È un vero e proprio “manifesto” contro il politicamente corretto il nuovo numero di MicroMega in edicola, libreria, ebook e iPad da giovedì 27 settembre.

Il senso del numero lo dà in apertura il direttore Paolo Flores d’Arcais che punta l’indice contro la nuova stagione di eccessi che l’ideologia del politically correct sta vivendo e che ha condotto alla riscoperta ‘progressista’ della censura. Una questione che interroga da vicino la sinistra, la quale ormai ha scambiato l’essere al fianco degli oppressi con l’assunzione delle ideologie degli oppressi, anche quando “comportano l’oppressione da parte degli oppressi su altri doppiamente oppressi (in primis e sempre le donne)”.

A offrire un quadro dettagliato della situazione e della posta in gioco è la prima sezione del numero che si apre con un’ampia rassegna dei casi più eclatanti di censure politicamente corrette degli ultimi anni, a cura di Ingrid Colanicchia. La filosofa Gloria Origgi descrive invece la genesi e gli sviluppi di questa ideologia tutta americana; mentre la sociologa Chiara Saraceno analizza gli effetti delle rivendicazioni identitarie sui corsi di studio universitari; Gérard Biard, caporedattore del settimanale satirico Charlie Hebdo, rivendica dal canto suo il diritto alla libertà di offesa, parte integrante della libertà di espressione; e infine la filosofa femminista francese Élisabeth Badinter mette in guardia dal ritorno del religioso e dai rischi dei comunitarismi.

Specificamente dedicata a potenzialità, rischi e limiti del movimento #MeToo – che si muove tra sacrosante rivendicazioni e rischi di derive giustizialiste e puritane – è invece la seconda sezione del numero con interventi di Ginevra Bompiani, Cinzia Sciuto, Silvia Bencivelli, Simona Argentieri, Stefano Ciccone, Caterina Malavenda, Sveva Casati Modignani, Elena Stancanelli, Giulia Blasi, Simonetta Agnello Hornby, Eva Cantarella e Telmo Pievani.

Arricchiscono e completano il numero il saggio del filosofo francese Marcel Gauchet, che a partire dalla constatazione della fine della dominazione maschile, analizza le ragioni che hanno governato l’organizzazione plurimillenaria dei ruoli sessuali e quelle che hanno condotto alla messa in discussione di un sistema di ruoli e identità così stabilmente consolidato; e l’intervento/appello dell’attivista iraniana Masih Alinejad – fondatrice della campagna contro il velo obbligatorio “My Stealthy Freedom” – che invita le donne occidentali a smetterla di legittimare, in nome del rispetto della diversità, quelle politiche che nel mondo musulmano opprimono le donne.

NEL NUMERO 6 DI MICROMEGA

Chiara SaracenoLa sorella di Shakespeare e i canoni universitari – Le rivendicazioni dei gruppi discriminati hanno avuto il benefico effetto di mettere in discussione i criteri con cui si creano i canoni letterari e artistici, spesso però rimanendo confinate in corsi di studio ad hoc e incidendo poco nei curricula standard. Oggi il rischio è che, a partire da tali rivendicazioni, si stravolgano i corsi di studio, cancellando opere letterarie e artistiche in nome del ‘politicamente corretto’. Un’operazione insensata e antistorica, che nulla ha a che fare con la necessaria attenzione che – grazie a una sensibilità più accorta – dobbiamo prestare alle produzioni di chi appartiene a gruppi storicamente svantaggiati.

Élisabeth Badinter Non c’è femminismo senza laicità – Non crede nel femminismo islamico, punta il dito contro le derive del #MeToo, mette in guardia dal ritorno del religioso e dall’arretramento della laicità, denuncia l’antisemitismo montante. La filosofa francese tratteggia un quadro non molto incoraggiante del nostro presente ma, dice, “sono una pessimista attiva. Penso che qualunque cosa accada sia necessario battersi per le proprie idee, anche se sono diventate minoritarie”.

Gloria Origgi Genesi, sviluppi e derive di un’ideologia americana – In un paese come l’Italia in cui un ministro leghista solo qualche anno fa definiva gli africani ‘bingo bongo’, non c’è proprio da avere paura dell’egemonia del politicamente corretto. Che invece spopola nelle università americane, dove d’altronde è nato decenni fa, producendo esiti spesso paradossali che riguardano soprattutto le facoltà umanistiche. In alcuni dipartimenti ormai l’ideologia regna sovrana: chiunque pensi che ci siano solo due sessi è un nemico del popolo che va ostracizzato, mentre chi ritiene che Shakespeare valga comunque una lettura se si studia letteratura inglese non è altro che un bianco imperialista. Un approccio che – lungi dal servire la causa dell’apertura dei canoni tradizionali – si traduce in chiusura identitaria e annullamento dello spirito critico.

Masih Alinejad Care donne occidentali coraggio, state dalla nostra parte – Qualche anno fa ha pubblicato su Facebook una foto che la ritraeva senza il velo, invitando altre donne iraniane a fare lo stesso. È nata così la campagna ‘My Stealthy Freedom’, diventata virale in pochissimo tempo e che oggi è anche un movimento fuori dalla rete, fatto di donne che ogni settimana si danno appuntamento nelle strade dell’Iran coi capelli al vento. La sua promotrice, che oggi vive negli Stati Uniti, accusa: “Nella mia vita mi è sempre stato detto che non era il momento giusto per rivendicare i miei diritti. Anche oggi, in Occidente, mi viene detto che ‘non è il momento giusto’ perché rischio di alimentare l’islamofobia. Io dico: basta! Nessuno può più impedirmi di parlare, perché è sempre il momento giusto per lottare per la libertà”.

Marcel GauchetLa fine della dominazione maschile – A partire dalla constatazione che siamo di fronte alla fine della dominazione maschile, il filosofo francese analizza le ragioni che hanno governato l’organizzazione plurimillenaria dei ruoli sessuali, il modo di intendere la differenza dei sessi, la funzione che ricopriva nel funzionamento collettivo della società e allo stesso tempo le ragioni che hanno condotto alla rimessa in discussione di un sistema di ruoli e identità così stabilmente consolidato.

Ginevra Bompiani Anche da me – Il patriarca è una specie particolare di uomo, si circonda di esseri inferiori da comandare e da proteggere. Fra loro primeggiano le donne, spesso le predilette di casa. Il patriarca non si serve di loro, ma da loro. La donna è stata senz’anima per millenni. Il suo corpo era proprietà privata come un corpo animale. E forse nel lieve trasalimento di quando viene sorpresa, nell’esitazione a negarsi o a denunciare, emerge una sorta di memoria collettiva delle donne. Una memoria che rivive ogni volta che, ancora oggi, un patriarca allunga la mano, e che potrà trovare pace solo quando di patriarchi non ne esisteranno più.

Cinzia SciutoMeriti e limiti del #MeToo – Il movimento #MeToo ha avuto il grande merito di richiamare l’attenzione sull’asimmetria che caratterizza le relazioni fra uomini e donne. E se è vero che, come ogni movimento di emancipazione e liberazione, è suscettibile di derive reazionarie e presenta alcuni limiti, è altrettanto vero che insistere, come da più parti si fa, nel sottolinearne le possibili derive e storture rischia di ricacciare le donne nel silenzio.

Silvia Bencivelli Confessioni di una ‘famosetta molestata’ – Se non parli vuol dire che ti stava bene, se parli fai vittimismo. Stiamo pericolosamente alzando l’asticella nella definizione di ciò che è violenza, per cui se non hai come minimo qualche livido che vuoi che sia stato… Ma oggi, ai tempi della rete, le forme della violenza sono cambiate e una persona – capita perlopiù alle donne – può finire in un tunnel di insulti e minacce a mezzo web che può segnarla profondamente e che si traduce in una concretissima limitazione della propria libertà e sicurezza. La testimonianza di una giornalista che ha scelto di rendere pubblica la propria storia perché è ora di rompere il silenzio.

Simona ArgentieriNon in mio nome – Il #MeToo non è un’organizzazione strutturata né un partito. Pertanto non si possono addebitare a esso tutte le scomposte conseguenze né le incontrollabili ricadute che ne sono derivate. Non è direttamente colpa sua se sul carrozzone, accanto a quelle che hanno finalmente trovato uno spazio collettivo e una forza sociale ed economica per chiedere giustizia, si sono arrampicate altre donne deluse, esaltate, assetate di vendetta. Ciononostante non possiamo non constatare, con amarezza, il clima da giustizia sommaria e a tratti puritano che si è creato e che, se forse può costituire nel breve termine un deterrente contro alcuni abusi, non ci fa fare nessun passo avanti in termini di riflessione collettiva.

Stefano Ciccone La violenza sulle donne è un problema degli uomini

La violenza maschile contro le donne (ma anche quella omofoba) affonda le sue radici in una struttura delle relazioni tra i sessi che vuole il ‘femminile’ sempre in posizione passiva, privo di una soggettività e di un desiderio autonomo, sempre a disposizione del maschile. Questa rappresentazione modella il nostro immaginario, le forme del corteggiamento, i nostri atteggiamenti quotidiani, ben al di là e ben prima di qualunque violenza. Se non mettiamo mano a questa cultura, ribaltandola, potremmo forse punire i singoli che si macchiano dei delitti più abominevoli, sollevandoci la coscienza, ma non avremmo fatto un solo passo in avanti per risolvere il problema alla radice.

Caterina Malavenda Lo Stato di diritto ai tempi del #MeToo La nostra normativa fornisce già tutti gli strumenti giuridici per perseguire i reati di abuso sessuale, con una ragionevole proporzionalità della pena in relazione alla gravità dei reati. Lo stesso famigerato limite dei sei mesi per presentare denuncia – oggetto di molte critiche – è in realtà un periodo di tempo superiore a quello previsto per altri reati, proprio perché il legislatore ha tenuto in conto le particolarità dello stupro. Le denunce tardive inoltre non solo non consentono all’accusato di difendersi in un tribunale, ma rendono molto più complicato l’accertamento della verità di quanto viene denunciato. Ben venga dunque una presa di consapevolezza collettiva, senza però dimenticare i princìpi cardine di uno Stato di diritto.

Sveva Casati ModignaniUna salutare ribellione di massa – Il ‘te la sei cercata’ è l’argomento principe che viene usato per minimizzare i casi di molestie e abusi. Un argomento che le donne interiorizzano fin dall’infanzia e che impedisce loro di prendere consapevolezza dei propri diritti. Persino oggi che, grazie al #MeToo, tante hanno trovato il coraggio di denunciare gli abusi, in molti (e tra questi anche diverse donne!) continuano a scagliarsi contro le vittime, colpevoli di sedurre o di approfittare dei poveri stupratori!

Elena Stancanelli Contro il vento neopuritano e il reato di molestie – Se gli adulti fossero adulti – ossia se il modello educativo funzionasse bene e producesse uomini e donne consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri – non sarebbe necessario avere uno Stato che discuta dei centimetri di coscia su cui si può appoggiare una mano. Dovrebbero essere, queste, faccende private da gestire, appunto, tra persone adulte. Ci stiamo invece pericolosamente avviando verso un modello – che proviene da oltreoceano – nel quale veniamo tutti trattati come ragazzini. Un modello che rischia derive autoritarie, a partire da quelle sessuofobiche e censorie.

Giulia Blasi Di cosa parliamo quando parliamo di stupro – La violenza inizia lì. Quando quello che racconti non coincide con lo stereotipo che l’immaginario collettivo si è costruito della ‘vera stuprata’. Che di norma è violentata da uno sconosciuto (possibilmente straniero), fuori casa, che ha per forza urlato come Sophia Loren in La ciociara, che deve necessariamente avere qualche segno evidente, qualche ferita, qualche livido, che deve per forza essere scioccata e non riuscire più a condurre una vita ‘normale’. Se tutti questi elementi non ci sono, via, circolare, non c’è niente da vedere.

Simonetta Agnello HornbyGiù le mani – Per la scrittrice siciliana naturalizzata inglese (e avvocato), autrice di La Mennulara, alcune derive del movimento femminista – che con il #MeToo stanno esondando – sono del tutto inaccettabili. Due in particolare: quella che porterebbe a denunciare gli abusi oltre i termini di legge, mettendo in discussione il sacrosanto principio del giusto processo; e quella per la quale le donne sono sempre nel ruolo di vittime e gli uomini in quello di carnefici. La realtà dimostra che le cose non stanno affatto così.

Eva Cantarella La caccia alle streghe e la certezza del diritto – Il principio fondamentale su cui si basa il nostro sistema penale è che i reati debbano essere provati. Non è, e non può essere, dunque sufficiente il ‘vissuto’ della vittima, che invece nelle vicende che hanno al centro la questione molestie spesso si pretende costituisca una ‘prova’. Con pericolo per la certezza del diritto, oltre che per le relazioni fra i sessi, diventate oltremodo complicate. Ed è curioso che l’ondata di puritanesimo e caccia alle streghe che si sta rapidamente diffondendo in Europa provenga da quegli Stati Uniti che negli anni Sessanta sono stati il luogo della libertà per eccellenza. Nei cui campus oggi si prova a censurare perfino Ovidio e dove anche un gentile complimento viene considerato una molestia.

Telmo PievaniNatura e normalità (ovvero il #MeToo ai tempi dei trogloditi-fieri-di-esserlo) – La campagna #MeToo – con tutti i limiti di un movimento che ruota attorno a un hashtag – è sicuramente una nuova tappa della lotta e della riflessione sulla questione femminile. Ma essa pone anche una questione maschile, che invece è pressoché assente dal dibattito, come se la condizione degli uomini fosse assodata, pacifica, determinata. E invece vediamo maschi nervosi, fragili, frustrati, e dunque aggressivi e prepotenti, e diciamo: ‘Ma sì, i maschi fanno così’. Con un appello a una presunta ‘natura’ che, oltre a essere totalmente infondato, è solo una foglia di fico per il nostro cinismo.

 

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