Giovani che muoiono di precarietà mentre voi parlate di voi
Ho resistito finché ho potuto. Michele
Ho scritto anche io una lettera post ma non sono una giornalista sono solo una mamma in pensione che ascolta e segue anche i giovani, ne ho 2 che lavorano fuori Italia. Alcuni anni fa mi ritrovai sul blog di Grillo con quanto avevo riportato, il suicidio di una ragazzo di 26 anni e le parole dei suoi genitori. Ne ho riscritto oggi per Michele, per i nostri figli, per i giovani tutti: un abbraccio, io ho sentito vicino a me anche il pensiero del Maestro Manzi che mi ha sempre confortato in tutti i momenti di Analfabetismo Umano.
Dobbiamo ritrovare la certezza che vivere dignitosamente è essenziale.” Ricorda Beppe Grillo quanto scrissi? Ebbi l’onore inaspettato di essere oggetto e soggetto di un suo post nel suo blog l’8 luglio 2013, in cui riportavo: “Un 26enne si è sparato ieri mattina, a Meda (Monza e Brianza). Secondo le prime informazioni si tratterebbe di un giovane che non sopportava più di non riuscire a trovare un lavoro. Il particolare è emerso dai famigliari, che lo vedevano da tempo molto preoccupato e depresso, cioè da quando aveva smesso di lavorare come muratore senza più riuscire a trovare una nuova occupazione.
I genitori, rientrando a casa intorno alle 11, si sono insospettiti: il ragazzo non si era ancora alzato, così hanno sfondato la porta della sua stanza e lo hanno trovato senza vita con accanto una pistola. Spesso continuava a ripetere di “non riuscire a trovare niente” e di “non avere nemmeno i soldi per le sigarette”
Concludevo come ho iniziato ieri, 7 febbraio 2017.
E’ una giornata di cronaca nera, tanto per cambiare in Italia: sì, nessuno deve suicidarsi per paura di perdere il lavoro. Nessuno deve rimanere indietro.
I genitori di Michele, 30 anni, grafico, senza lavoro stabile,hanno affidato al Messaggero Veneto la lettera scritta dal figlio prima di suicidarsi, lo scorso 31 gennaio 2017, in Friuli.
«Dentro di me non c’era caos, Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità… Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, è un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive. Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco i limiti di sopportazione sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte… Ci avete rubato la felicità. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere…
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi. Ho resistito finché ho potuto. Michele”
Mi prende un grande sconforto, i miei figli lavorano all’estero perché qui non avevano futuro, ma qui sono rimasti milioni di giovani che non possono diventare una generazione di migranti, gli stessi che noi respingiamo come tutta l’Europa si vede costretta ormai a fare se non addirittura a sperare.
E ancora leggo di una destra che si erge come Fronte del “prima gli italiani” e usa tutto questo sconforto, di Sgarbi che riporta Grillo, di Grillo che dice quanto è buono l’imitatore, della sinistra che non sa cosa ci sia a sinistra, di una umanità che è un miracolo che ancora regga e non scenda in piazza a milioni come a centinaia di migliaia fanno in queste fredde giornate in Romania, calde di passione ritrovata per strada, insieme. Ci avete fatto iniezioni di varietà e avanspettacolo da 2 soldi, ci avete raccontato tutti i fattacci di Casa vostra e quelli di Cosa Nostra e noi li a sperare che fosse solo una fiction.
E’ reale la malattia, è reale tutto, anche questa frustrazione cattiva, questa depressione che non si cura con una droga o uno psicofarmaco, questo non far niente, se non essere parassiti delle corrotte gesta di costoro, dell’uso che fanno del nostro dolore delle nostre preoccupazioni dell’ansia che a volte ci prende e regala solo notti insonni e mattine piatte, quando ci si illumina ben poco d’immenso a guardare quella faccia, analfabeta di Umanità.
E allora ripenso sempre a un Maestro e affido anche io una sua lettera, del 1976: è di Alberto Manzi ai suoi alunni di V elementare. E adatta a tutte e tutti, come fossimo tutte e tutti tornati a scuola ad imparare, da un maestro che non ci mette voti e non li chiede, e che dice solo che non è mai troppo tardi.
Certi maestri ci illuminano d’immenso.
“…Abbiamo cercato di capire questo nostro magnifico e stranissimo mondo non solo vedendone i lati migliori, ma infilando le dita nelle sue piaghe, infilandole fino in fondo perché volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore….Spero che abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere: NON RINUNCIATE MAI, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, AD ESSERE VOI STESSI. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe…Siete capaci di camminare da soli a testa alta, PERCHE’ NESSUNO DI VOI E’ INCAPACE DI FARLO.Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi, SE VOI NON LO VOLETE.Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello SEMPRE in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti che è gia in voi e che deve sempre rimanere in voi; con onestà, onestà, onestà, e ancora onesta, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo e voi dovete ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa riuscire ad amare, e… amore, amore.Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio. Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi…” (dalla lettera del 1976 di Alberto Manzi agli alunni di V elementare)
Questa volta lunga, lo trovate cliccando su http://www.agoravox.it/Giovani-che-muoiono-di-precarieta.html dove troverete anche i riferimenti foto video e due lettere…