Il lavoro delle donne e lo sviluppo sostenibile del pianeta
Un “puro scandalo”: così papa Francesco ha definito nei giorni scorsi il fatto che, a parità di lavoro, le donne guadagnano meno degli uomini – uno “scandalo” che mediamente, a livello globale, equivale a un divario del 24%. Le parole di Bergoglio, riecheggiate in tutto il pianeta, hanno contribuito a rendere il 1° Maggio, festa tradizionalmente e giustamente dedicata alla celebrazione delle lotte per il lavoro e per condizioni lavorative giuste e dignitose, un’ulteriore occasione per riflettere su quanto è necessario fare, sin da oggi, per costruire davvero “un mondo di donne e di uomini”.
Il 2015 è d’altronde un anno strategico da questo punto di vista, poiché nel prossimo mese di settembre gli Stati membri dell’ONU dovranno mettere a punto gli “Obiettivi per lo sviluppo sostenibile” che, a vent’anni di distanza, sostituiranno gli “Obiettivi del millennio” elaborati nel 1995 e che avranno tra le priorità l’eguaglianza di genere e l’empowerment delle donne e delle ragazze.
Per questo ritengo sia molto importante ciò che emerge dal report strategico di UN Women presentato lo scorso 27 aprile, Progress of the World’s Women 2015-2016: Transforming Economies, Realizing Rights (Il progresso delle donne nel mondo 2015-2016: trasformare le economie, concretizzare i diritti). Il rapporto prende ovviamente le mosse dalla Conferenza di Pechino del 1995, mostrando che – se è vero che da allora sono stati fatti significativi passi in avanti nei diritti delle donne – tuttavia “in un’era di ricchezza globale senza precedenti, milioni di donne sono intrappolate in lavori malpagati e di bassa qualità, e si vedono negati persino i livelli essenziali di assistenza sanitaria, l’acqua e i servizi igienico-sanitari. Le donne portano ancora il peso del lavoro di cura non pagato, reso più pesante dalle politiche di austerità e dai tagli.”
Il progresso delle donne nel mondo è un lavoro di analisi e ricerca di soluzioni che guarda con speranza e determinazione agli “Obiettivi per lo sviluppo sostenibile”, e che aiuta a ripensare in un’ottica di genere non solo tutte le problematiche legate al lavoro, ma lo stesso assetto dell’economia mondiale. Un documento, dunque, che merita di essere conosciuto nella sua interezza ovunque si elaborino politiche che presentano un impatto di genere. Come ha sostenuto la curatrice Shahra Razavi, “La nuova agenda economica chiesta da UN Women non è un sogno irrealizzabile. Molti Paesi, anche in via di sviluppo e a basso reddito, stanno già attuando alcuni elementi di questa agenda. Il cambiamento di cui abbiamo bisogno è ambizioso, ma si può fare.”
Creare posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità per le donne; ridurre la segregazione occupazionale e i divari retributivi di genere; riconoscere, ridurre e redistribuire il lavoro di cura e domestico non pagato: sono soltanto tre delle dieci Raccomandazioni finali con cui si conclude il rapporto, dieci indicazioni sulle azioni che possono essere intraprese dai governi “per avvicinarci a un’economia che funzioni realmente per le donne, a beneficio di tutti.”
da segreteria Valeria Fedeli, vicepresidente Senato
seguono aggiornamenti sull’attività delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni europee e della società civile nel campo dell’eguaglianza e dei diritti delle donne.
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