In “RENOVELLA – novità antiquarie femministe” l’antologia femminista del 1972 “Donna e bello”
Nella conversazione di “RENOVELLA – novità antiquarie femministe” – rubrica curata da Maria Paola Fiorensoli (Ass. il Paese delle donne), LIVIANA GAZZETTA (storica, socia SIS), e GABRIELLA GIANFELICI (Ass. Exosphere) – si presenta “Donna è bello”, una raccolta di testi femministi degli USA e del Sud America, edita dal gruppo ANABASI nel febbraio 1972, in italiano, a cura di TINA MAGNANO.
OSPITE: VIOLA TABARINI, studente a Scienze Storiche alla Università Nazionale di Padova.
Sei capitoli:
1) RUOLO FEMMINILE – ESPERIENZE: L’ oppressione psicologica; l’oppressione sessuale; la divisione del lavoro;
2) ANALISI DELLA CONDIZIONE FEMMINILE: il mito della inferiorità della donna; la funzione economica della oppressione della donna; il nemico numero uno; il mito dell’orgasmo vaginale; l’istituzione del rapporto sessuale; il Bello addormentato.
3) LIBERAZIONE DELLE DONNE – a) prospettive: lotta per la liberazione della donna, la donna socialista. – b) proposte: sorellanza e piccolo gruppo, Piccolo gruppo, Il processo del piccolo gruppo, Un programma per le femministe prendere coscienza, Resistenza alla coscienza, Ciò che è personale è politico.
4) DIBATTITO CON LA SINISTRA: perché sono nella lotta delle donne; le donne e la sinistra; risposta a una critica; loro ed io; non c’è rivoluzione senza liberazione della donna; consumismo e le donne; no, tu non sognavi (poesia).
5) STRUMENTI DI COMUNICAZIONE: Sui mezzi di comunicazione di massa; la stampa undergraund; le donne si impadronisco di RAT (ndr. occupazione femminista di un giornale con decalogo per l’attivismo giornalistico femminista)
6) MANIFESTI (Manifesto di Bedstockings, Manifesto per una nuova organizzazione a N. Y., Manifesto di Rivolta Femminile)
VIOLA TABARINI sottolinea la relazione tra il femminismo anni ’70 e quello odierno nelle sue sfaccettature femministe e transfemministe. Ritiene il testo di grande attualità, “arricchente, stimolante, appagante” e da cui si desume l’intersezionalità delle lotte femministe, la volontà e la fatica del voler cambiare la narrazione corrente su temi oggi dati per scontati.
Tratto comune ad altre ospiti, la sottolineatura della forza eversiva della richiesta del salario domestico, molto diffusa nel primo femminismo. Nella sua significativa evidenzia quanto la rivisitazione femminista della realtà, negli anni ’60 e ’70, anticipi temi di grande attualità. Conclude leggendo un passo basilare sulla interiorizzazione che il mondo delle idee e delle autorità appartenesse agli uomini e che si dovessero pagare enormi conseguenze nell’intervenirvi: “Un sentimento che ho provato anche io a più di cinquant’anni di distanza, ma con una percezione diversa, di sfida, perché il mondo può sembrare che appartenga agli uomini ma appartiene di diritto alle donne.”
“Donna è bello” appartiene, come sottolinea L. Gazzetta, al filone del PENSIERO e DELLA PRATICA AUTOCOSCIENZIALE; riporta la novità dello sguardo femminista sul mondo, articolato e a tutto tondo, con forti intuizioni, frasi (es. “IL PERSONALE è POLITICO”), e immagini diventate iconiche (es. vignetta della donna con bambino, cesto del bucato e scopa, risponde trafelata al citofono: “…mio marito non c’è, è fuori a lottare per gli oppressi!”
Un testo “spiazzante che utilizza molte categorie di analisi del reale e della difficoltà, che è violenza, della rappresentazione delle donne attraverso categorie standardizzate e maschili (…) ma che offre proposte concrete sul superamento della situazione femminile, aprendo molte vie, una delle quali è l’affidamento tra donne.”
Nell’analisi del parte “Donna e chiesa” – intesa per chiesa cattolica ma estendibile alla cristianità – Gazzetta, definendosi “una credente”, rileva l’affermazione “bellissima e illuminante” sull’incompiutezza del messaggio cristiano finché ovunque, anche nella chiesa, non venga superata la subalternità femminile” e dell’accusa “…di avere ridotto Dio a un messaggio per il maschile, del maschile per il maschile”. Quasi una teologia femminista per Gazzetta che evidenzia come “…il mistero dell’incarnazione sia collegato all’incontro tra due donne, Maria ed Elisabetta, essendo l’incarnazione di natura divina, non appartenente a Giuseppe.”
Tra molti aspetti del libro, chi scrive ha scelto di sottolineare la parte rivoluzionaria sulla informazione femminista, su come realizzarla e con quali contenuti e modalità. Nel parlare della occupazione di un gruppo di giornaliste femministe del giornale “RAT”, il testo riporta un DECALOGO che invita tra l’altro a moltiplicare l’esperienza in altre testate; azzerare le gerarchie interne di potere; aprire un Ufficio Stampa che riporti la voce collettiva; rifiutarsi di farsi relegare in settori dell’informazione tradizionalmente “femminili” (moda, bellezza, cucina, salute, gossip) ma guardare al mondo a tutto tondo