVA – Riflessioni di una maestra – c’è un compito adesso, qui: ricucire, consolidare, unire, non con il cemento e il ferro, ma con le parole, con l’ascolto e con la gioia della vita, quel ponte che non c’è più
E poi ci sono loro, i bambini e le bambine con cui ci ritroveremo a settembre quando si tornerà tra i banchi; quel ponte spezzato cosa è stato per loro? L’insegnante di una scuola primaria che dista meno di un chilometro dal Ponte Morandi si interroga sul ritorno in classe delle e dei suoi ragazzini: molt* saranno andat* a vedere, altr* avranno sentito il rumore e le vibrazioni del crollo… Noi maestr*, ci scrive nelle sue riflessioni, abbiamo un compito adesso, qui: ricucire, consolidare, unire, non con il cemento e il ferro, ma con le parole, con l’ascolto e con la gioia della vita, quel ponte che non c’è più
Articolo di Luciana Farneti*
E poi ci sono loro, i bambini e le bambine con cui ci ritroveremo a settembre quando si tornerà tra i banchi; quel crollo cosa è stato per loro? Noi adult* spaventat*, spaesat*, arrabbiat* adesso stiamo cercando qui di fare i conti con viabilità sconvolte, dolori interiori inconsci che ci tengono incollati alle cronache della TV locale e che ci fanno parlare tra noi di questa caduta nel vuoto; sì perché siamo cadut* un po’ tutt* dal ponte il 14 agosto. Tutt* noi ci sentiamo miracolat*, perché tutt* siamo sempre passat* da lì.
Sono consapevole che al rientro a scuola molti di loro saranno andati a vedere, molti avranno sentito il rumore e le vibrazioni del crollo, la nostra scuola è a meno di un km in linea d’aria dal ponte, alcune delle famiglie conoscevano sicuramente qualcuno di chi ora non c’è più. Uno di loro ha frequentato le classi del nostro Istituto Comprensivo: una catastrofe famigliare. Un giorno la mamma di un mio alunno mi ha inviato un disegno, poi ho ascoltato un amico papà di una bimba di 9 anni, più tardi mi è capitato un post su FB di un genitore alle prese con la verità della tragedia da raccontare al figlio di 5 anni.
Ora i/le bambin* parlano poco, sono silenzios*, ma molto attent* a quello che diciamo noi, quello che guardiamo e che commentiamo, stiamo attent* a non raccontar loro delle bugie! I bambini e le bambine hanno la mente più aperta della nostra, cerchiamo di non sbarrargliela con pietose storielle pensando di farli soffrire meno. La morte è ancora lontana per loro, non fa ancora male, il dolore lo impari con il tempo, quando ci sbatti dentro.
Ho realizzato nei miei pensieri che sarà proprio una “patata bollente” per noi maestr*; non perché sia brutto, non perché sia doloroso, ma soprattutto perché sarà importante e giusto parlarne con i/le nostr* alunn*. Condividere con loro ciò che hanno visto, accogliere le loro domande, essere pront* a dare risposte, anche a quelle più scomode, perché non ci sarà solo un ponte da ricostruire, ma la fiducia nei “grandi”, nelle cose che fanno per loro; bisognerà esorcizzare la paura insieme, fare ancora più rete e condividere le emozioni.
Che questo dolore immenso che ha avvolto tutta la città sia l’occasione per unire i lembi di un’umanità sofferente; noi maestr*, abbiamo un compito adesso qui, ricucire, consolidare, unire non con il cemento e il ferro, ma con le parole, con l’ascolto e con la gioia della vita quel crollo.
*Luciana Farneti – Insegnante di scuola primaria Istituto Comprensivo Cornigliano plesso C. Sbarbaro
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La redazione de Il paese delle Donne ha cambiato nel pezzo le desinenze del maschile universale, esplicitando il genere femminile aggiungendo la parola o l’articolo femminile o cambiando la desinenza con l’asterisco che, per convenzione, serve a non nascondere nella scrittura il protagonismo dei due generi. Siamo fermamente convinte che il protaghonismo delle donne abbia lasciato un segno anche nel linguaggio.