Il collasso umanitario della striscia di Gaza
Pubblichiamo il testo del Rapporto aggiornato al 14 gennaio, a cura di 9 Ong sulla dimensione del collasso umanitario della Striscia di Gaza: molti feriti non stanno ricevendo alcuna cura medica, il loro
trasferimento verso gli ospedali e’ impedito, i team medici vengono
attaccati mentre cercano di portare soccorsi e il sistema sanitario, in
particolare gli ospedali, e’ al collasso.{{Le infrastrutture elettriche,
idriche e fognarie sono in uno stato di parziale crollo}}, che impedisce
alla popolazione di Gaza l’accesso all’acqua potabile e la espone al
rischio di infezioni contagiose con le acque reflue che invadono i centri
abitati.
– {{Danni al sistema sanitario e impedimenti all’evacuazione dei feriti}}
Le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato sei casi in cui i
soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro team di operatori
sanitari; {{12 operatori sanitari sono stati uccisi e 17 feriti}}.
Sono stati documentati almeno {{15 casi di attacchi contro strutture
mediche}}, tra cui un deposito di forniture medicinali, tre cliniche mobili,
un centro di salute mentale, le mura e le finestre di tre ospedali
pubblici e numerosi veicoli di soccorso. Attacchi diretti hanno colpito
l’ospedale europeo e quello di Dura, una struttura dell’UNRWA e la clinica Safha al-Harazin a Shuja’iya.
I ritardi nel coordinamento tra l’esercito israeliano e i team sanitari
oscillano tra le 2 e le 10 ore. Nella maggior parte dei casi, l’esercito
non risponde affatto alle richieste. Le organizzazioni per i diritti umani
sono a conoscenza di casi relativi a {{oltre 100 civili intrappolati per
piu’ di 24 ore, compresi decine di feriti}}, senza alcuna assistenza medica
e, in alcuni casi, senza cibo ne’ acqua. Una famiglia di 21 persone
(compresi sei feriti) ha atteso{{ sette giorni che l’esercito autorizzasse
la Croce rossa a evacuarla}}. Due famiglie hanno atteso oltre 36 ore.
{{Il sistema sanitario di Gaza e’ al collasso totale}} dopo piu’ di un anno e
mezzo di blocco continuo: si evidenziano una grave mancanza di strumenti e
medicine, la carenza di personale qualificato e l’assenza di competenze ed
esperienze professionali per trattare i casi piu’ gravi.
_ Secondo il
ministero della Salute palestinese, gli strumenti, le attrezzature e i
medicinali di cui Israele ha permesso l’ingresso nella Striscia di Gaza
coprono {{solo il 30 per cento delle effettive necessita’}}.
Nella Striscia di Gaza vi sono 2050 posti letto (1500 negli ospedali
pubblici e 550 nelle cliniche private). L’unita’ di terapia intensiva
dell’ospedale di Shifa e’ passata da 12 a 30 letti. Dal 1° gennaio
l’unita’ e’ al completo, nonostante dal 6 gennaio ogni giorno siano stati
trasferiti cinque pazienti in Egitto. Il trattamento dei degenti cronici,
compresi i malati di cancro, quelli affetti da epatite e quelli in
dialisi, e’ stato sospeso quasi completamente a causa della mancanza di
posti letto e di medici disponibili.
Dal 27 dicembre 2008, e’ stato sollecitato il trasferimento in ospedali
fuori dalla Striscia di Gaza di 850 pazienti cronici e centinaia di
feriti. Solo tre feriti e poche decine di degenti sono stati trasferiti in
Israele, 250 sono stati evacuati in Egitto attraverso il valico di Rafah.
_ Dal 6 gennaio, nessun altro paziente e’ stato trasferito in Israele per
ricevere cure mediche.
Dal 3 al 10 gennaio l’ospedale di Shifa e gli altri ospedali pubblici di
Gaza hanno operato senza fornitura di elettricita’, ricorrendo a
generatori. Dal 10 gennaio{{ l’ospedale di Shifa ha ricevuto forniture di elettricita’ per 8 – 12 ore al giorno}}.
_ In media, nel mese di gennaio, gli altri ospedali della
Striscia di Gaza hanno ricevuto elettricita’ per 4 – 8 ore al giorno,
ricorrendo per il restante tempo ai generatori. In un caso, l’ospedale
Al-Quds e’ rimasto senza alcuna fornitura di elettricita’ e a seguito
della rottura del generatore le macchine salva-vita si sono fermate del
tutto.
Pazienti curati nelle case sono esposti a rischi maggiori a causa della
mancanza di elettricita’, che impedisce l’uso regolare dei macchinari a
corrente elettrica.
– {{Attacchi alle infrastrutture elettriche, idriche e fognarie}}
Le linee elettriche, le pompe dell’acqua, i sistemi di fognatura e quelli
di raccolta e trattamento dei rifiuti sono stati danneggiati dai
bombardamenti.
_ I combattimenti ancora in corso nella Striscia di Gaza
impediscono gran parte delle riparazioni, data la mancanza di condizioni
di sicurezza concordate con l’esercito israeliano. Lo stesso vale per il
trasporto del carburante. In assenza di energia elettrica, e’ impossibile
pompare l’acqua e trattare i rifiuti.
{{Nei 14 mesi che hanno preceduto la sua campagna militare, Israele ha
impedito la fornitura di prodotti vitali}}, svuotando la Striscia di Gaza di
carburante, cibo, medicine e pezzi di ricambio che oggi sarebbero
necessari per fronteggiare le conseguenze dei combattimenti. Si registra
una {{grave carenza di carburante necessario per far funzionare le centrali
elettriche}} cosi’ come i generatori. Analoga carenza si evidenzia per
quanto riguarda i pezzi di ricambio e gli strumenti necessari per
effettuare riparazioni e manutenzione.
{{Oltre mezzo milione di persone e’ completamente tagliato fuori
dall’accesso all’acqua potabile}}, soprattutto a Gaza City e in altre zone
del nord della Striscia di Gaza, a causa dei danni provocati dai
bombardamenti e dell’impossibilita’ di procedere a riparazioni in assenza
di condizioni di sicurezza coordinate con i militari israeliani e della
mancanza di pezzi di ricambio. A Beit Hanoun, Beit Lahiya, Jabaliya e in
alcune zone di Gaza City i sistemi di fognatura non funzionano affatto.
{{Dal 3 gennaio e’ impossibile intervenire sulle fognature di Beit Hanoun}},
colpite dai bombardamenti col risultato che le acque di scolo hanno
refluito in tutta la zona.
{{Israele sta impedendo ai tecnici dell’Autorita’ dell’acqua di raggiungere
l’impianto}} per il trattamento delle acque di scolo di Gaza City. Dal 3
gennaio i liquidi continuano ad affluire verso l’impianto che pero’ non
viene svuotato per l’assenza di personale che possa farlo funzionare. Il
10 gennaio uno dei principali contenitori di acque di scolo e’ stato
bombardato, col risultato che le acque hanno invaso la zona.
{{Israele sta impedendo altresi’ l’accesso all’impianto di Beit Lahiya}}, dove
c’e’ il rischio di fuoriuscita delle acque. Nonostante le organizzazioni
internazionali avessero chiesto di non colpire quest’area, il 10 gennaio
e’ stata nuovamente bombardata. Se vi sara’ la fuoriuscita prevista,
saranno a rischio la salute e la stessa vita di circa 10.000 persone.
_ L’Autorita’ dell’acqua della Striscia di Gaza ha bisogno di materiali che
stanno scarseggiando, come cloro, tubi, valvole ecc. Molti di essi sono
stati ordinati mesi fa, ma il loro ingresso non e’ stato ancora
autorizzato.
{{Per quanto riguarda la corrente elettrica, almeno un quarto del milione di residenti di Gaza City vive senza elettricita’ da 18 giorni}}. In qualunque momento del giorno, fino a un milione di persone rimangono senza luce e questo rende difficile fare rifornimento di acqua, usare apparecchiature mediche, conservare e congelare cibi e riscaldare le abitazioni.
Sei delle due linee ad alto voltaggio, che forniscono energia elettrica da
Israele e dall’Egitto, non sono funzionanti a causa dei bombardamenti
subiti. Dal 10 gennaio{{ la centrale elettrica di Gaza lavora solo al 38 per
cento della sua capacita’}}, producendo solo 30 megawatt al giorno. Di
conseguenza, la Striscia di Gaza sta ricevendo solo il 48 per cento
dell’elettricita’ necessaria. Si stima, peraltro, che a causa delle
interruzioni sulla linea elettrica, la fornitura che arriva a destinazione
sia ancora inferiore.
La quantita’ di gasolio industriale disponibile presso la centrale
elettrica ammonta a 500.000 litri, necessari per far muovere tre turbine
al massimo per un giorno. Altri 369.000 litri sono stati trasferiti verso
il lato palestinese del terminale di Nahal Oz, ma non possono giungere
alla centrale elettrica per mancanza di sicurezza.
{{La notte tra il 12 e il 13 gennaio, l’esercito israeliano ha bombardato i
magazzini della Compagnia elettrica di Gaza}}, causando enormi danni ai
trasformatori, ai cavi, a strumenti di disconnessione a basso voltaggio e
a ulteriore attrezzatura. Israele aveva autorizzato l’ingresso di questo
materiale e di pezzi di ricambio solo quattro giorni prima, dopo averlo
negato per mesi.
– {{Un collasso umanitario prevedibile}}
{{Negli ultimi 14 mesi Israele ha deliberatamente e significativamente
limitato l’ingresso di carburante nella Striscia di Gaza}}, nell’ambito
della decisione presa dal governo il 19 settembre 2007 che autorizzava
misure punitive contro i residenti di Gaza. Anziche’ dare seguito al suo
dovere di fornire alla popolazione i necessari prodotti umanitari prima
dell’avvio della campagna militare,{{ Israele ha privato la Striscia di Gaza
del carburante, del cibo e delle attrezzature necessarie ad affrontare le
gravi conseguenze dei combattiment}}i.
{{Nei due mesi precedenti la campagna militare, Israele ha rafforzato la
chiusura dei varchi}} e ha privato deliberatamente la Striscia di Gaza del
diesel industriale necessario a produrre elettricita’, impedendo il suo
trasferimento attraverso il terminale di Nahal Oz. In quei due mesi,
Israele ha consentito il passaggio solo del 18 per cento del carburante
necessario a far funzionare la centrale elettrica di Gaza, che costituisce
solo il 28 per cento della quantita’ di diesel industriale che la Corte
suprema aveva ordinato di fornire.
D{{a oltre tre mesi Israele impedisce la fornitura dei pezzi di ricambio
richiesti dalla Compagnia di distribuzione elettrica}} per portare avanti le
sue attivita’ ordinarie. Nel momento in cui viene redatto questo
documento, pezzi di ricambio sono bloccati al varco di Karni e al porto di
Ashdod.
{{Rapporto aggiornato al 14 gennaio, a cura di}}
{Adalah — The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel, Amnesty International Israel Section, Bimkom — Planners for Planning Rights, B’tselem — The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, Gisha — Legal Center for Freedom of Movement, Hamoked — Center for Defence of the Individual, Physicians for Human Rights – Israel Public Committee Against Torture in Israel e Yesh Din — Volunteers for Human Rights.}
Lascia un commento