ITALIA – L’utero in affitto non piace – il 94% non utilizzerebbe mai questa pratica, il 71% preferisce l’adozione. Un incontro a ROMA per decidere cosa fare
La rete femminista 1 ottobre (Se non ora quando libere, Rua, Udi, Arcilesbica nazionale, resistenza femminista…), che si è riunita la prima volta a Milano e della quale noi facciamo parte, ha commissionato un sondaggio sulla Gestazione per altri all’Istituto Ixè. Irisultati sono già stati commentati da alcuni articoli di stampa. La ricerca aveva lo scopo di saggiare la conoscenza da parte della gente della questione GPA.
La rete 1 ottobre ha così deciso un incontro a Roma per valutare i dati del sondaggio e per decidere come proseguire l’impegno contro la surrogata. L’incontro si svolgerà nelle giornate del 13/14 gennaio prossimo, presso la sede dell’associazione “Italia che verrà”, via Giovanni Battista Morgagni 32.
Ci auguriamo una importante presenza UDI, e chiediamo a quante decideranno di esserci, di darne comunicazione a UDI nazionale.
Sul Corriere.it Monica Ricci Sargentini riprende i dati della ricerca voluta e pagata dalle donne. I dati che sono emersi mettono in evidenza che la maggioranza delle persone chiamate ad esprimersi, pari al 71% , si dichiara contraria o molto incerta all’utero in affitto.
La maggioranza relativa degli italiani (48%) si dichiara assolutamente contraria a una legge che introduca e regolamenti la pratica in Italia in qualunque forma. Il 41% dei cittadini è a favore: il 23% di questi però la riterrebbe ammissibile unicamente se fosse assolutamente gratuita, caso che si è verificato sporadicamente, per esempio tra parenti, come assoluta eccezione ai contratti che sono la prassi nei 18 Paesi che, in modi diversi, hanno regolarizzato l’utero in affitto e da cui sono nati ormai decine di migliaia di bambini. Infine il 18% ammetterebbe la pratica in qualunque forma, anche a pagamento o con rimborso spese, cioè la surrogata commerciale o altruistica. In questo gruppo ci sono in misura maggiore uomini, 18-34enni, di scolarità superiore, residenti nel Centro Italia e nel Nordovest, orientati politicamente a sinistra. L’11% del campione, infine, non sa prendere una posizione in merito, in misura maggiore donne, persone con scolarità media e alta, di centrosinistra.
Sono soprattutto i contrari a ritenere l’utero in affitto una pratica disumana, un atto di compravendita e di mercato e di sfruttamento delle donne povere, mentre chi si dichiara favorevole motiva la sua posizione per lo più definendola un atto di generosità. Tuttavia anche una significativa parte dei favorevoli esprime preoccupazioni per la scarsa tutela del nascituro e i rischi per la salute della donna e del bambino.
Solo il 6% vi ricorrerebbe
Passando dalla teoria alla pratica: trovandosi nella condizione concreta di avere difficoltà a procreare, gli italiani ricorrerebbero all’utero in affitto? Ben il 94% risponde di no. Soltanto il 6% dei maggiorenni si servirebbe di una madre surrogata per avere un figlio, e solo il 4% a pagamento, mentre il 61% opterebbe per l’adozione (percentuale che sale al 71% fra i giovani) e il 24% alla fecondazione assistita. Un significativo 19% rinuncerebbe del tutto ad avere figli qualora non venissero naturalmente.
Inoltre grande parte dei favorevoli alla pratica dell’utero in affitto tende a limitarne l’accesso ad alcune categorie: le coppie eterosessuali, anzitutto quelle in età fertile ma sterili (70%) e in subordine quelle che hanno superato l’età fertile (30%). Solo il 12% del campione totale (ovvero il 33% dei favorevoli all’utero in affitto) ammetterebbe la pratica per le coppie gay.
La metà degli italiani, il 49%, ammette di essere poco o per niente informato sulla pratica mentre il 44% si ritiene abbastanza informato. Infine, l’ipotesi di uno sviluppo futuro dell’utero artificiale: prospettiva giudicata negativamente dal 59% degli italiani, è vista come un possibile progresso per l’umanità e per le donne solo dal 28% del campione.
Sui risultati del sondaggio Francesca Izzo, di Se Non Ora Quando Libere, si dichiara soddisfatta: «Visto che il discorso pubblico era molto orientato a favore abbiamo pensato di sondare l’opinione degli italiani e i dati mostrano una lontananza dalla narrazione dominante». Per Marina Terragni, che ha voluto fortemente il sondaggio, «abbiamo finalmente dati certi su cui ragionare. Che esprimono con chiarezza la contrarietà degli italiani al mercato dei bambini».