“Il confine inventato: viaggio tra India e Pakistan da Akhbar a Narendra Modi e Imran Khan”
Sul canale YouTube dell’associazione Il Paese delle Donne, video-conversazione di Maria Paola Fiorensoli con Caludia Berton, autrice di un libro sul “confine inventato”, più di settant’anni fa, tra India e Pakistan, in un’area che conta oggi più di 1 miliardo e 600mila persone.
Di che cosa parla il libro
di Claudia Berton
Il confine inventato: viaggio tra India e Pakistan da Akhbar a Narendra Modi e Imran Khan, si raccontano – a partire dal famoso periodo del dominio moghul – le vicende che hanno portato alla partizione del subcontinente indiano gestita dai britannici nella persona dell’ultimo viceré, Dickie Mountbatten. Partizione alla quale si giunse nell’estate del 1947 per l’ormai (forse) irrimediabile frattura che – in un crescendo di tragiche vicende e anche come conseguenza del divide et impera praticato dal governo coloniale britannico – si era creata tra la comunità indù e quella musulmana. I personaggi principali che in quei mesi febbrili del 1947 si incontrarono e scontrarono nei palazzi di New Delhi e alla presenza del Vicerè che rappresentava la Corona britannica, furono il carismatico, affascinante e appassionato Jawaharlal Nehru – discendente da una famiglia di bramini originaria del Kashmir – e Muhammad Ali Jinnah che, introverso e misterioso, sarebbe diventato il creatore e primo governatore della nuova entità del Pakistan, staccato dal corpo dell’India e destinato ad accogliere i musulmani, molti dei quali peraltro rimasero in India, dove oggi sono circa 200 milioni, quasi lo stesso numero della popolazione pachistana.
E’ davvero curioso osservare come questi personaggi storici all’apparenza così diversi e schierati su fronti opposti, avessero in realtà percorso strade simili nella loro formazione. Entrambi non erano quel che si dice religiosi, studiarono in Inghilterra dove si laurearono in diritto, parlavano preferibilmente inglese – Jinnah non parlava correntemente urdu – erano vedovi di mogli sposate in giovane età per ubbidire alle famiglie, ed entrambi padri di un’unica figlia: quella di Nehru, Indira, sarebbe poi diventata la sua erede politica. Nel libro il loro carattere è presentato nei dettagli, e si dà spazio anche alle loro vicende personali: Jinnah aveva vissuto una travolgente storia d’amore con Ruttie, una bellissima giovane appartenente a una ricca famiglia parsi di Bombay, che aveva sposato nonostante la notevole differenza d’età fra loro e che l’aveva infine lasciato poco prima di morire di una misteriosa malattia; Nehru aveva stretto un intenso legame con Edwina, la moglie del vicerè Mountbatten, che insieme al potente marito favorì senza dubbio i desiderata del politico indiano, con il quale rimase in contatto epistolare fino alla propria morte in Estremo Oriente. Intorno a loro ruota una miriade di altre figure storiche – non da ultima quella del Mahatma Gandhi – come pure quelle dei pittoreschi principi indiani, sovrani di antichi stati principeschi che occupavano larga parte del subcontinente, seppure sotto tutela britannica, e che vennero poi privati dei loro privilegi e dei territori su cui regnavano, essendo costretti ad optare per il Pakistan o per l’India.
La partizione dell’India venne affidata a un avvocato britannico che non era mai stato nel subcontinente prima, e che in soli quaranta giorni dovette disegnare un “confine inventato” di migliaia di chilometri, dall’Himalaya al Mare Arabico, lasciando ad est il maggior numero di musulmani e a ovest la maggior parte di indù e sikh. Per quanto appaia incredibile, la linea del nuovo confine venne comunicata a Jinnah e a Nehru solo il 16 agosto, cioè due giorni dopo la nascita del Pakistan e dell’India “mutilata”. L’esodo delle due comunità terrorizzate – indù e sikh che lasciavano la parte pakistana e musulmani che lasciavano l’India – coinvolse dai dieci ai dodici milioni di persone, e si svolse in un’orgia terrificante di violenza da ambo le parti, che lasciò sul campo almeno un milione di morti. Di questa partizione molte sono ancora oggi le conseguenze tragiche, come la situazione disperata che si è creata in Kashmir.
Sia Jinnah che Nehru, nei loro discorsi programmatici del 14 agosto 1947, prospettarono la formazione di stati sostanzialmente laici e democratici, dove le diverse comunità religiose avrebbero goduto degli stessi diritti, ma ciò purtroppo nel lungo termine non è accaduto: oggi l’India governata dal BJP di Narendra Modi vede una crescente discriminazione dei cittadini musulmani a causa dell’adesione del suddetto premier ai principi dell’ideologia dell’hindutva, il suprematismo indù – uno dei suoi membri fu l’assassino di Gandhi nel ’48 – mentre il Pakistan è in pratica uno stato fallito, nelle mani di corrotti signori feudali e del potentissimo esercito, e dove il 60% degli abitanti è analfabeta. L’ex primo ministro Imran Khan (citato nel titolo del libro) che godeva del favore della maggioranza della popolazione, è stato estromesso dalla sua carica per aver dichiarato, contrariamente al volere degli USA che pretendevano lo schieramento anti russo e pro Ucraina del Paese, che avrebbe fatto solo l’interesse del Pakistan, ed è ora in prigione, rinchiuso per impedirgli di partecipare alle recenti elezioni, il cui partito ha comunque vinto….anche se al potere è “misteriosamente” andato un altro partito! Quanto all’India, se è vero che molti progressi sono stati compiuti, questi sono andati a favore dei “soliti noti” e della borghesia, mentre la massa sterminata di poveri è, se possibile, ancora più povera. Di tutto questo, e di molto altro, racconta questo libro.