Il microbioma che Monsanto distrugge da decenni
Quasi certamente anche i nostri lettori più distratti sanno che Monsanto è accusata da tempo di provocare il cancro attraverso il glifosato. Quel che forse non sanno è che di recente negli Stati Uniti, grazie a un’azione legale avviata in giugno nel Missouri, a quell’accusa se n’è aggiunta un’altra di notevole rilevanza: quella di distruggere i batteri dell’intestino umano che formano il microbioma. Quei batteri sono essenziali non solo alla salute dell’apparato digerente ma anche al sistema immunitario, al funzionamento del cervello e all’organismo nel suo complesso. A distruggerli per decenni è stato ancora il glifosato, inventato e commercializzato nel 1974 da Monsanto (in Italia ne è stato limitato l’uso solo un anno fa), e poi dilagato con la diffusione degli Ogm. La tesi difensiva della multinazionale acquisita da Bayer è sempre stata che l’erbicida inibisce la formazione di un enzima presente nelle piante ma non negli animali e negli esseri umani. Adesso però sappiamo che quell’enzima, l’EPSP sintasi, indispensabile per la sintesi di diversi importanti aminoacidi, che a loro volta costruiscono le proteine, è presente nei batteri che Monsanto distrugge da decenni. Intanto, a luglio lo Stato dell’Arkansas ha vietato l’uso di un altro potente agrotossico, un cuginetto del glifosato che può uccidere le semine di ortaggi, frutta, piante ornamentali e perfino alberi. Si chiama dicamba, e oltre alla sua tossicità è noto per l’alta volatilità. Eppure, secondo Monsanto, nella formulazione prodotta per la soia Xtend la volatilità è bassa. Dite che possiamo credergli?
Negli Stati Uniti Monsanto si trova sotto un’ondata di processi, è accusata dai ricorrenti di aver provocato il cancro con il glifosato, essendo a conoscenza del fatto che fosse nocivo, perfino potenzialmente cancerogeno.
A questo si aggiungono ora nuove accuse contro la transnazionale e il glifosato: la distruzione di batteri presenti nell’intestino umano, essenziali per la buona salute dell’apparato digerente, del sistema immunitario e anche per il funzionamento del cervello. Sembra insignificante, perché non siamo soliti riconoscere l’importanza vitale dei miliardi di batteri che formano il nostro microbioma, ma la verità è che sono cruciali per la salute e il buon funzionamento di molti organi, e perfino del nostro organismo nel suo complesso. Mentre la scienza va avanti nel riconoscere l’importanza del microbioma, Monsanto per decenni l’ha distrutto in maniera rilevante.
Questo è il nucleo dell’azione legale che sei consumatori del Missouri hanno iniziato nel giugno 2017 contro Monsanto, [accusata] di diffondere falsa informazione sui danni del glifosato. Il glifosato agisce come erbicida inibendo l’azione dell’enzima EPSP sintasi, indispensabile per la sintesi di diversi importanti aminoacidi, che a loro volta costruiscono le proteine.
In parole povere, quando questo enzima non agisce, l’erba non può svilupparsi e muore. Monsanto ha ripetutamente affermato che, poiché questo enzima esiste solo nelle piante e non negli animali e negli umani, il glifosato è sicuro per noi e per i nostri animali domestici.
Ma l’enzima esiste nei batteri che si trovano nei nostri organi digestivi e, pertanto, l’ingestione continua di glifosato, li uccide, inibendo non solo la loro funzione benefica, ma producendo anche uno squilibrio che permette la diffusione di altri microrganismi dannosi.
Monsanto ha inventato il glifosato nel 1974 e lo vende da allora: è una delle sue principali fonti di profitto. Ma quello che ha realmente provocato l’aumento esponenziale del suo uso, sono stati i transgenici tolleranti al glifosato, come la soia, il mais e il cotone transgenici. Prima dei transgenici, il glifosato danneggiava comunque le colture, per quanto l’uso fosse minore e limitato a determinati periodi della semina. Con i transgenici, l’uso si è moltiplicato fino al 2000 per cento negli Stati Uniti, uccidendo tutto quello che si trova attorno alla coltura, ma generando rapidamente anche resistenza in quelle erbe, che vengono chiamate “super erbacce”, perché resistono al glifosato e ad altri erbicidi.
Più della metà dei campi coltivati negli Stati Uniti hanno le “super erbacce” e negli Stati del sud, come ad esempio la Georgia, più del 90 per cento delle tenute agricole hanno una o più erbe infestanti resistenti. Situazioni simili si ripetono in Argentina e in Brasile che, con gli Stati Uniti, sono i tre paesi con la maggiore estensione di coltivazioni transgeniche.
Di fronte a questa situazione, gli agricoltori hanno iniziato a usare dosi sempre maggiori e frequenti di glifosato e, a loro volta, Monsanto e le altre transnazionali dei transgenici, hanno aumentato la concentrazione e i surfattanti presenti negli agrotossici, aumentando la loro tossicità.
Attualmente, soffriamo di un’epidemia silenziosa da glifosato – per inalazione diretta nei campi, per essere vicini a zone di fumigazione o per i molto diffusi e sempre più alti residui negli alimenti, soprattutto prodotti industriali che contengono soia e mais transgenici.
All’ombra di questa minaccia, se n’è scatenata un’altra, direttamente correlata. Di fronte alle erbe resistenti, le transnazionali degli agrotossici e dei transgenici hanno iniziato a creare colture transgeniche tolleranti a diversi erbicidi contemporaneamente, ancora più tossici e pericolosi. Una di queste è la soia RR2 XTend di Monsanto, che tollera il glifosato e il dicamba, un altro agrotossico ad alto rischio.
Questa soia e il cocktail tossico che la accompagna, ha cominciato a essere usata negli Stati Uniti nel 2016 ed è già motivo di forti conflitti, perché il dicamba uccide o danneggia molto di più delle erbe del campo dove si utilizza: per dispersione, ha danneggiato anche le coltivazioni di altri campi, comprese quelli degli agricoltori che coltivano soia transgenica di versioni anteriori, non tollerante al dicamba. Il dicamba è un potente agrotossico, che può uccidere le semine di ortaggi, frutta, piante ornamentali e perfino alberi. Oltre alla sua tossicità, ha un’alta volatilità, ma secondo Monsanto la formulazione per la soia Xtend è a bassa volatilità.
Tuttavia, i danni alle coltivazioni per l’uso di questa soia con il dicamba, si sono scatenate nell’Arkansas, nel Missouri, nel Tennessee, nello Iowa e ogni giorno escono nuovi rapporti in diversi Stati, generando gravi conflitti tra agricoltori – c’è stato anche un morto – fino ad azioni legali e contro le assicurazioni, che a loro volta non vogliono farsi carico dei danni.
A luglio, l’Arkansas ha proibito l’uso del dicamba e diversi altri Stati sono passati a una regolamentazione più severa, secondo gli agricoltori quasi impossibile da soddisfare. A fine luglio 2017, sei allevamenti industriali dell’Arkansas hanno iniziato azioni legali contro Monsanto, Basf e DuPont Pioneer, che sono quelle che vendono gli agrotossici di cui ha bisogno la soia Xtend.
Il Brasile e il Paraguay hanno approvato la semina della soia tollerante al dicamba. In Messico è stata approvata la semina di cotone transgenico tollerante al glifosato, al dicamba, al glufosinate e all’insetticida su una stessa pianta, chiara dimostrazione della “evoluzione” dei transgenici: ogni volta necessitano di maggiori quantità di prodotti tossici.
Per la salute di tutte e tutti e di quella dell’ambiente dal quale dipendiamo, per le economie contadine che ci danno alimenti sani, si devono proibire queste coltivazioni ad alto rischio, che per di più avvantaggiano solamente le transnazionali.
Pubblicato su La Jornada (e qui con il consenso di Silvia Ribeiro) con il titolo Directo al estómago: golpes bajos de Monsanto y compañía