il Movimento delle donne iraniane 15 anni dopo la Conferenza mondiale sulle donne di Pechino
Le battaglie che le donne dell’Iran hanno sostenuto e
continuano a sostenere per conquistare la parità di diritti – dalla storica
Conferenza mondiale sulle donne di Pechino del 1995 ad oggi – sono state al
centro del dibattito promosso da AIDOS a New York oggi, 4 marzo, a margine
dell’annuale Commissione sullo status delle donne (CSW) delle Nazioni Unite
attualmente in corso. L’incontro, all’Auditorium della Salvation
Army International Social Justice
Commission, ha visto come ospite d’onore {{Shirin Ebadi}},
premio Nobel per la pace e importante attivista per i diritti umani e i diritti
delle donne nel suo paese. Temi del dibattito sono stati la condizione di
povertà delle donne, le violenze che sono costrette a subire, le
discriminazioni etniche e il loro volto femminile, le sfide per l’empowerment
delle donne in una società
governata da leggi che le subordinano agli uomini.
“Le donne iraniane sono più istruite degli uomini:
oltre il 50 per cento degli studenti universitari sono ragazze”, ha notato Shirin
Ebadi. “Ma sfortunatamente
le donne iraniane sono costrette a confrontarsi con leggi che le discriminano
per definizione, e questa è una cosa inaccettabile”.
{{Rezvan Moghaddam}}, che da oltre 25 anni è una delle leader del
Movimento delle donne in Iran e ha promosso seminari di formazione per le donne
più svantaggiate, ha fatto notare come “in Iran la povertà ha sempre più un
volto femminile”, e questo aumenta le disuguaglianze sociali, che spesso
restano invisibili, proprio perché riguardano le donne.
Per {{Nahid Jafari}}, una delle fondatrici del Centro culturale delle
donne iraniane, “laddove le leggi non tutelano le donne contro la violenza e
non ci sono strutture per proteggerle concretamente, l’unico modo per salvarle
è aumentare la loro consapevolezza e capacità di resistenza”. Per questo il
Centro “organizza seminari sulla violenza di genere, dove le donne possono discutere
apertamente delle proprie esperienze: una soluzione collettiva e sostenibile,
non solo a Teheran, ma anche in altre città dell’Iran”.
A peggiorare la condizione femminile
sono le discriminazioni etniche, un aspetto poco noto della società iraniana, sul
quale si è concentrata {{Faranak Farid}},
poetessa che scrive in turco: “Razza, etnia, genere, cultura, religione, classe
sociale, luogo di residenza, disabilità… sono tutte condizioni che danno vita a
discriminazioni multiple. La maggior parte delle donne iraniane devono affrontarle
tutte
contemporaneamente, e in questa complicata situazione perdono la fiducia in se
stesse e si arrendono sopraffatte”.
“L’empowerment delle
donne in Iran è un processo paragonabile alle doglie del parto”, ha rilanciato
{{Parvin Ardalan}}, che
ha ricevuto il Premio Olof Palmer per il suo lavoro
per i diritti delle donne. “È stata una sfida non solo nei confronti della
struttura patriarcale della società iraniana, ma anche contro noi stesse. Per
questo dobbiamo guardare al processo di empowerment
avvenuto in questo 15 anni partendo da noi, per
comprendere quanto le donne abbiano interiorizzato le conquiste fatte e quanto
invece hanno continuato ad alimentare un sistema che è alla base della
disparità di genere”.
Il dibattito è stato moderato da {{Daniela Colombo}}, presidente di AIDOS, che ha
invitato “le
istituzioni e i politici iraniani a intervenire sugli aspetti, messi in
evidenza nei diversi interventi, che di fatto
rafforzano un sistema sociale che considera le donne cittadine di seconda
categoria e non permette loro di esprimere appieno tutte le proprie capacità e
di contribuire attivamente allo sviluppo del paese. Noi,
rappresentanti della comunità internazionale”, ha concluso Colombo, “abbiamo il
dovere di dare il nostro sostegno e la nostra solidarietà al cammino coraggioso
intrapreso dalle donne iraniane”.
Lascia un commento