IL FEMMINICIDIO E IL SUICIDIO DEI RAGAZZINI . APPUNTI PER UNA RIFLESSIONE
Una signora straniera racconta, sotto l’ombrellone agostano davanti al mare blue, la sua sorpresa per il comportamento del ragazzino nipote del marito e loro ospite temporaneo. La signora è straniera, ma ha sposato un italiano che vuole portare lei e i due figli ogni anno in Italia, almeno d’estate. Racconta sconsolata che, mentre i suoi figli maschi ogni mattina quando si alzano rifanno diligentemente il letto, il nipote italiano lo lascia disfatto . A lei sembra un comportamento elementare, la tenuta in ordine della stanza da parte dei suoi figli. La signora non ha le idee chiare sul Paese che periodicamente la ospita. Il recalcitrante nipote adolescente ha sicuramente una mamma iperprotettiva che però dalla figlia bambina pretende la messa in ordine di letto e camera ogni mattina. Il ragazzino si ribella alla zia acquisita perché vive i “lavori donneschi” come perdita dell’incipiente, incerta, virile identità maschile. Un gruppo di donne ex insegnanti di scuola media si chiede, all’indomani del suicidio del ragazzo omosessuale, come mai a scuola gli insegnanti non si sono accorti che era oggetto di discriminazione. Stessa cosa era già accaduta nel caso del ragazzo romano suicida perché oggetto di derisione per il suo abbigliamento di pantaloni rosa e unghie smaltate, come fanno le ragazze. Lui, sostiene la famiglia, non era gay. Poi c’è il femminicidio, ormai nell’ordine di uno al giorno. Poi c’è la nuova legge che va bene: però le leggi aiutano ma non risolvono i problemi di mentalità e cultura alla radice. Michela Marzano su La Repubblica (13 ag.) lo scrive chiaro e tondo che bisogna educare le donne alla consapevolezza del proprio valore e della propria libertà e gli uomini alla consapevolezza del valore e della libertà altrui. Una “libertà altrui” che inizia in casa, in famiglia con il non pretendere dalla mamma, dalle sorelle, il servizio permanente e devoto alla cura dei propri bisogni quotidiani. Perché quella devozione e dedizione totale si tramuta in pretesa di accettazione della propria persona sempre e comunque, anche quando l’amore è finito o messo in discussione perché amore non è più, anzi è violenza bella e buona. Scrive la filosofa che negli uomini violenti ci sono immaturità e narcisismo. Se per costruire l’identità maschile, i bambini e i ragazzi devono guardare ai loro padri, nonni, insegnanti che fanno di tutto per non assomigliare minimamente alle donne ritenute di qualità umana inferiore, è ovvio che un compagno che le donne imita con le unghie laccate, va emarginato e deriso. Un’operazione che si deve fare insieme, in gruppo per ricevere dagli altri la conferma che l’eventuale inconscia pulsione a fare altrettanto, è stata ben rimossa e castigata per mezzo dell’“uccisione” di chi invece lo agisce. Non si può ancora ,nella nostra cultura mediterranea di guerrieri, eroi e madonnine, pensare che venga spazzata via la mentalità della netta, “naturale” e complementare, divisione tra qualità maschili e qualità femminili. Guai ai maschi che manifestano qualità ritenute femminili, dalla dolcezza, alla passività, e così via. I gay ritenuti a torto sempre mezze femmine, o maschi incompiuti, non possono che essere oggetto di repulsione da parte dei ragazzini incerti circa la propria identità ,o il proprio desiderio per il timore che suscitano di …prendere la stessa strada. Sulle spiagge agostane s’incontrano bambini che esibiscono cannoncini o mitragliatrici per spruzzare acqua. Bambini-maschi, non bambine! I giocattoli sono ancora rigorosamente divisi per sesso. Sarebbe bene, fatta la legge e dopo la rabbia e il dolore per l’ennesimo suicidio di un ragazzo, riprendere la capacità di antiche riflessioni, quella, per intenderci che sembrò iniziare con il libro della Giannini Bellotti “Dalla parte delle bambine, L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminili nei primi anni di vita” (ed.Feltrinelli, 1973).