“Il caftano blu” della regista marocchina Maryam Touzani
“E tu te ne vai? Tu te ne vai… no, tu non te ne vai: io ti trattengo… mi lasci nelle mani la tua anima come un mantello.” (Marguerite Yourcenar, da Fuochi)
In tempi di disamore tra uomini e donne e di intolleranza verso le diversità, ecco un film folgorante sulla forza trasgressiva dell’amore. Il Caftano blu, secondo lungometraggio della regista e sceneggiatrice marocchina Maryam Touzani, conferma l’importanza nella cinematografia nordafricana di uno sguardo femminile “ribelle” sulle relazioni affettive oltre gli stereotipi di genere.
Continuando idealmente il percorso iniziato con i cortometraggi di esordio, Quand ils dorment (2011) e Aya goes to the beach (2015), e con il lungometraggio, Adam (2019), Maryam Touzani, tesse un racconto di emozioni che mette a nudo la fragilità ma anche la forza di tutti i personaggi. Il Caftano blu racconta la storia di Halim e Mina, una coppia che confeziona abiti tradizionali in una medina marocchina. Mina si occupa di tutti gli aspetti pratici della sartoria, ha rapporti con i fornitori, vende le stoffe e guida le clienti nella scelta dei colori. Suo marito Halim, nel retro del negozio, decora con passione i meravigliosi caftani. Anche nella vita Halim sta “dietro” Mina: si lascia condurre riparando nell’amore di sua moglie il suo malessere. Anche Halim ama teneramente Mina ma prova attrazione per gli uomini con cui consuma nell’hammam frettolosi rapporti sessuali. L’arrivo di Youssef, un giovane desideroso di imparare l’arte di confezionare caftani, rompe l’equilibrio della coppia. Complice la trasmissione di un sapere antico, tra il maestro Halim e l’apprendista Youssef nasce l’attrazione.
Non è facile raccontare le emozioni che circolano in un triangolo amoroso; Maryam Touzani riesce a parlare di gelosia, sensi di colpa, rinuncia e tradimento con la stessa leggera preziosità a cui allude il caftano, una tunica antica eppure liberamente moderna. Ne risulta un film pittorico che si nutre dell’espressività dei volti e della bellezza dei gesti quotidiani. Il cuore della storia è, come nella precedente filmografia della regista il personaggio femminile, una donna coraggiosa nonostante che la malattia abbia invaso il suo corpo. Mina (Lubna Azabal) riesce scendere nelle profondità dell’eros tornando alla sua essenza archetipica, la dedizione amorosa. Si dimostra capace di “arrendersi” senza sottomettersi, di prendersi cura della vita oltre la vita.
Come scrive James Hillman nella Politica della bellezza, “Avere dentro di sé una passione è demoniaco; essere dentro una passione, ovvero nel mondo dell’emozione, nel modo in cui essa rende manifeste tutte le cose …può invece muovere l’anima verso un rapporto più profondo ed epifanico con il mondo.”
Il Caftano blu che è stato premiato nella Sezione Un certain regard (Festival Cannes 2022), oltre alla splendida Lubna Azabal, si avvale della intensa interpretazione di Saleh Bakri (Halim), attore palestinese di cinema e teatro, e Ayoub Missioui (Youssef). Il film è attualmente nelle sale.