La conferenza DeGenero
Il 22 maggio scorso a Casa America Catalunya si è tenuta la conferenza-teatro Degenero, organizzata da diversificate realtà provenienti da vari gruppi politici: Corrente Alternata, Diáspora Solidaria (Barcellona e Amsterdam) e Framtid Solutions, incaricata di coordinare il progetto.
La convergenza fra queste organizzazioni è nata attorno a una causa comune: il bisogno di parlare da una prospettiva di genere, a livello locale e internazionale, di lavoro, disuguaglianze e precarietà. Parlarne per avvicinare la pratica alla teoria e viceversa, in modo che la nostra vita di donne (e uomini) precari possa trovare un quadro di analisi su cui “appoggiarsi” per capire il contesto più ampio in cui ci muoviamo .
La conferenza è stata organizzata anche con lo scopo di collegare problemi che spesso si presentano separati: il cambiamento del modello di lavoro, la precarizzazione delle condizioni lavorative, la necessità di cura delle persone e l’urgenza di sopravvivenza in un mercato del lavoro che lascia senza occupazione una persona su quattro.
Abbiamo contato sulla presenza di relatrici di altissimo livello: Sara Moreno, professoressa di sociologia presso l’Università Autonoma di Barcellona, Arlene Cruz, avvocatessa del lavoro e attivista nella Diáspora di Solidaria e Annalisa Murgia, docente e ricercatrice presso l’Università di Trento.
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Ci ha sedotto la possibilità di narrare la realtà confrontandola con la teoria e, sperimentado una pratica cara al femminismo, abbiamo deciso di leggere durante la conferenza storie di giovani donne che ci avevano fatto arrivare le loro storie. Le letture di Ana Alarcón e Stefania Azzarello sono state divertenti ed emozionanti ed hanno dato vita a un “ponte” fra elementi artistici e contenuti teorici.
Ecco qui il video di Stefania, attivista di Corrente Alternata:
Grazie al sostegno dell’Institut Català de les Dones e alcuni enti privati che hanno scelto di sostenere il nostro progetto, siamo state in grado, nelle due ore di intenso dibattito, di raccogliere un pubblico ampio e diversificato.
Le relatrici ci hanno aiutato a percorrere e a esplorare i molti elementi importanti che sono stati trattati.
“Quando appare la crisi economica, mette da una parte la crisi ambientale e della cura, ricevendo molta più attenzione”
Inizialmente la Prof.ssa Sara Moreno ha contestualizzato il momento di crisi che stiamo vivendo, ponendo alcune domande chiave: Di che crisi stiamo parlando? Quali sono le sue cause e le sue conseguenze? Quali risposte si stanno dando? (clicca qui per vedere il video di sintesi di questo documento).
Il bisogno di chiederci “quale crisi” è stato posta considerando le circostanze attuali, visto che da tempo stiamo vivendo delle costanti difficoltà che non hanno, purtroppo, attirato tanto l’attenzione quanto la crisi economica e finanziaria stanno invece facendo. Stiamo parlando della crisi della cura e della crisi ambientale, crisi strutturali la cui esistenza ha permesso, finora, la sopravvivenza del sistema capitalista. Quindi, quando si parla di crisi dobbiamo considerare che ci sono molteplici crisi e non solo una, come spesso ci vogliono far credere; e che alcune di queste crisi sono da sempre diffusamente, a livello europeo, rese invisibili, e in pericolo di esserlo sempre di più.
La logica produttiva che fino a ora ha fatto “funzionare” le cose è la stessa che adesso ne causa il suo declino. E’ la stessa logica che “funzionava” basandosi sullo sfruttamento delle risorse naturali e del lavoro di cura – soprattutto – delle donne. Sara Moreno ha indicato che “la crisi non ha sesso, ma ha in realtà un genere”, dichiarando che non sono gli uomini che hanno causato la crisi e le donne che ne sono le vittime, bensì che è la logica maschile della produttività che ha causato il moltiplicarsi di situazioni “femminilizzate”. Le conseguenze di questa crisi è che gli uomini stanno soffrendo la “femminilizzazione” delle loro condizioni di lavoro: guadagnano sempre meno (per questo diminuisce il gap salariale) e lavorano in condizioni precarie. E nonostante i tentativi di manipolare le statistiche, tutto ciò non significa che le disuguaglianze siano in diminuzione ma che la situazione generale sta peggiorando.
Le donne sono particolarmente colpite: a causa dei tagli alla sanità e all’istruzione, per esempio, con tutto ciò che questo comporta in termini di distruzione di posti di lavoro e di aggravio di responsabilità di cura per le donne. A questo proposito si presentarono alcuni esempi pratici: chi si prende cura delle persone malate quando sono dimesse in anticipo dall’ospedale dopo un’operazione? Chi deve conciliare o rinunciare a lavorare quando si rifiutano numerosi aiuti per i pasti scolastici? Nella maggior parte dei casi, le donne.
Le conclusioni di Moreno ci hanno portato a riflettere sulle possibili risposte alla crisi. Da una prospettiva di genere, Sara Moreno ha sottolineato il fatto che è in aumento la divisione sessuale del lavoro, come risposta alle esigenze di servizi precedentemente forniti dallo Stato e che attualmente ricadono sulle famiglie. Tuttavia, alcune situazioni possono aprire un varco che si colloca nel mettere in discussione e nel ripensare le relazioni di genere: gli uomini disoccupati o pre-pensionati che improvvisamente si ritrovano a casa e devono prendersi cura dei loro figli e figlie, nipoti… possono rappresentare un’opportunità di cambiamento dei ruoli stereotipati fra i generi? E le persone giovani, che cercano sempre di più di organizzare il lavoro domestico e di cura in modo equitativo, possono rappresentare una speranza per un futuro diverso?
“Stanno incoraggiando le donne a ripetere e a mantenere il ruolo di custode della casa”
L’avvocatessa Arlene Cruz ci ha aiutato a chiarire le tendenze generali delle recenti riforme del mercato del lavoro in Spagna, facendo luce sul presunto obiettivo di fondo di “promuovere il lavoro dei giovani e delle donne”. Alcune di queste misure, come l’aumento da tre mesi a un anno del periodo di prova o le facilitazioni date ai licenziamenti, vanno contro la tutela del lavoro in modo evidente. Tuttavia, come ha sottolineato nel suo intervento, alcune di queste misure sembrano, da una parte, promuovere l’occupazione ma, se viste da vicino, risulta chiaro che portano in realtà a una maggiore precarietà. Ad esempio, i vantaggi dati alle aziende per assumere part-time i giovani, a livello pratico spesso si traducono in un contratto part-time che nasconde una giornata di lavoro a tempo pieno. (Clicca qui per la video sintesi del suo discorso)
Per quanto riguarda l’occupazione femminile, gli incentivi ai contratti part-time contenuti in queste riforme con l’obiettivo di “conciliare lavoro e vita familiare”, rafforzano l’idea che siano le donne coloro che devono conciliare, visto che cade su di loro il ruolo di caregiver. In effetti, questo tipo di contratto è prevalentemente femminile. Tanto che la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha recentemente considerato discriminatorio il sistema di calcolo dei contributi dei contratti part-time, considerato che ha delle conseguenze negative sul pensionamento delle persone che hanno questo tipo di contratto e che in Europa sono per l’80 % donne .
Un altro tema importante nel mondo del lavoro è legato alla situazione delle lavoratrici domestiche, che rappresentano una delle figure più precarie. Dal 2012 le lavoratrici domestiche sono parte del Regime Generale della Sicurezza Sociale, acquisendo così alcuni diritti che prima non avevano come, per esempio, un salario minimo e in contanti (non includendo gli sconti per l’alloggio, il vitto, ecc.). Tuttavia, pur essendo adesso parte del regime generale, non hanno diritto a godere di tutti i diritti di cui dovrebbero essere titolari, tra i quali il diritto al sussidio di disoccupazione. Inoltre, da aprile di quest’anno, le lavoratrici domestiche sono nuovamente tenute a pagare i contributi previdenziali (invece che i datori e datrici di lavoro). Come indicato dall’avvocatessa Arlene Cruz, l’impressione è che stiano “giocando” con le persone, sperimentando e modificando le regole a seconda dei suoi risultati, in un settore tra i più precaria e vulnerabile.
“Il lavoro precario in Italia ha un sesso: colpisce più donne che uomini”
“Il modello di lavoro è cambiato profondamente”. Così la sociologa Annalisa Murgia ha chiarito, sin dall’inizio del suo discorso, i cambiamenti che hanno travolto il vecchio modello. Quel modello basato sulla stabilità dei rapporti di lavoro e un lavoro fisso nella stessa azienda per tutta la vita. Un modello in cui il lavoro rappresentava la porta d’ingresso ai diritti sociali. (Clicca qui per la video sintesi del suo discorso).
Mentre il modello del lavoro sta cambiando profondamente, rimane quasi invariata la rigida divisione sessuale del lavoro che ne è la base, e che mette al centro di ciò che si considera produttivo il “male breadwinner“. Ora come prima le disuguaglianze di genere persistono (segregazione verticale e orizzontale, divario salariale, ecc.), essendo l’Italia il paese con il più basso tasso di occupazione femminile in Europa (secondo solo a Malta) e con un onere delle responsabilità domestiche che ricade per un 80% sulle donne.
Al tempo del lavoro precario e del cambio di modello, il volto della precarietà continua ad essere un volto di donna. In Italia le donne rappresentano la metà delle persone con un contratto a termine, nonostante non rappresentino la metà della forza lavoro. E questi dati sono accentuati quando si analizza la fascia di età tra i 25 e i 34 anni, che è anche un’età cruciale per alcune decisioni tali come rendersi indipendenti, scegliere se essere madre, avviare e sostenere un percorso professionale.
Dopo un quadro generale della situazione italiana, diversa, ma per molti versi simile a quella spagnola, Annalisa Murgia ci ha presentato alcuni brani tratti da interviste condotte nell’ambito di un’indagine comparativa tra Inghilterra, Spagna e Italia sulla precarietà lavorativa delle persone giovani con un titolo universitario. Leggere le interviste ci ha catapultato nella realtà della precarietà quotidiana che ruota attorno all’instabilità, la temporalità, la mancanza di diritti e la “trappola passione” che ti fa accettare condizioni di lavoro umilianti a cambio di lavorare nel settore per cui si è studiato, non riuscendo a costruire dei percorsi di lavoro minimamente coerenti e lineari.
“Il lavoro temporaneo è ciò che logora e stanca davvero . ( … ) Non c’è tempo di andare oltre i tuoi compiti specifici. Pertanto non può imparare niente. Fai il tuo lavoro e questo è tutto.” [Spagna , donna, 32 ]
“L’essere laureata e qualificata e con un curriculum con su 500 corsi… è un aggravante. Sei peggio. Sei peggio di chiunque altro. Perché comunque il lavoro che ti possono offrire è un lavoro con mansioni più basse.” [Italia, donna, 34]
“A mio parere , sembra che il governo non si preoccupi dell’economia sommersa. Ho trascorso più di due anni in uno studio legale senza un contratto. E non ho mai visto un’ispezione del lavoro. È una situazione molto diffusa tra i giovani avvocati.” [Spagna , donna , 30 ]
Interviste che parlano della difficoltà di prendere decisioni a lungo termine, come ad esempio la maternità. Difficoltà che tracciano una marcata differenza tra il tasso di fertilità delle donne con contratti a tempo indeterminato e quelle con un contratto precario.
“Non ho mai pensato di avere figli perché non riesco a immaginarmelo nella mia situazione attuale. Non so nemmeno dove sarò nei prossimi tre mesi.” [Spagna, donna, 32 ]
E … l’assenza di politiche pubbliche per attutire questa precarietà …
“Le cose che ti posso citare sono sicuramente la previdenza, perché la pensione non ce l’avremo mai.. ci comincio a pensare. La malattia, perché se ti ammali non lavori più, la maternità, perché non ho figli, ma anche volendo sarebbe impossibile… E poi, problema che ho già vissuto varie volte, il reddito… nel senso che quello che mi serve è un sostegno al reddito.” [Italia, donna, 34]
Ecco qui il video dell’intervento di Annalisa Murgia che parla della situazione italiana.
(Realizzazione dei sottotitoli da parte di Nomade Servizi Linguistici. http://www.nomadeservizilinguistici.it)
Guardando al futuro
Quali soluzioni, quali strategie possiamo immaginare? Le domande alla fine della discussione si sono incentrate sulla visione del futuro: in questa situazione, cosa possiamo fare? Superare l’individualismo e realizzare progetti collettivi (sia del lavoro che in altri settori ) è stata una delle risposte. Unire le forze e considerare che il triangolo (stato, famiglia, società) deve diventare un quadrato, aggiungendo la “comunità” tra i pilastri che ci permettono di andare avanti. Per contrastare un sistema che ci spinge verso la logica del “si salvi chi può”.
L’interesse che ha suscitato questa iniziativa ci spinge a voler continuare a parlare di lavoro e di precarietà, con particolare attenzione ai giovani e con una prospettiva di genere, elementi essenziali per la comprensione dei fenomeni attuali.
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