I 10 «MAI» IN UNA RELAZIONE – dall’OSSERVATORIO CENTRO STUDI ERICKSON
Nel mondo, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, una donna su 3 (il 35% delle donne della popolazione mondiale) ha subìto nel corso della vita una forma di violenza da parte di un uomo. Un femminicidio su 4 è compiuto dal partner. In Italia 6 milioni 788 mila donne nel corso della propria vita hanno subìto violenza fisica o sessuale da parte di un uomo.[1]
Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Nove volte su 10 il crimine non viene denunciato e sono circa 14 mila le donne che ogni anno si rivolgono ai centri antiviolenza italiani.Ogni tre giorni viene uccisa una donna. Secondo il rapporto Eures 2014, dal 2000 al 2012 sono state uccise in media 171 donne all’anno. In due casi su tre l’assassino è il partner o l’ex. Nella metà dei casi, il femminicidio è compiuto nei primi tre mesi successivi alla separazione.
Il Centro Studi Erickson, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, propone una riflessione attraverso un decalogo–spia[2] che indica quali comportamenti possono rappresentare dei “campanelli d’allarme” da non sottovalutare mai nell’ambito di una relazione: frasi, azioni e atteggiamenti che sottendono un bisogno/pretesa di esclusività e un’intolleranza per le differenze e per le divergenze che devono mettere in guardia:
- La contatta continuamente: telefonate, messaggi, mail.
“Hai mangiato?”, “Cosa hai mangiato?”, “Dove sei?”
- Chiede di essere costantemente informato.
“Richiamami quando hai finito il pranzo”, Chiamami quando arrivi”
- La accompagna dovunque (ad esempio al lavoro, per negozi, in uffici, ecc.) e si aspetta che lei condivida con lui ogni informazione.
“Siamo una cosa sola, tra noi tanto non ci sono segreti”, “Dammi le tue password”
- Sembra essere concentrato esclusivamente su di lei.
“E’ meglio che stiamo solo noi due”, “Forse dobbiamo smettere di incontrare quegli amici”
- Organizza il tempo e le attività della coppia in ogni dettaglio.
“Ho prenotato questo albergo, non ti ho interpellato perché volevo farti una sorpresa”
- E’ geloso.
“Non ti sembra troppo scollato quel top?”, “Avrei scelto una gonna diversa”, “Perché ha salutato il tuo ex?”
- Desidera che lei gli dedichi il suo tempo e la sua attenzione in modo esclusivo.
“Perché passiamo così tanto tempo con i tuoi amici?”, “Per me la tua collega non è sincera”, Le sue amicizie e la sua famiglia diventano poco a poco le uniche frequentazioni della coppia.
- Trova che lei sia la donna ideale, ma ha atteggiamenti negativi nei confronti delle altre donne.
“Tu sei diversa dalla altre, sei seria, non come la mia ex”, “Se è finita con la mia ex è solo per colpa del suo atteggiamento sbagliato”
- Cambia umore all’improvviso
Frequentemente passa dal buon umore a silenzi apparentemente immotivati o all’irritazione per futili motivi: un no della compagna a un suo invito perché è stanca; un ritardo nel telefonargli, una frase che lei ha pronunciato davanti agli/lle amici/che e che lui ritiene ammiccante oppure offensiva nei suoi confronti.
- a una visione di se stesso come vittima innocente di numerose ingiustizie.
Si racconta come persona che nella maggior parte dei rapporti e delle situazioni di vita ha subìto ingiustamente; nelle relazioni con altri/e mostra di avere una bassa tolleranza per le critiche e il disaccordo.
È utile comprendere quali siano le proprie sensazioni accanto al partner e valutare se si tratti di un rapporto che, benché appagante sotto diversi aspetti, lascia solo poco spazio alla vita al di fuori della coppia, fagocitando la libertà individuale. Ma non solo la violenza fisica e verbale la si può incontrare anche in ambienti diversi da quelli familiari, come in ufficio, tra amiche, in palestra. E’ importante che anche culturalmente si vada oltre le definizioni rigide sui ruoli di uomini e donne sia nella sfera pubblica che in quella privata; nello specifico, su ciò che ci si deve aspettare da un maschio e da una femmina e su quali comportamenti ed emozioni si possano considerare appropriati, accettabili o desiderabili per l’uno e per l’altra.
Ecco le frasi che non vorremmo sentire più:
Continuerai a lavorare dopo il parto? Sei sicura di voler lasciare che qualcun altro cresca tuo figlio per pensare alla carriera? A tuo marito non dà fastidio che guadagni più di lui? Tuo marito aiuta in casa? Di che ti lamenti? Tuo marito ti aiuta anche con i bambini, sei fortunata. Scommetto che la promozione te la sei guadagnata tra le lenzuola del capo. Come mai non hai ancora pensato a un figlio? Guarda che poi l’orologio biologico si fa sentire… Fossi in te mi farei chiamare Direttore: Direttrice sa di professoressa di scuola. L’ho sempre pensato che sei una donna con le palle. Signorina, dobbiamo chiamarla sindaco o sindaca? Quasi queste frasi e domande, se rivolte a un uomo, suonerebbero prive di senso, eccentriche o rivelerebbero la sottile svalutazione del femminile su cui si basano. Difficilmente a un uomo verrà chiesto se preferisce essere chiamato Direttore o Direttrice ed è altrettanto improbabile che un maschio di cui ammiriamo grinta e tenacia venga definito un «uomo con le ovaie».
[1] Fonte: dati ISTAT
[2] Fonte: Maria Luisa Bonura, Che genere di violenza?, Edizioni Erickson, 2016
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