Il parlamento europeo dà il via libera alla riforma di Dublino sull’asilo
È l’anticipo della battaglia che ci sarà nel Consiglio europeo, che deve dare la sua approvazione. In particolare i paesi dell’est sono contrari alla ripartizione dei richiedenti asilo nei diversi paesi dell’Unione. La riforma, presentata dalla parlamentare liberale Cecilia Wikström è frutto di un lungo negoziato che ha messo d’accordo sinistra, socialisti, verdi, liberali e popolari.
Per l’europarlamentare di Possibile Elly Schlein, tra i relatori della riforma, si tratta di un “segnale forte che lanciamo ai governi europei e ai cittadini: almeno una delle tre istituzioni europee vuole una svolta nelle politiche d’asilo europee, nel segno della solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità”.
“Siamo finalmente riusciti a cancellare il criterio ipocrita del primo paese d’accesso, e sostituirlo con un meccanismo automatico e permanente di ricollocamento cui tutti gli stati sono tenuti a partecipare, pena conseguenze sui fondi strutturali. Ma le proposte innovative sono tante, con una nuova procedura accelerata di ricongiungimento familiare, il rafforzamento di tutti i criteri di responsabilità per far valere i legami significati dei richiedenti con gli stati membri, e il rafforzamento delle garanzie procedurali per i richiedenti, in particolare i minori”.
Cosa cambia
Il criterio del primo paese di accesso viene sostituito con un meccanismo permanente e automatico di ricollocamento secondo un sistema di quote, a cui sono tenuti a partecipare obbligatoriamente tutti gli stati membri dell’Unione europea. “È la prima volta che ci arriva un segnale positivo per quanto riguarda il sistema comune d’asilo, che non va in una direzione esclusivamente restrittiva”, spiega Gianfranco Schiavone, esperto della normativa europea dell’asilo e vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
“Siamo di fronte a un vero e proprio cambiamento di paradigma rispetto al passato, rispetto all’approccio che l’Europa ha avuto verso il tema dal 1990. In questa riforma ci sono due cambiamenti che impongono una rivoluzione: il primo è la fine del legame tra il primo paese d’ingresso in Europa e la domanda d’asilo”, continua Schiavone. La riforma prevede che la competenza dell’esame della domanda d’asilo venga decisa in base a un principio di solidarietà, in conformità all’articolo 80 del trattato dell’Unione europea.
Il secondo cambiamento è l’introduzione di un principio che tiene conto dei legami tra il richiedente asilo e lo stato in cui vuole andare. “Per la prima volta viene tenuto conto dei legami familiari, con un allargamento del concetto di famiglia (fratelli, sorelle, figli adulti in carico ai genitori) e viene introdotto il concetto dei legami significativi”, spiega l’esperto dell’Asgi. “Questo significa che se una persona ha frequentato la scuola in un paese o ha avuto precedenti soggiorni in quel paese può chiedere di essere spostato in quel paese”, continua Schiavone. E infine viene introdotto il sistema della sponsorizzazione.
Il rischio dell’affossamento
Il tempo potrebbe essere il fattore determinante per l’affossamento della riforma. “C’è il rischio del rinvio alla primavera dell’esame da parte del Consiglio europeo in attesa di vedere i risultati alle prossime elezioni, tutto potrebbe essere congelato”, prevede Schiavone, che spiega che il problema sarà soprattutto politico.
Interi stati, quelli del gruppo di Visegrád, si oppongono alla riforma. “La riforma infatti toglie loro l’arma principale su cui reggono il loro consenso politico, la costruzione dei muri, la logica dell’invasione e della difesa dall’invasione”, afferma. “Il principio della condivisione delle responsabilità secondo un sistema di quote, che è il principio cardine della riforma, fa crollare questa logica. Mentre l’attuale regolamento di Dublino ha continuato a generare mostri”, conclude.