Il coraggio delle donne contro la guerra
1915-2015 – Dopo Cento anni di impegno della WILPF per una pace duratura: sviluppiamo una cultura della resistenza.
Dal 27 al 29 aprile L’Aia ha ospitato più di mille donne di tutti i continenti che hanno colorato coi loro volti e i loro vestiti multietnici il World Forum pulsante di energia per il cambiamento. Eravamo lì riunite per celebrare il Centenario della WILPF, Lega Internazionale di Donne per la Pace e la Libertà: Ong Internazionale con status consultivo presso l’Onu e le sue Agenzie. Assieme a loro anche un significativo gruppo di uomini che nel mondo ci affiancano nella lotta contro il patriarcato che si nutre di una cultura violenta, imponendo guerre, sfruttamento, devastazione dell’ambiente e si perpetua attraverso modelli identitari di genere, al maschile e al femminile, lesivi dei diritti umani. Alcuni nomi: Anthony Keedi (Libano)del Resource Center for Gender Equality, Colin Archer (Svizzera) segretario generale Internacional Peace Boureau e Copromotore della Campagna Globale per l’Educazione per la Pace;, Dean Peacock (Sud Africa) direttore di Sonke Gender Jastice, Oswaldo Montoya (Nicaragua) coordinatore di Gruppi di Uomini- contro -la violenza
Emozionante l’attesa della grande apertura. Sul palco il nuovo direttivo WILPF votato dal Congresso Internazionale (trecento delegate da 40 paesi) che ha preceduto il Centenario (dal 21 al 25 aprile nel Peace Palace sede del Tribunale Internazionale di Giustizia ): Kozue Akibayashi, la Presidente (Giappone) con le quattro Vice Presidenti: Joy Ada Onyesoh (Nigeria) Catia Confortini (Usa) Sameena Nazir (Pakistan) Margrethe Kvam Tingstad (Norvegia). Forte, determinata e combattiva anche la Segretaria generale della WILPF, Madeleine Rees “ E’ inaccettabile una sicurezza basata sul militarismo e la guerra. Dobbiamo esigere la pace attraverso un forum di dialogo che unisca uomini e donne che credono nella pace attraverso la giustizia. Dobbiamo essere la forza motrice per porre fine alla guerra”.
Presentato il Manifesto WILPF 2015 (frutto di un anno di lavoro tra le sezioni) che oltre a ricordare le gloriose radici, “celebra la nostra sopravvivenza, la nostra persistenza e il nostro invariato compromesso con l’ideale che ci ha dato vita: la pace universale e duratura con giustizia e libertà(…)Siamo determinate a far crescere la Wilpf e a renderla più efficace, ad amplificare e mobilizzare l’energia delle donne di tutto il mondo per porre fine al militarismo come mentalità, alla militarizzazione come processo e alla guerra come pratica (…) Rovesceremo le strutture di potere che lo promuovono: il capitalismo e il suo sistema di classe, il patriarcato con la sua gerarchia di genere e il nazionalismo con la sua classificazione razzista dei differenti popoli”. Una dimensione emotiva condivisa era quella di continuare a pensare alle nostre antenate: a cento anni di distanza eravamo all’altezza dell’esempio delle nostre coraggiose pioniere di Pace?. Tra quelle donne anche un’italiana, l’unica: Rosa Genoni socialista e successivamente antifascista, futura presidente della Sezione WILPF Italia (1915)
Invitate speciali cinque donne Premio Nobel per la Pace: un toccante esempio di quella energia che le donne sanno sprigionare quando agiscono con determinazione per la pace e i diritti umani.
Shirin Ebadi (2003 Iran): “Contro lo Stato Islamico non servono i bombardamenti, ma una corretta interpretazione della religione. Chiedo agli Stati Uniti e all’Occidente di non buttare bombe ma libri. Auspico una Convenzione internazionale che destini il 10% delle spese militari all’educazione”.
Mairead Maguire ( 1976 Irlanda del Nord). “Mi sento vicina alla visione di pace della Wilpf e di Bertha von Sutter: usare la forza del dialogo e della diplomazia, non la forza delle armi. Gli Stati Uniti potrebbero essere i capofila della pace e invece sono impegnati in una deplorevole corsa armamentista Le donne devono essere promotrici di pace, difendere la vita che generano dimostrando consapevolezza evolutiva, perché il vero spirito dell’umanità è amarsi ed essere amati. La pace è un diritto dell’umanità e io sono impegnata per il rispetto della sovranità dei popoli”.
Leymah Gbowee. (2011 Liberia): “Finalmente l’Africa è rappresentata (5 sezioni Wilpf e altre importanti associazioni). Sono felice che ci siano uomini tra noi e con noi: vedranno cosa succede quando le donne possono esprimersi con libertà. La guerra è un sacrificio inutile. Noi donne siamo capaci di trasformare il dolore in combustibile per la pace. Dobbiamo fare l’impensabile: abbiamo fatto anche lo sciopero del sesso per convincere gli uomini a lottare con noi. Attiviamo il pensiero positivo per ribellarci al potere. Nell’Onu il Diritto di Veto è sbagliato”.
Jody Williams (1997 Stati Uniti). “Ho preso il Premio Nobel per la campagna contro le mine anti-persona, ma ora ci sono addirittura i robot-assassini. Il militarismo è l’estensione fallica del potere dell’uomo. La guerra non è un fatto eroico. E’ eroico unirsi come società civile disarmata e battersi per una causa comune. Le “risoluzioni degli uomini” non portano la pace. La pace è la reale sicurezza umana e significa: casa, cibo, accesso alla salute, lavoro dignitoso, ambiente sicuro. Che non si parli delle donne senza le donne. Noi siamo le sopravvissute della violenza e dobbiamo essere unite contro la guerra e per la pace”. Ora Jody è Presidente di Nobel Women’s Initiative: sei donne Nobel che lavorano congiuntamente per promuovere una pace duratura con giustizia ed eguaglianza.
Avrebbe dovuto essere al Centenario Wilpf anche la giovane yemenita Tawakkol Karman, Nobel per la pace (2011), giornalista e avvocato co-fondatrice nel 2005 del gruppo “Giornaliste senza catene” e simbolo della rivolta nello Yemen, ma ragioni politiche non lo hanno consentito.
Molto applaudito il forte attacco ai deplorevoli meccanismi del mondo mediatico della giornalista Amy Goodman :“Noi siamo una maggioranza silenziata dall’ipocrisia dei mass-media”. La Goodman ha ricevuto importanti riconoscimenti per il suo giornalismo investigativo: Premio Ghandi e Premio Nobel alternativo. E’ Co-fondatrice del programma “Democracy Now”.
Attesissimo l’intervento di Edhit Ballantyne Wilpfer dal 1941, Segretaria generale per 23 anni, Presidente e ora membro del Comitato internazionale Wilpf. Polacca, di famiglia socialista e antinazzista, all’età di 16 anni era rifugiata politica in Canada . Del suo ingresso nella Wilpf ricorda l’accoglienza calorosa delle donne: “Non avevo capito bene cosa fosse quell’associazione, ma stavo bene: era per la pace e dicevano che c’era un’alternativa al capitalismo. Ora siamo schiavi del caos finanziario, il mondo è molto complesso e le guerre continuano. Ma la strategia individuata dalle pioniere del 1915 è valida ancora oggi”.
E davvero esemplare fu la strategia enucleata dalle pioniere Wilpfers riunite in Congresso a L’Aia dal 28 aprile al 1 maggio 1915 per mettere fine “all’inutile massacro”della guerra in corso. Decisero però che si doveva non parlare delle cause di quella guerra (si sarebbero potute scatenare sterili conflittualità) bensì cercare strumenti di mediazione immediata tra i paesi belligeranti e soprattutto identificare le cause profonde della “guerra” per bandirla dalla storia dell’umanità. Erano 1136 donne appartenenti a 12 nazioni, incluso i paesi belligeranti. Ma sarebbero state il doppio se le avessero lasciate viaggiare tutte: le Inglesi vennero bloccate a Dover, altre non ottennero il visto e le americane arrivarono con ritardo. Loro deliberarono: disarmo in primis, giustizia e libertà come le fondamenta per una pace duratura, educazione per la pace , soluzione pacifica dei conflitti. Alla fine dei quattro giorni decisero la costituzione del Comitato Internazionale di Donne per la Pace Permanente che, nel successivo congresso di Zurigo del 1919, prese l’attuale nome di WILPF (Lega Internazionale di Donne per la Pace e la Libertà).
E noi, lì riunite col lascito di quelle coraggiose pioniere di pace, saremmo state all’altezza delle difficili sfide di un mondo globalizzato e detenuto dal complesso militare-industriale-mediatico? Come fronteggiare il neoliberismo che genera diseguaglianze oscene, accordi economici segreti e senza etica, commercializzazione di tutto compreso i bambini, 50 milioni di rifugiati, milioni di migranti, devastazione dell’ambiente, cambio climatico, violenze di ogni tipo?
Sempre Edhit Ballantyne con la sua storica saggezza ci indicava il cammino: “Le sfide sono grandissime, il tempo è poco e i cambiamenti sono urgenti ma difficili. Dunque: determinazione, unità e grandi manifestazioni di massa come negli anni ’80 ”.
Si sono alternate sezioni plenarie, wokshop, riunioni regionali. E poi film, marketplace multietnico, mostre sull’impegno della Wilpf per il disarmo nucleare 1915- 2015, performance sulla raccolta di 6 milioni di firme nel 1932 portate a Ginevra alla Conferenza Mondiale sul Disarmo: iniziativa che ha dimostrando non solo il forte desiderio di disarmo nel mondo, ma anche la stretta connessione tra guerra e industria delle armi. E poi il Documentario sul Treno di Pace Helsinki-Pechino, e l’esibizione dedicata al ruolo della Wilpf per arrivare alla risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che chiede la partecipazione delle donne nei negoziati di pace e nelle fasi di prevenzione delle guerre. Ma anche un festival finale con la danza mesopotamica e ogni giorno un’ora di yoga per iniziare bene i lavori, all’interno di tanti altri spazi creativi.
Durante l’ultima plenaria dedicata ai “principi per la costruzione di una pace duratura”, centrale è stata la questione delle Nazioni Unite. Così si è espressa Radhika Coomaraswam (ex Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite e Rappresentante speciale per i bambini nei conflitti armati): “Le nazioni Unite si sono militarizzate e anche le sue Agenzie spesso agiscono col timore di offendere i governi, invece occorre investire in prevenzione e vigilare sull’uso della violenza. Bisogna esige che gli stati che causano le guerre siano puniti per i loro crimini. La Nato ha aperto il vaso di Pandora: ha devastato regioni intere con 26 interventi umanitari che erano solo a scopo militare”.
Hakima Abbas (Associazione per i diritti delle donne nello sviluppo) è intervenuta sul tema del fondamentalismo “Esiste un’epidemia di fondamentalismi: quello islmico, quello bianco in Usa contro i neri, quello cattolico. Sicuramente non è una questione religiosa. I fondamentalismi sono tutti caratterizzati da assolutismo- intolleranza-violenza e alla base hanno il patriarcato. Le culture invece sono dinamiche. Occorre sviluppare una cultura della resistenza, antipatriarcale che sappia individuare il fine comune: difendere l’umanità”
Centrale anche l’analisi sul militarismo di Cynthia Enloe (Wilpfer esperta in femminismo e smilitarizzazione “Il militarismo è un processo sottile, pervasivo che si avvale dell’appoggio di molti gruppi sociali e si nutre di pratiche mediatiche che lo rendono seducente. Cerca di essere attrattivo anche con le donne, alimentando in loro fin da bambine la necessità di essere protette dagli uomini, e gli uomini armati sono i protettori perfetti.”
La plenaria conclusiva “Insieme possiamo forgiare l’agenda della pace del 21 secolo” ha sintetizzato i tre giorni di lavoro. Protagoniste le tre giovani Wilpfers responsabili dei gruppi permanenti di lavoro internazionale: Maria Muñoz Maraver (Direttrice Programma Diritti umani e Potere di Genere), Ray Acheson (Direttrice Programma Disarmo), Maria Butler (Direttrice Programma Donne Pace e Sicurezza). Nuova parola d’ordine: “Sviluppiamo una cultura della Resistenza per la giustizia e la libertà. Donne e uomini uniti in un ‘noi’ che vuole sradicare il patriarcato”.
Giovanna Pagani-WILPF Italia cell.320.188 3333
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