Il mondo tornerà ad essere un giardino
Dalla mailing list Resistiamo riceviamo questo articolo sull’evento organizzato al Centro donna di Livorno il 26 gennaio in occasione del giorno della memoria.
_ “Il mondo tornerà ad essere un giardino”.
Sono parole di Ilse Weber. Era poeta, musicista, autrice di libri per bambini e produceva programmi per la radio cecoslovacca, a Praga. Riuscì, con il marito, a salvare la vita del figlio maggiore, facendolo arrivare in Svezia prima del loro internamento a Terezin. Nel campo, Ilse lavorò nell’asilo dei bambini: c’è un dipinto di {{Malva Schalek}} che la raffigura mentre canta, accompagnandosi con la chitarra, per gli altri internati.
Ma la “finzione” di Terezin – un campo che fu utilizzato in maniera mistificatoria dalla propaganda nazista per dimostrare che le condizioni di internamento degli ebrei non erano poi così inumane, ma dove morirono comunque più di 30.000 persone e che era una vera e propria stazione di passaggio per la deportazione ad Auschwitz – presto finisce, come per moltissimi altri, e il marito di Ilse viene destinato alla deportazione ad Est, nell’autunno del 1944. Ilse sceglie di andare con lui, ad Auschwitz, dove moriranno lei e il figlio minore, mentre il marito sopravviverà.
Durante la sua prigionia scrisse circa 60 poesie che raccontano le circostanze orribili della vita nel lager, di cui compose anche le melodie.
{{Gertrud Schneider}}, presidente dell’ICIT-Istituto Culturale Italo Tedesco di Livorno, ha organizzato l’evento e tradotto i testi, {{Charlette Shulamit Ottolenghi}}, accompagnata da {{Alfredo Santoloci}} e {{Orazio Corsaro}}, ha interpretato {{brani tratti dai lavori di Ilse Weber}}, e non solo, in occasione di un bellissimo concerto che si è svolto al Centro Donna ieri,
26 gennaio, cui hanno collaboratro l’associazione Evelina De Magistris e la Comunità ebraica di Livorno.
{{La cura della memoria come cura della vita}}: tentativo di strappare dal “nero latte dell’alba” in cui li sommerse la furia nazista e fascista donne, uomini, bambini di cui si voleva distruggere tutto, anche, appunto, la memoria. Eventi come questo aprono squarci su una desolazione ed un dolore immedicabili, portando alla luce vite e nomi sommersi. Come quello di {{Camilla Mohaupt}}, di cui sappiamo soltanto che morì ad Auschwitz nel 1945. Proprio ad Auschwitz è stato rinvenuto il suo {“Auschwitz Lied – Il canto di Auschwitz”}, che, adattato sulla musica di un antico valzer tedesco, descrive la dimensione psichica e fisica in cui si viveva ad Auschwitz.
“Tra il Weichsel ed il Sola, tra paludi e postazioni, catene e filo spinato si annida il KZAuschwitz, nido maledetto che i prigionieri odiano come la peste maligna. … Lì, dove malaria e tifo ed altri mali, lì, dove l’angoscia dell’anima congela il cuore, lì, dove a migliaia sono prigionieri lontani dalla patria, dalla moglie e dal figlio … lì si vedono file e file di baracche costruite per mano dei prigionieri, e tu sotto la pioggia e la tempesta devi trascinare sabbia e mattoni. Blocco dopo blocco si erigono, per decine di migliaia di uomini, tutto questo, che è per coloro che ancora arriveranno”.
Ancora un brano di {{Ilse Weber}}: “Ingoia le lacrime, mordi il dolore, ignora le ingiurie e le umiliazioni, sia come una roccia la tua volontà per reggere tutto il disagio. Tutto andrà per il meglio, tutto andrà per il meglio, sopporta paziente l’attesa, abbi fede nel futuro, non perdere il coraggio. Il mondo tornerà ad essere un giardino. Finirà la discordia, l’odio e l’avidità, e tutto il dolore avrà fine. Il tuo nemico tornerà a chiamarti “fratello, uomo” e ti porgerà vergognoso la mano. E non dovrai più stare in disparte mentre gli altri gioiscono e ridono, anche per te il sole sorgerà, anche per te si risveglieranno gli uccellini. Per te splenderà il sole, per te l ‘albero fiorirà, avrai di nuovo una patria e fratelli. II male svanirà in incubo oscuro, la tua vita tornerà a gioire” {(Canto dell’emigrante).}
Ha scritto la poeta {{Rahel Auerbach}}: “Amiamoli, come se fossero tra noi”.
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