Ingiustizia sociale in tempo di crisi
In nome della crisi il governo non ha trovato di meglio che taglieggiare i risparmi di coloro che, nella maggior parte dei casi, vengono etichettat* con l’assurdo termine di “clandestin*”, perché osano commettere un reato “immondo”: entrare e sostare nel nostro Paese privi di documenti di riconoscimento regolari. È questa l’ultima spregevole trovata del governo italiano, cui non importa di quale sudore grondino quei risparmi che si mandano a casa per aiutare i familiari, quali sevizie si subiscano pur di racimolarli, quanta disonestà e ipocrisia si celi dietro quel lavoro irregolare che spesso arricchisce chi invece – forte del mancato perseguimento nei confronti del sommerso – approfitta dell’impossibilità di questi uomini e donne di diventare cittadini.
Sconosciuti ai database della previdenza del Fisco, proprio perché impossibilitati ad accedere a una sospirata legalità, gli immigrati in Italia nel momento in cui cercheranno di far transitare fuori dai nostri confini i soldi messi da parte per aiutare chi non ha avuto “la fortuna” di poter emigrare si vedranno applicare la tassa del 2% su ogni transizione, con una soglia minima di tre euro.
La recente istituzione di questa “imposta di bollo” sulle rimesse all’estero degli stranieri dovrebbe regalarci (se si tiene conto che l’ammontare di tali rimesse è di 6,7 miliardi di euro l’anno) all’incirca 100 milioni di euro!
Questa decisione ci appare oltre che un atto di ingiustizia sociale l’ennesima misura discriminatoria e razzista che, tra l’altro, arriva in concomitanza del richiamo di Strasburgo al rispetto dei diritti umani da parte della nostra classe politica (in questo caso nei riguardi delle minoranze rom).
Nel rapporto stilato dal Commissariato del Consiglio d’Europa è presente questo passaggio: «Per l’Italia è arrivato il momento di sviluppare con vigore le disposizioni del codice penale relative ai reati di matrice razzista per arginare il continuo uso di slogan razzisti da parte dei politici». Una presa d’atto, questa dell’organo europeo, che non ha necessità di commenti e che, anzi, conferma (se mai ne sentissimo il bisogno) la nostra amara consapevolezza che “l’imposta di bollo” sia nient’altro che l’ennesima misura discriminatoria pensata da quella parte di governo che dell’intolleranza ha fatto la propria bandiera.
Lascia un commento