In Italia la sanità non è più per tutt*: in 12,2 milioni rinunciano alle cure
I risultati del Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute. Sale a 35,2 miliardi di euro la spesa di tasca propria degli italiani per la sanità (+4,2% nel periodo 2013-2016). Nell’ultimo anno 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente)
In Italia ormai la sanità non è più per tutti. A dirlo sono i risultati del Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute sulla sanità pubblica, privata e integrativa, presentati a Roma, a Palazzo Colonna, in occasione del Welfare day 2017, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Roberto Favaretto e Marco Vecchietti, rispettivamente presidente e consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute, e Giuseppe De Rita e Francesco Maiett, presidente e responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis.
I dati. Dalla fotografia scattata si vede come sia salita a 35,2 miliardi di euro la spesa effettuata di tasca propria per la sanità (con un aumento del 4,2% in termini reali nel periodo 2013-2016. Un aumento maggiore della spesa totale delle famiglie per i consumi, pari a +3,4% nello stesso periodo) e l’area della “sanità negata” continua ad espandersi: nell’ultimo anno 12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie, 1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente. Sistemi sanitari locali sempre più divaricati, opportunità di cura per i cittadini sempre più differenziate. La conseguenza sociale è un gorgo di difficoltà e disuguaglianze crescenti che risucchiano milioni di persone.
Sono 13 milioni le persone in Italia che nell’ultimo anno hanno sperimentato difficoltà economiche e una riduzione del tenore di vita per far fronte a spese sanitarie di tasca propria, 7,8 milioni hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o con le banche, e 1,8 milioni sono entrati nell’area della povertà.
Più si invecchia e più si deve mettere mano al portafoglio. Tra chi ha dovuto affrontare spese sanitarie private, ha incontrato difficoltà economiche il 74,5% delle persone a basso reddito (ma anche il 15,6% delle persone benestanti), il 21,8% al Nord, il 35,2% al Centro, fino al 53,8% al Sud. E hanno avuto difficoltà ben il 51,4% delle famiglie con al proprio interno una persona non autosufficiente che hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria. La spesa sanitaria privata, ormai capillarmente diffusa tra gli italiani, pesa di più su chi ha meno, su chi vive in territori più disagiati e su coloro che più hanno bisogno della sanità per curarsi. E più si invecchia, più si deve mettere mano al portafoglio per pagarsi le cure: fatta 100 la spesa sanitaria privata pro-capite degli italiani, per un anziano si arriva a 146. Un anziano o un’anziana spende di tasca propria per la sanità più del doppio rispetto a un millennial e quasi il 50% in più rispetto a un babyboomer.
Nel pubblico liste di attesa sempre più lunghe. Perché le persone devono ricorrere di più al privato e pagare di tasca propria? Perché l’attesa per le prestazioni sanitarie nel servizio pubblico è troppo lunga e spesso richiede anche l’esborso del ticket. È questa la ragione principale per cui tanti italiani vanno nel privato e pagano a tariffa intera. Per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno l’attesa arriva a 142 giorni. Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), ma al Sud sono necessari 111 giorni. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), ma l’attesa sale a 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (+18 giorni rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.
L’Italia spende sempre meno per la sanità pubblica. La spesa sanitaria pubblica si riduce e l’area della ‘sanità negata’ si espande. Una riduzione del valore pro-capite dell’1,1% all’anno in termini reali dal 2009 al 2015: è questo il record di contrazione della spesa sanitaria pubblica italiana segnalato dalla Corte dei Conti, mentre nello stesso periodo in Francia è aumentata dello 0,8% all’anno e in Germania del 2% annuo.
L’incidenza rispetto al Pil della spesa sanitaria pubblica italiana è pari al 6,8%, in Francia si sale all’8,6% e in Germania si arriva al 9,4%. Meno risorse pubbliche per la sanità rispetto al passato e rispetto agli altri Paesi: è questa la sintesi. Il miracoloso recupero di sostenibilità finanziaria del Servizio sanitario di tante Regioni non è stato indolore: meno copertura pubblica, a cui fa da contraltare il più alto ricorso alla sanità pagata di tasca propria. E a chi non ce la fa economicamente non resta che la rinuncia o il rinvio delle prestazioni.
E le distanze tra le sanità regionali si ampliano. Il 64,5% degli italiani è soddisfatto del Servizio sanitario, mentre il 35,5% è insoddisfatto. Al Sud però i soddisfatti sono solo il 47,3%, mentre sono il 60,4% al Centro, salgono al 76,4% al Nord-Ovest e arrivano all’80,9% al Nord-Est. Il 31,8% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno il Servizio sanitario sia peggiorato, solo il 12,5% pensa che sia migliorato e il 55,7% ritiene che sia rimasto stabile. Al Sud il 38,9% dei cittadini pensa che la sanità della propria regione sia peggiorata, il 13,3% che sia migliorata e il 47,9% che sia rimasta uguale. Al Centro il 34,2% ritiene che sia peggiorata, l’11,4% migliorata e il 54,3% rimasta uguale. Al Nord-Ovest il 25,2% la giudica peggiorata, l’11,8% migliorata, il 63% rimasta uguale. Al Nord-Est per il 26,1% è peggiorata, per il 13,1% è migliorata e per il 60,8% è rimasta uguale. Sono dati che descrivono la sfida di sistemi sanitari locali in evidente traiettoria divaricante, con crescenti disparità nelle opportunità di cura dei cittadini. Come alternativa all’attuale sanità iniqua si va delineando un modello multipilastro che deve valorizzare la coesistenza tra pubblico, privato e sanità integrativa, unica strada per tornare ad ampliare la copertura restituendo sicurezza a tutti i cittadini.