I Centri Antiviolenza al centro delle politiche di contrasto alla violenza alle donne
Il prossimo 27 novembre sarà sottoposto all’intesa della Conferenza Unificata il documento che definisce le caratteristiche e il funzionamento dei centri antiviolenza e prescrive i requisiti strutturali e organizzativi per poter accedere ai finanziamenti previsti dalla legge 119/2013 a partire dal 2015.
Un’intesa che cancellerà un patrimonio qualificato di esperienze e di saperi acquisiti da oltre venti anni dai Centri Antiviolenza.
Si disconoscono le specificità che caratterizzano il lavoro delle donne nei Centri antiviolenza e le competenze acquisite dalle operatrici dei centri, si prevede, inoltre, una illogica autonomia operativa tra centro antiviolenza e casa rifugio e la presenza di personale maschile: criteri che schiacciano la connotazione politico-culturale dei centri antiviolenza, volti a produrre cambiamento sociale, sulla logica del mero servizio. Non si fa riferimento alcuno infatti all’obiettivo fondamentale storicamente espresso dai Centri antiviolenza delle donne: promuovere sul territorio la trasformazione dell’impianto culturale da cui si genera la violenza parallelamente all’offrire accoglienza e supporto alle donne che hanno subito violenza.
E’ solo grazie al movimento politico delle donne che oggi possiamo parlare di violenza maschile contro le donne.
Le esperienze e i saperi delle donne, sin dagli anni settanta, hanno consentito la costruzione di percorsi di libertà e di autonomia, mettendo in discussione ruoli tradizionali e definendo la violenza all’interno dei meccanismi di potere e di controllo che esistono nelle relazioni fra uomini e donne.
È stato il femminismo a dare risposte concrete a questo fenomeno attraverso la nascita dei centri antiviolenza dove sono state accolte e si accolgono migliaia di donne ogni anno con una metodologia specifica che mette al centro ogni donna, con l’obiettivo di fare emergere e rafforzare la sua autodeterminazione e le sue scelte. E’ il paradigma di partenza di una metodologia sperimentata e validata, che si basa sulla relazione fra donne. E come ogni esperienza consolidata e virtuosa va custodita
e potenziata.
La violenza contro le donne è un fenomeno che ha radici sociali e culturali profonde e va contrastato con un approccio integrato volto a scardinare stereotipi e discriminazioni diffuse ai danni delle donne. I Centri antiviolenza non possono essere considerati un mero “servizio”, ma vanno valorizzati per le competenze costruite e raccolte in decenni di lavoro al fianco delle donne.
Ancora una volta siamo costrette a denunciare una vera e propria deriva culturale che vuole istituzionalizzare il movimento delle donne e burocratizzare un’esperienza che non può essere ingabbiata in un neutro servizio.
Ancora una volta siamo costrette a denunciare la logica della distribuzione di fondi per favorire la nascita di luoghi e meri servizi lontani dal riconoscere la natura e l’origine del fenomeno e di conseguenza distanti dalla possibilità di affrontare il fenomeno.
Non è con la retorica commemorativa della Giornata mondiale contro la violenza alle donne, che si affronta la violenza degli uomini sulle donne.
Invitiamo tutte e tutti di sostenere i Centri antiviolenza, i gruppi di donne e la società civile impegnati in questa battaglia culturale per la libertà delle donne.
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