Il giorno della memoria
Ricordare è necessario per capire. Comprendere è un atto della mente che deve scendere in profondità cercando di mettere in gioco anche le nostre individualità. E’ per questo che riprendere in mano gli scritti di Hannah Arendt in questo momento è un atto doveroso.Bisogna saper intrecciare la memoria con la capacità di vedere senza condizionamenti ciò che accade oggi, per mettere in atto quella sapienza necessaria a farci progettare ciò che sarà l’attualità del domani.
Hannah Arendt in una corrispondenza con Gershom Scholem così scrive:
_ “{… nella mia vita non ho mai amato nessun popolo o collettività – né il popolo tedesco, né quello francese, né quello americano, né la classe operaia, né nulla di questo genere. Io amo solo i miei amici, e la sola specie d’amore che conosco e in cui credo è l’amore per le persone. In secondo luogo, questo amore per gli ebrei mi sembrerebbe, essendo io stessa ebrea, qualcosa di piuttosto sospetto. Non posso amare me stessa o qualcosa che so essere una parte essenziale della mia stessa persona. […] Ebbene, è in questo senso che io non amo gli ebrei, né credo in loro; sono semplicemente una di loro}”.
Poi, Arendt distingue tra l’essere individuo, e quindi persona capace di scelta, ed una generica identità ebraica che rifiuta.
_ Dunque, non tutti gli ebrei sono uguali, infatti dice: “La storia ebraica moderna ha avuto inizio con gli ebrei di corte e i filantropi, questa storia è pronta a dimenticare un’altra tendenza della tradizione ebraica quella di Heine Rahel Varnhagen, Scholem Aleichem, Bernard Lazare, Franz Kafka e persino Charlie Chaplin. Si tratta di una minoranza di ebrei che non hanno voluto diventare dei nuovi ricchi, che hanno preferito la condizione di ‘pariah consapevoli’. Tutte le qualità ebraiche – il cuore ebraico, l’umanità, lo humor, l’intelligenza interessata sono qualità dei pariah”
Hannah Arent così {{allontana la facile sicurezza che si può trovare in una identità collettiva indistinta e sceglie, invece, i distinguo}}. Un modo di leggere la realtà che diventa indispensabile per capire l’oggi. E’ inutile ricordare che in Israele da decenni si contano i ‘pariah consapevoli’.
Dunque, nella memoria: {{lo sterminio degli ebrei ma anche delle popolazioni rom, di omosessuali, e di dissidenti politici}} portato avanti dai nazisti (non dai tedeschi) con il beneplacito di quegli alleati (le dittature di allora) che condividevano culture razziste e di dominio del più forte sul più debole, sotto gli occhi: {{il perpetuarsi di guerre come quella di Gaza}}, ma {{senza dimenticare le altre}}, dove politici e militari senza scrupoli non si sono fatti e non si fanno fermare nel massacrare persone inermi salvo poi difendersi con ‘banali’ giustificazioni.
{{E qui va ricordata la banalità del male.}}
Così, torniamo alla Arendt che, sempre a Gershom Scholem, scrive
_ {E’ anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie.
_ E’ una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla.
_ Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.}
Forse oggi sarebbe opportuno leggere o rileggere il libro di Hanna Arendt “{ {{Tra passato e futuro}} }”.
– {La foto è tratta dal sito [http://georgiamada.splinder.com/->http://georgiamada.splinder.com/post/14015043]}
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