Il teatro come memoria collettiva. Intervista a Maria Federica Maestri e Francesco Pititto
Intervista di Dalila D’Amico per Alfapiù
— Fondata nel 2014 dalle Associazioni Culturali Lenz Rifrazioni e Natura Dèi Teatri, Lenz Fondazione ne raccoglie l’eredità storica continuandone l’azione di ricerca artistica, formazione, ospitalità nell’ambito delle performing arts e di quella che i fondatori, Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, definiscono sensibilità, la disabilità, fisica o intellettiva considerata per le sue qualità espressive. L’attività di Lenz Fondazione è poliedrica: una ricerca artistica che poggia sulla peculiarità e sulla “sensibilità” degli attori con cui lavora, sull’intrinseca qualità espressiva dei luoghi, sulla visceralità della parola e sulla potenza delle immagini e della loro storia. Parallelamente un impegno costante sul territorio parmense attraverso il progetto Pratiche di Teatro Sociale, una serie di laboratori integrati rivolti a disabili intellettivi e psichici in collaborazione con diverse istituzioni del luogo. Infine la direzione di Natura dei Teatri, un Festival di respiro internazionale, quest’anno giunto alla sua ventiduesima edizione. In occasione del Festival e dopo aver visto lo spettacolo AktionT4, andato in scena in prima assoluta il 25 aprile scorso, abbiamo intervistato i curatori artistici Maria Federica Maestri e Francesco Pititto.
La vostra ricerca si impianta su progetti monografici e pluriennali. In questi trent’anni avete sondato l’universo poetico di grandi classici della letteratura nazionale e internazionale come Shakespeare, Ariosto, Goethe, Ovidio, Kleist, Büchner, Hölderlin, Calderón de la Barca, Genet, Manzoni, e molti altri. Aktion T4, come Kinder si misura invece con la Storia, e rientra nel vostro progetto permanente di riflettere sui temi della Resistenza e dell’Olocausto. Come si traducono in immagini, parole, suoni e gesti, eventi che hanno segnato, drammaticamente, la nostra Storia?
Le modalità di ricerca drammaturgica che pratichiamo da sempre, sia che si tratti di autore classico che di memoria storica, non si modificano a tema. Le immagini, le parole, i suoni e i gesti in oggetto hanno segnato drammaticamente la nostra storia, ma anche il nostro teatro. Un solo esempio per tutti, con la messa in scena di AENEIS IN ITALIA abbiamo posto in evidenza il problema della violenza partendo dalla volontà di conquista di un territorio, di una patria nuova per i fuggiaschi di Troia con la violenza che ha contraddistinto gli anni bui della nostra Repubblica, gli anni di piombo. Certo, non sempre il rimando è così diretto ma in ogni autore, e solo la lunga durata della ricerca lo permette, ricerchiamo l’origine della nostra struttura culturale. Così come in Manzoni con I Promessi Sposi e l’Adelchi o in Hölderlin con le tragedie e le liriche, o l’Ariosto con il Furioso, dall’origine ci siamo proiettati nell’oggi, nelle nuove forme della contemporaneità e della sensibilità umana.
AktionT4 è il programma nazista di eutanasia sui bambini portatori di handicap e malformazioni genetiche. In che misura secondo voi il Teatro oggi ha la possibilità di intervenire sulla memoria collettiva e quale la sua efficacia in quanto azione politica?
AKTION T4 fa parte di un progetto triennale iniziato nel 2016 con la messa in scena di KINDER, opera dedicata a sei bambini di Parma morti nei campi di sterminio, e proseguirà nel 2018 con una ricerca sulla persecuzione nazista nei confronti degli omosessuali. La partecipazione dell’Istituto Storico della Resistenza di Parma all’intero progetto ha fornito l’apporto storiografico e di documentazione necessario nonché la presenza di studiosi nell’approfondimento che accompagnava ogni debutto. E’ però dal 1990 che Lenz ogni anno dedica parte della sua attività creativa e produttiva a questi temi ancora molto vivi nella memoria collettiva della città. Infatti, la partecipazione dei cittadini di PArma e l’attenzione della critica sono state molto positive in ogni occasione, la drammaturgia nonostante i diversi livelli di lettura che contraddistinguono il nostro agire estetico ha coinvolto allo stesso modo diverse figure di spettatore. Se l’attenzione del teatro alla memoria collettiva assume un carattere permanente, e non solo celebrativo, e comunità, istituzioni e cittadini sanno di poter partecipare ad un evento che ogni volta propone una lettura contemporanea degli avvenimenti storici, allora pensiamo che il teatro possa svolgere sicuramente anche un’azione politica.
Oltre alla Storia in senso ampio, i vostri spettacoli sono ricchi di rimandi alla Storia dell’arte. Qual è la connessione tra la Storia delle immagini e il processo di costruzione drammaturgica?
La connessione tra immagine e drammaturgia è diventata, negli anni, sempre più stretta. Da qui il neologismo “imagoturgia”, cioè creazione dell’immagine in rapporto dialettico con la scena, l’attore, la musica. Un’immagine cioè che è senso solo nel contesto del teatro, del qui e ora dell’opera che si rappresenta. Certo le immagini potrebbero essere fruite anche al di fuori del tempo della rappresentazione, ma assumerebbero altro significato, altra funzione. I riferimenti alla storia dell’arte sono sempre serviti da stimolo iniziale.
Parlando con voi e di voi, si riflette appunto spesso sul peso delle immagini, eppure anche la ricerca sul suono mi sembra centrale nei vostri spettacoli. Come lavorate alla costruzione del tappeto sonoro con Andrea Azzali? Come avete pensato i suoni di Aktion T4?
Con Andrea, ma anche con Scanner e ultimamente con Claudio Rocchetti cerchiamo, a seconda dell’opera che si intende costruire e all’autore da de/costruire, un suono che abiti lo spazio scenico in cui tutto accade e per il tempo del suo accadere. Da alcuni anni utilizziamo il termine site-specific perché più preciso nell’indicare la funzione fondamentale del luogo in cui si realizza l’installazione. E per installazione non intendiamo un procedimento statico ma dinamico. Da diversi anni installiamo le nostre creazioni in spazi monumentali e storici, l’abbondanza di segni già presenti deve essere sempre interpretata, e parlando di scrittura musicale e composizione il luogo dove dovrà abitare il suono diventa determinante. Per AKTION T4 la scrittura di Andrea si è incentrata sulla produzione di frequenze pure, modulate ritmicamente e non. L’idea è stata quella di cercare un’analogia tra suono elettronico e mente, perturbazioni ritmiche e neuronali, texture sintetiche e immaginazione di ambienti. Si è ispirato a frammenti musicali composti da Adolf Wölfli, artista polivalente e controverso internato in un manicomio svizzero dove ha vissuto per trentacinque anni a dimostrazione della forza creativa di ogni mente “non convenzionale.
Durante il convegno “La lingua della sensibilità” tenutosi il 27 giugno 2016, nell’ambito della 21^ edizione del Festival Internazionale di Performing Arts Natura Dèi Teatri da voi diretto, vi chiedevate: Quali sono gli strumenti maggiormente idonei a leggere, decostruire, interpretare il lavoro d’attore di un “attore sensibile”? Come valutare la progressiva maturità tecnica, raggiunta da alcuni attori, che professionalmente praticano il lavoro teatrale in condizioni d’integrazione e che hanno ormai ampiamente superato lo stato di eccezionalità della loro presenza occasionale? Come rispondereste voi a queste domande se le rimandassi al mittente?
Lo scopo del convegno era incontrare diverse visioni critiche e concentrarle sulla particolare capacità espressiva di quelli che noi chiamiamo “attori sensibili”. Noi pensiamo, dopo decenni di esperienza artistica, che ancora la critica non abbia ben approfondito lo sconcerto provocato dal talento unico che alcuni di questi attori portano in scena. O si esaltano le differenze o si segnano le distanze, per questo sosteniamo che la categoria “Teatro Sociale” andrebbe, semmai, collocata storicamente ma non utilizzata a delineare confini artistici. Ogni attore è un caso a sé e sempre nel contesto dell’opera, per questo sosteniamo che la capacità espressiva di alcuni “attori sensibili “superi di gran lunga ogni raffinata tecnica interpretativa dell’attore/attrice “mattatore”. D’altronde questa definizione contiene sia il matto che l’attore, preferiamo chi la follia l’ha vissuta davvero e ne utilizza, tramite l’arte, la grande forza espressiva.