Wilpf (Women’s International League for Peace and Freedom) Italia ci segnala per la pubblicazione l’approfondimento di Marilina Rachel Veca sul “Piano Mattei”.

L’autrice è socia di Wilpf Italia, laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, specializzata in Paleografia latina, archivistica e diplomatica presso l’Archivio Segreto Vaticano, ha lavorato nel settore relazioni internazionali di varie istituzioni e ha operato nell’organizzazione di incontri e conferenze internazionali.


Brevi riflessioni sul Piano Mattei di Marilina Rachel Veca

Piano Mattei: espressione scelta dal governo Meloni per identificare un piano strategico per la costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e Stati Africani.[1]

Il piano è nato un anno fa, quando il governo ne ha delineato la governance con il decreto legge 161 del 15 novembre 2023. Ma è stato nominato anche nel discorso di richiesta di fiducia alle Camere.

Dovrebbe coinvolgere 9 Paesi africani coinvolti in progetti pilota: Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico; che ci sarà una cabina di regia a guidare il progetto, presieduta dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli Esteri, da tutti i ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano al progetto: dovrà essere presentata una relazione annuale. Il progetto sarà quinquennale, con possibilità di rinnovo.

Il focus dovrebbe essere su: Istruzione, Agricoltura, Salute, Energia, Acqua. L’obiettivo generale sarebbe quello di costruire una cooperazione che si distanzi da quell’approccio predatorio che ha costituito fino ad ora il rapporto tra Occidente e Stati Africani, secondo quello che ha detto Meloni[2]-

Dal punto di vista economico, verranno stanziati 5,5 miliardi di euro, divisi in questo modo: 2,5 miliardi dai fondi della Cooperazione allo Sviluppo e 3 miliardi dal Fondo Italiano per il Clima, Fondo nato sotto il governo Draghi, con la legge di bilancio per il 2022. Serviva per finanziare interventi per raggiungere gli obiettivi stabiliti dagli accordi internazionali sul clima a cui l’Italia aveva aderito: furono inizialmente stanziati 840 milioni all’anno tra il 2022 e 2026, per un totale di 4,2 miliardi, e poi 40 milioni all’anno a decorrere dal 2027. Il fondo dovrebbe poi essere ridotto di oltre il 70 per cento della sua portata, e non è chiaro se e in che modo verrà poi rifinanziato.

Alcune associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace, Legambiente, WWF e Kyoto Club[3], hanno affermato che “nel Piano Mattei le rinnovabili non sono protagoniste, protagonista è ancora il gas, insieme ai disegni ENI sui biocarburanti” e hanno denunciato “una visione miope sul futuro energetico del Paese e sul concetto di transizione ecologica”, puntando a “trasformare l’Italia in un hub energetico del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese”.

Il mondo della cooperazione non è stato coinvolto nell’articolazione del progetto, nonostante le molte associazioni attive in alcuni territori interessati dal progetto.

Come afferma Simone Ogno[4], campaigner della Ong ReCommon, “l’impronta politica del governo è chiara fin dall’inizio, alla faccia della tanto sbandierata cooperazione su base paritaria: la matrice è securitaria, e ogni aspetto del Piano sarà da intendersi in quest’ottica. Un messaggio reiterato anche dall’assenza di qualsiasi riferimento formale alla partecipazione di paesi, istituzioni pubbliche o enti privati africani – soprattutto quelli appartenenti alla società civile – alla governance del Piano”.

Brando Ricci[5] , giornalista di Nigrizia, fa notare come al vertice erano assenti rappresentanti delle nazioni il cui tasso migratorio è il più elevato, ovvero le regioni del Sahel (Burkina Faso, Mali e Niger), tutte fuoriuscite dall’ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale).

Questo progetto – che ovviamente rientra nel tema della sicurezza e dell’obiettivo di contenere la cosiddetta immigrazione “irregolare”, perde credibilità se non sono presenti i rappresentanti delle nazioni più interessate da questo fenomeno.

Dubbi, perplessità, critiche sul Piano Mattei sono forti e fondati, specialmente legati alla distribuzione dei fondi, al loro utilizzo, alla costruzione del progetto, alla gestione della questione migratoria, alla caduta nella possibile e probabile ennesima operazione neo-colonialista.

L’intervento di Moussa Faki,[6] presidente della Commissione dell’Unione Africana, al Senato italiano in apertura del vertice Italia-Africa. Faki ha sottolineato che un principio cardine per il continente è la libertà: “libertà di scelta dei suoi partner, libertà non allineata a un blocco unico, reciproco rispetto. Come noi non imponiamo, così non vogliamo che ci si impongano delle scelte”.

Le priorità dell’Africa, ha proseguito Faki, derivano da una serie di sfide e di vantaggi: estensione geografica, risorse naturali e umane, mobilità, sfide di finanziamento, sfide di integrazione.

“Le nostre priorità derivano da queste sfide – ha sottolineato il diplomatico – ma se la problematica dello sviluppo del continente dipende dalla volontà dell’Africa stessa, dipende anche dalla strutturazione della governance mondiale. la formulazione delle nostre priorità è basata sull’agenda 2063 e gli ostacoli non sono pochi: il pesante fardello del debito, i cambiamenti climatici, gli estremismi violenti e il terrorismo, l’instabilità politica, il deficit di finanziamenti adeguati, problemi a livello di governance”. Intervenendo sul Piano Mattei ha detto: “Il Piano Mattei, sul quale avremmo auspicato di essere stati consultati, è una iniziativa su cui l’Africa è pronta a discutere… ma vorrei che si passasse ora dalle parole ai fatti. Capirete bene che non possiamo accontentarci di semplici promesse che poi non vengono mantenute. Sappiamo che l’Italia è il principale hub di arrivo dei migranti, e questa è una questione su cui dobbiamo trovare soluzioni in comune. L’emigrazione di giovani è un dramma per l’Africa stessa, la partnership tra di noi sarà sempre limitata finché non si modificherà in maniera strutturale il modello di sviluppo dell’Africa”.

E ha detto ancora Faki: “Per essere più chiaro devo sottolineare con forza che l’Africa non vuole tendere la mano, non siamo mendicanti. Peroriamo un nuovo paradigma di un nuovo modello di sviluppo. No a barriere securitarie che sono barriere di ostilità. La soluzione deve essere collettiva. Il nostro auspicio è che l’Italia sia sempre più coinvolta in questa ottica”.


[1] Enrico Mattei, uno degli uomini più importanti dell’Italia del Novecento, nato ad Acqualagna il 29 aprile 1906. Partecipò alla Resistenza, fu imprenditore, manager e politico. Guidò l’Agip (l’azienda petrolifera dello Stato) e fondò nel 1953 l’Eni (Ente nazionale idrocarburi), ente statale che aveva l’obiettivo di incrementare la produzione italiana di idrocarburi e inserirsi nel mercato internazionale. Ottenne concessioni e appalti nei Paesi detentori delle riserve di petrolio, offrendo ai governanti condizioni più vantaggiose di quelle proposte dalle grandi compagnie che dominavano il mercato, da lui battezzate “le sette sorelle”. I successi dell’Eni procurarono a Mattei molti nemici, sia in Italia, sia all’estero, e nel 1962 il dirigente trovò la morte in un incidente aereo causato da un attentato dinamitardo. I mandanti non sono mai stati individuati con certezza. L’incidente aereo in cui morì Mattei morì avvenne il 27 ottobre 1962 mentre tornava da una missione di lavoro in Sicilia: l’aereo dell’Eni precipitò nei pressi del paese di Bascapè (Pavia). L’incidente apparve subito sospetto, ma il processo, concluso nel 1966, terminò con il non luogo a procedere. Inchieste successive hanno accertato che l’aereo esplose in volo a causa di una bomba. L’attentato fu forse compiuto dalla mafia siciliana, interessata a compiacere la criminalità organizzata statunitense, che era a sua volta in rapporti con le compagnie petrolifere. Tuttavia molti aspetti della vicenda restano oscuri e i mandanti non sono mai stati identificati con certezza. Si è ipotizzato il coinvolgimento di Gladio (la struttura paramilitare segreta, finanziata dalla CIA, attiva in Italia), di esponenti della politica italiana, di altri dirigenti dell’Eni. Nessuna ipotesi, però, è stata provata in maniera definitiva. L’unica cosa certa è che dopo la morte di Mattei l’Eni non fu più in grado di sfidare il “cartello” che dominava il mercato petrolifero. Il governo Meloni, richiamando il nome dell’ex presidente Eni nel piano per l’Africa, vorrebbe probabilmente richiamarne – in modo propagandistico e di impatto “pubblicitario” – un approccio democratico e non di mero sfruttamento del territorio africano.

[2] Meloni svela il piano Mattei, 5,5 miliardi per l’Africa – Ansa 30 gennaio 2024.

[3] Vedi Fatto Quotidiano del 30 gennaio 2024.

[4] Piano Mattei, una beffa per l’Africa, ReCommon 17 novembre 2023.

[5] Africa Oggi podcast. Piano Mattei, una zuppa con quello che c’è , Nigrizia 1 febbraio 2024.

[6] Vertice Italia-Africa, Intervento di Moussa Faki presidente della Commissione dell’Unione Africana sul Piano Mattei, 29 Gennaio 2024.