Il Camper e i “numeri”
“Diminuiscono nel primo semestre del 2016 i reati di violenza sulle donne rispetto al primo semestre 2015, un calo del 22,9% per gli omicidi, -23,3% per le violenze sessuali e -22,8% per i maltrattamenti in famiglia».
A spiegarlo è stato il ministro Alfano che ha aggiunto: «Siamo soddisfatti ma non ci accontentiamo. Quella dei camper, promossa dalla Polizia di Stato, (Questo non è amore) è un’importante iniziativa che rivolge un’attenzione particolare alle donne proprio in un periodo in cui si registrano tantissimi episodi di violenza che purtroppo, spesso, sfociano in tragedie.”
Ci chiediamo se davvero il ministro sia convinto che per una donna sia più facile “sentirsi protetta” entrando in un camper in mezzo a una piazza oppure nell’ufficio di polizia o in un centro antiviolenza. Molti centri evitano insegne troppo visibili per rendere l’accesso più libero, più riservato.
Ci chiediamo anche: il Governo sa contare?
La Ministra Boschi, dopo l’uccisione di Sara Di Pietrantonio il 28 maggio 2016, sostenne che “se guardiamo con freddezza i dati del ministero dell’Interno, vediamo che nei primi cinque mesi del 2016 il fenomeno del femminicidio è sceso del 20% rispetto allo stesso periodo del 2015.”
Affermazione stupefacente rispetto a quanto dichiarato dal Ministro Alfano l’8 marzo 2016, secondo cui nel periodo 4 marzo 2015 – 3 marzo 2016 sarebbero “diminuiti” rispetto all’anno precedente sia gli “omicidi” (sic) con vittime di sesso femminile (da 142 a 141, -0,70%) sia quelli commessi in ambito familiare (da 113 a 112, -0,88%). Nel documento “Millegiorni”, che illustra i risultati del lavoro del ministero dell’Interno e delle sue strutture dislocate sul territorio nel periodo 2013 – 2016, sono riportati 494 casi di “donne uccise” prima della Legge 15.10.2013 N. 119 rispetto a 452 casi dopo la legge, con un calo dichiarato dell’ 8.5%.
In questa confusione di “numeri a caso”, sostenuta dalla volontà di non riconoscere il “femminicidio” come un crimine a sé, diverso dai casi di assassinio la cui vittima è una donna, tocca, ancora una volta, alle donne farsi carico di “contare”. I dati raccolti nelle “Liste Orribili” da UDI Monteverde, registrando quotidianamente quanto riportato dai media, indicano 75 casi di femminicidio dal 1° gennaio al 9 luglio 2016, un agghiacciante dato in crescita rispetto ai 60 casi osservati nello stesso periodo del 2015.
Inoltre, l’analisi del fenomeno della violenza di genere coordinata per l’ISTAT da Linda Laura Sabbadini esaminando i dati di cinque anni (2000-2014) ha concluso che, sebbene le violenze fisiche o sessuali siano diminuite del 2% (dal 13,3% all’11,3%) rispetto ai cinque anni precedenti il 2006, grazie soprattutto alla migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno nonché a un clima sociale di maggiore condanna della violenza, lo zoccolo duro del fenomeno non è intaccato; non sono diminuite né le uccisioni di donne, né gli stupri o tentati stupri e la gravità della violenza è aumentata.Le donne, nel 2012, avevano parlato chiaro al governo allora in carica con la Convenzione NO MORE. Sebbene la Convenzione di Istanbul sia stata poi ratificata, manca ancora molto, troppo, rispetto a quanto era ed è necessario.
Per contrastare il femminicidio e la violenza di genere non bastano le parole.Ancora oggi, chi si macchia di femminicidio e delle violenze più efferata, può chiedere il rito abbreviato e ottenere uno sconto di pena.
Non vogliamo che questo possa accadere più, non ci devono essere sconti di pena per chi infierisce su una donna causandone la morte o riducendola in uno stato vegetativo permanente, quello che chiamiamo “femminicidio sospeso a tempo indeterminato”.
Così come non deve più essere concesso al marito femminicida di ereditare un qualsiasi bene della donna che ha ucciso.
Non bastano le parole quando i fatti dimostrano che c’è ancora molto, molto da fare.
per UDI Monteverde
Marina Patriarca e Carla Cantatore