Identidad desaparecida – a Venezia una mostra di Silvia Levenson
La Fondazione Musei Civici Venezia propone un percorso tra storia personale e memoria di un paese. La mostra durerà fino a domenica 11 settembre 2016 è stata allestita a Murano -Venezia al Museo del Vetro Spazio Conterie
Silvia Levenson, rinomata artista di origini argentine che da anni vive in Italia, si presenta per la prima volta in uno spazio pubblico a Venezia con Identidad desaparecida, una mostra personale il cui titolo allude al vuoto lasciato dalle migliaia di bambini, oggi adulti, strappati alle loro famiglie biologiche in Argentina durante il regime dal 1976 al 1983, quando i militari e i loro complici civili – medici, preti e funzionari – vollero eliminare non soltanto una generazione, ma anche la loro discendenza. Reduce dall’ottima accoglienza ricevuta a Buenos Aires, Washington, Barcellona, Montevideo, Parigi e Riga, la mostra, realizzata in collaborazione con la Galleria Traghetto Venezia, a cura di Sivia Levenson e Elena Povellato, è dedicata alle Nonne di “Plaza de Mayo” e al loro indomito lavoro per ridare un’identità ai figli di desaparecidos, i loro nipoti, strappati dalla dittatura argentina ai loro genitori naturali e illegalmente dati in adozione.
Negli spazi delle Conterie – recuperati a funzione museale in occasione degli ultimi lavori di restauro del museo – sono esposte dal 12 marzo all’11 settembre 2016 sculture, installazioni e fotografie di forte valenza evocativa e impatto emotivo. Si tratta di lavori che, giocando sulle caratteristiche del vetro – usato fuso, oppure a stampo o come materiale industriale – suggeriscono il distacco, ma anche l’analisi oggettiva del tema affrontato, quello dell’identità strappata. “Anche se i figli dei desaparecidos oggi sono adulti, nel mio lavoro parlo sempre di bambini”, spiega l’artista, “perché è nell’infanzia che il trauma ha avuto origine, quando i militari, sostituendosi agli organi democratici della società argentina, si sono presi il diritto se lasciare in vita o uccidere i genitori negando ogni identità familiare.” Una vicenda dolorosa, tipicamente argentina, ma anche personale per l’artista, che ha visto molti familiari e conoscenti coinvolti direttamente in questi avvenimenti.
Il vetro, elemento essenziale per contenere e conservare liquidi e alimenti, ma anche per costruire lenti, è l’imprescindibile materia prima del lavoro dell’artista, che nelle sue opere lavora per la conservazione del “corpo della memoria”.Banali oggetti del quotidiano come seggioline, tappeti, altalene e scarpette sono associati a coltelli di vetro, filo spinato, chiodi, puntine. Completa la mostra un’installazione site-specific dal forte impatto: centodiciannove vestitini da neonato in vetro fuso colorato ricordano i casi risolti dalle Abuelas de Plaza de Mayo e cioè i centodiciannove figli che hanno potuto conoscere il nome dei loro veri genitori, le circostanze della loro nascita e incontrare la famiglia biologica.
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