Islam tra xenofobia e xenofilia
Mi ha molto colpito l’intervento di Lucia Annunziata a “Piazza pulita” (La7) di lunedì12 gennaio, perché ha sostenuto che quanto sta accadendo, dalla tragedia di Parigi alle guerre in Nigeria e nell’area tra Irak, Libia e Siria, non ha niente a che con la religione.
Un ragionamento diffuso e caro a una certa sinistra che non è mai riuscita a fare proprio il Marx degli scritti sul rapporto tra struttura e sovrastruttura, perlomeno.
Ci sono riduttivismi, o semplificazioni, tra gli xenofobi, ma anche tra gli xenofili.
Soltanto una questione di potere ha incalzato l’Annunziata. Già, come dire che il potere non riguarda la psiche umana, la psiche individuale.
Che cosa fece l’mperatore Costantino quando comprese che doveva fare i conti con la potenza del nuovo monoteismo che stava spiazzando il politeismo definitivamente? E cosa fece il cristianesimo fin dai primi secoli influenzando e inserendosi nel potere statale?
Le religioni fanno parte di una determinata civiltà e cultura, assorbendone i complessi normativi e valoriali e determinandone l’evoluzione.
L’Islam, ha scritto un antropologo, si veste di violenza politica quando gli uomini lo traducono in islamismo. L’islamismo attuale è supportato e finanziato dai grandi poteri economici del mondo arabo. Annunziata ha spiegato che non c’entra la religione, perché è tutta una questione di potere su una certa area geografica tra Arabia Saudita e Iran, soprattutto.
L’antropologo Antonello Ciccozzi (Il fatto quotidiano, 12 gennaio 2015) sostiene invece che si tratta dei grandi poteri economici del mondo arabo guidati da un filtro culturale secolare: l’odio antioccidentale di matrice postcoloniale.
E allora lasciamo stare le stupidaggini alla Matteo Salvini e dintorni che nel pianerottolo di casa rischiamo di interfacciarci con un pericoloso terrorista islamico; perché i musulmani sono oltre 1,7 miliardi, ma non sottovalutiamo che molti affinano continuamente una narrazione postcoloniale sul male commesso dall’Occidente. Non ci vogliono uccidere tutti/e, però ci detestano. A “Piazza pulita” hanno trasmesso un interessante servizio girato il venerdì dopo la strage di Parigi alla rivista di satira.
La prima parte del servizio si svolge all’interno della moschea di Milano mentre un imam che predica davanti a una massa ragguardevole di fedeli in preghiera. In lingua italiana dice che loro sono per la libertà di espressione e quindi non uccidono se qualcuno offende Allah o il Profeta con dei disegni. In alcune interviste subito dopo la musica cambia.
Per esempio, un autorevole esponente della moschea spiega che loro non possono accettare la satira contro Allah e il Profeta e che, quindi, gli autori si devono aspettare le conseguenze come quella che si è verificata a Parigi e prima in Svezia. Una tesi che ha attraversato altri interventi sul Web subito dopo i fatti parigini.
Scrive l’antropologo che la religione “funziona come un altare usato per sacralizzare, e quindi elevare alla massima potenza, un risentimento politico con cui il malcontento minuto e quotidiano per non trovare un posto nel mondo si sfoga su un capro espiatorio: l’Occidente. L’Occidente responsabile di tutte le nefandezze, razzista, sfruttatore, coloniale, imperialista, capitalista; con il suo potere che viene solo da una violenza storica; gli occidentali e il loro benessere visto come usurpazione avara imposta da una società decadente da “imbecilli viziati, senza spiritualità, senz’anima. (…) Chi ha esultato per i morti di Parigi, come chi esultò per Twin Towers, viene da quella cultura , da un innesto tra islamismo e odio antioccidentale di derivazione postcoloniale; ed è questo l’innesto che deve preoccupare, non l’Islam.”
Che poi continuamente si sente e si legge come esempio della decadenza dell’Occidente l’emancipazione delle donne (e la debolezza degli uomini che dalle donne si farebbero “mettere sotto”, è la dimostrazione che nelle culture e civiltà patriarcali di cui la religione è portavoce), le femmine sono simbolo, segno del potere in mani maschili e che tale dovrebbe restare. Pena la decadenza delle civiltà.
Nel sottofondo della mentalità degli immigrati musulmani posti ai margini delle nostre città europee, viaggia il bisogno di contrapporre l’innocenza del mondo islamico, “investito pertanto di una missione guida di redenzione dai mali commessi dal Nord del mondo”.
Ernesto Galli Della Loggia (Il Corriere della Sera, 11 gennaio 2015) ci ha ricordato l’articolo che Rossana Rossanda scrisse nei giorni seguenti al sequestro dell’on.Aldo Moro (28 marzo 1978) quando l’area di sinistra s’interrogava sulle Brigate Rosse, per comprendere a quale progetto e visione ideologica facessero riferimento.
In tutto questo, Rossana Rossanda è un’antica esponente comunista poi espulsa dal partito perché tra gli iniziatori dell’esperienza politica e giornalistica del Manifesto ebbe il coraggio di dire ciò che era sotto gli occhi di tutti ma che fino allora nessuno a sinistra aveva osato quasi neppure pensare. E ciò che per capire il linguaggio e l’ideologia delle Br non c’era da andare molto lontano: l’una e l’altra erano infatti quelli del comunismo degli Anni 50, ben scolpiti nella memoria di tutti. Le Br, insomma, non venivano dal nulla, non erano delle schegge impazzite chissà come di chissà che cosa. Erano all’opposto, una pagina dell’album di famiglia della Sinistra italiana: una pagina obsoleta quanto si vuole, fuori tempo, ferma ad analisi ormai superate, insostenibili quanto si vuole, ma che un tempo erano state condivise da moltissimi perché facevano parte di un patrimonio comune a moltissimi. Anche se questi ora preferivano dimenticarlo. L’articolo della Rossanda s’intitolava appunto “L’album di famiglia”. E naturalmente fece non poco scandalo.
All’Islam farebbe bene una Rossana Rossanda che riconoscesse l’Isis, i Boko Haram, gli shabab della Somalia, ecc. come “album di famiglia”.
Invece anche a “Piazza pulita” abbiamo ascoltato una giovane ragazza velata, consigliera del Pd in un comune, ripetere come un mantra che l’Islam è una religione di pace e, dunque, i terroristi, l’Isis e compagnia, non ne fanno parte.
Sarebbe bene chiedersi perché continuiamo, nelle scuole, nei consultori, nei partiti di sinistra, nei sindacati, nelle altre istituzioni, a sottovalutare la complessità della situazione dell’immigrazione musulmana: trovando come unica strada di opposizione agli xenofobi, i sofismi da xenofili.
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