Il 23 novembre 2010, otto giorni dopo la conclusione della prima udienza del processo nei confronti di Nasrin Sotoudeh, l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto il rilascio dell’avvocatessa per i diritti umani. Arrestata arbitrariamente il 4 settembre 2010, Nasrin Sotoudeth è prigioniera di coscienza, detenuta a causa del suo lavoro di avvocatessa. Durante la prima udienza del 15 novembre, Nasrin Sotoudeh è stata accusata di aver agito contro la sicurezza nazionale, essersi riunita e aver complottato per danneggiare la sicurezza dello stato, di aver cooperato con un’organizzazione per i diritti umani, il Centro per i difensori dei diritti umani (Chrd), di cui Shirin Ebadi è cofondatrice.

Il 3 novembre i suoi bambini hanno detto di averla trovata in pessime condizioni, con 10 chili in meno, e con “faccia più nera”, come hanno definito i bambini il volto della loro madre. Hanno detto di aver pianto durante e dopo quell’incontro che, secondo un familiare di Nasrin Sotoudeh, è stato “uno dei peggiori (giorni)…della mia vita”.

Nasrin Sotoudeh potuto incontrare il marito, anche se in una sala affollata da funzionari. L’incontro è durato 15 minuti e Nasrin Sotoudeth è apparsa magra e fragile. Il 26 ottobre aveva messo fine a uno sciopero della fame durato un mese, e ripreso il 31 ottobre insieme a quello della sete. Durante la visita, il marito l’ha sollecitata a terminare lo sciopero della fame.

Il loro primo incontro era avvenuto cinque giorni prima quando, separati da un vetro, hanno potuto parlare a telefono nel carcere di Evin. Al marito, ad altri familiari e al responsabile dell’associazione Tehran Bar non è stato concesso di essere presenti in aula. L’udienza fissata per il 2 novembre è stata cancellata a causa dell’alto livello d’inquinamento a Teheran.

Nasrin Sotoudeh ha difeso molti imputati minorenni condannati a morte nonché il premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi e, prima del suo arresto, ha parlato apertamente dei limiti dell’amministrazione della giustizia in Iran. I tribunali iraniani calpestano sistematicamente gli standard internazionali per un equo processo.

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