Il 3 maggio è la giornata Onu per la libertà di stampa
Il 3 maggio si celebra la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993. La proposta di istituzione della Giornata fu avanzata dalla Conferenza Generale dell’UNESCO che aveva così risposto all’appello di giornalist* african* per il pluralismo e l’indipendenza dell’informazione che nel 1991 avevano sottoscritto a Windhoek, capitale della Namibia, una Dichiarazione. La Dichiarazione di Windhoek faceva esplicito riferimento all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione, tale diritto include la libertà di opinione senza interferenze e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza frontiere”. Ogni anno l’Unesco attribuisce un Premio per la libertà di stampa, intitolato al giornalista colombiano, ucciso dai cartelli della droga, Guillermo Cano.
Tra le iniziative promosse in vista della Giornata del 3 maggio, la pubblicazione, sul sito MedFemiNiswiya, di un Dossier per dare voce alle donne del giornalismo dell’area del Mediterraneo sulla libertà di stampa. “Da una sponda all’altra del Mediterraneo – dice l’introduzione – il panorama mediatico è sempre più afflitto da repressione, censura e silenzio”. Il dossier è dedicato alle giornaliste che stanno lottando nei loro Paesi per esercitare la loro professione e produrre informazione indipendente, a volte a rischio della vita.
Il Dossier, coordinato da Cristiana Scoppa con Maya El Ammar e Nathalie Galesne, ha visto la pubblicazione di testimonianze di Sana Adouni e Olfa Belhassine sulla situazione in Tunisia e di Kenza Khattou e Ghania Khelifi in Algeria. Gli articoli sono in francese e in inglese.
Dopo Tunisia e Algeria, l’indagine su “Donne e informazione” affronterà Egitto, Francia, Italia, Malta, Palestina, Turchia, fino agli Stati Uniti.
MedFemiNiswiya è una piattaforma di informazione femminista, online dal 2021, in lingua francese, inglese e araba, alla quale lavorano circa 20 giornaliste femministe operanti in molti Paesi del Mediterraneo.
E in Europa? Per capire la consistenza della repressione in Europa nei confronti di giornalist*, occorre fare riferimento all’ultimo rapporto pubblicato dal Comitato per la protezione dei giornalisti, la piattaforma del Consiglio d’Europa che monitora giorno per giorno le violazioni della libertà di stampa con omicidi, arresti, aggressioni e persecuzioni giudiziarie, oltre che con campagne diffamatorie. I dati dell’ultimo anno sono fortemente segnati dalla guerra in corso dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’ultima notizia riportata dal sito è quella del ferimento Il giornalista di Repubblica Corrado Zunino durante l’attacco di un drone a Kherson che ha ucciso il suo interprete ucraino Bogdan Bitik.
“Guerra in Europa e lotta per il diritto alla denuncia” è il titolo della relazione redatta sulla base di 289 segnalazioni riguardanti 37 Paesi pervenute nel 2022: almeno 12 giornalist* e operator* dei media uccis* mentre raccontavano la guerra di aggressione, e almeno 21 ferit*. Al 31 dicembre 2022 sono 127 i reporter detenuti principalmente in Turchia, Bielorussia, Russia, Azerbaigian, il 60 per centro in più rispetto al 2021.
Il 2022 è stato l’anno che ha segnato un record nel numero di giornalist* incarcerat* nel mondo, come ha comunicato nel suo rapporto annuale, a fine dicembre 2022, Reporter senza frontiere : più della metà dei giornalisti detenuti nel mondo si trova in cinque Paesi: Cina (110), Birmania (62), Iran (47), Vietnam (39) e Bielorussia (31).
L’Iran è entrato prepotentemente in questa classifica con lo scoppio delle proteste dopo l’omicidio di Mahsa Amini: 34 nuove detenzioni dopo lo scoppio delle proteste, mentre prima il numero era 13. La prima giornalista arrestata è stata Niloufar Hamedi che pubblicò per prima la notizia della morte di Mahsa Amini, subito dopo è stata arrestata Elahe Mohammadi che aveva intervistato il padre di Mahsa Amini durante la cerimonia funebre nel Kurdistan iraniano. A gennaio è stata arrestata Nasim Soltanbeighi mentre stava per lasciare legalmente l’Iran.