La contaminazione in molte culture è legata al corpo femminile
Un’associazione animalista e ambientalista, ha proposto di portare alunni e alunne delle scuole pubbliche, a visitare delle fattorie che ospitano vari tipi di animali. Un gruppo di donne musulmane, pare abbia presentato immediatamente la richiesta di esentare i propri figli/e dalle visite, perché rischierebbero di toccare cani e maiali che sono animali impuri.
Nelle famiglie musulmane immigrate i bambini e le bambine vengono iniziati a fare molta attenzione al cibo quando devono frequentare case non musulmane, leggendo anche le etichette per verificare se gli alimenti non contengono dosi di grassi provenienti da animali impuri.
Le prescrizioni dettagliate rispetto al cibo e all’abbigliamento, hanno una funzione socio-religiosa finalizzata all’affermazione della coesione sociale . Il sociologo Durkheim lo ha chiarito bene nei suoi studi sulle religioni. Ora,La questione binaria del puro/impuro, contaminato e non, sacro e profano, determina la costituzione delle proibizioni che costruiscono i confini o, in altri termini, l’affermazione della coesione sociale.
Chi osserva, o fa osservare, quelle proibizioni, fa parte parte della comunità. Poco importa se poi entra in un supermercato e acquista vino o birra, per uso personale.
La purezza –come sostiene M.Douglas- coincide con la nozione di ordine. L’impurità e il pericolo del contagio sono in relazione alla paura del disordine. Ogni cosa, ogni elemento deve stare al posto assegnato dalla legge divina, scritta nei libri sacri della rivelazione. Si inizia sempre dagli animali impuri per poi arrivare alle impurità corporali umane.
C’è scritto nel Deuteronomio (Antico Testamento): “…non mangiare il sangue, poiché il sangue è la vita, e non mangerai la vita con la carne” (12,33). Deuteronomio 14,3 fornisce l’elenco di quali sono gli animali impuri di cui non cibarsi, pena l’eliminazione dal popolo eletto.
Le impurità corporali prima di tutto riguardano il corpo femminile, il cui sangue fuoriesce mensilmente . Quello delle donne è un corpo metafora della società, del suo oscillare tra ordine e disordine. O, altrimenti, è una struttura comunitaria in piccolo, perché i confini e i processi fisiologici richiamano l’organizzazione sociale.
Come dire che il problema della contaminazione in molte culture è legata al corpo femminile. Perché tutto ciò che esce dal fisico è impuro in quanto ha oltrepassato i confini.
Le donne rappresentano il timore di perdere i confini identitari.
Levitico (Antico Testamento) prescrive che una donna, dopo il parto, avendo perso sangue, è impura e dovrà sottomettersi ai riti di purificazione (12,1 e seg.). Levitico 15,19 e seg.: “Una donna che ha flusso di sangue , cioè il flusso nel suo corpo, resterà settegiorni nell’impurità delle sue regole; chiunque la tocca è impuro fino a sera; qualunque cosa su cui si sdrai durante le sue regole è impura e qualunque cosa su cui si sieda è impura; chiunque tocchi il suo giaciglio sciacqui le sue vesti; si lavi e resterà impuro fino a sera..”.
Nel Nuovo Testamento, viene superata l’opposizione puro/impuro come si evince dall’episodio della donna che perdeva sangue (Marco, 5/25): Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi mi ha toccato il mantello?”. I discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?”. Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Gesù rispose: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male.”
L’Islam invece, nel 600 dopo Cristo, reintroduce le leggi di purità.
La purezza diventa ordine, l’impurità è sinonimo di disordine. L’Islam ha mantenuto l’equivalenza tra la legge divina e la legge statale, frenando ogni possibile critica laica ,storica e umana della religione.
Per esempio, in un gruppo di discussione su Facebook, viene postata una critica rispetto alla posizione della donna nell’Islam. Prontamente arrivano le risposte di musulmani emigrati . Hasan scrive: “ La donna per la religione è come un orologio molto carino e bello e non possiamo tenerlo scoperto in giro perché se no te lo rubano…”.
Mohamed: “la donna nella religione islamica è come un tesoro, si protegge da sé dalla malignità e invidia dei perversi e non vuole essere oggetto di perversione come lo sono la maggior parte delle donne che espongono il loro corpo. La donna musulmana , anche la più bella del mondo passerebbe inosservata davanti alla perversione degli uomini. Ella è libera dagli uomini. Ella è libera con un libero arbitrio , più di quello dell’uomo perché detiene in famiglia un potere spesso più largo di quello dell’uomo.”
Un orologio o un tesoro, sono oggetti, cose possedute ed esposte in modo da non potere esser soggette a furti. Scrive il filosofo Roberto Esposito (Le persone e le cose,ed.Einaudi, 2014) ;”La cosa in quanto tale risulta irragiungibile dal punto di vista della sua oggettivazione.” Nel Medioevo la cosa è intesa come ens creatum, frutto della creazione divina, successivamente come ciò che è rappresentata o prodotta dall’uomo.
Nella modernità si accentua il concetto dell’oggetto che non può esistere fuori dalla potenza ideativa del soggetto. La donna tesoro o orologio non ha vita propria, una propria definizione: perchè la cosa “è innanzitutto ciò che essa è, quanto ciò che qualcuno ha. Un possesso su cui nessun altro può avanzare pretese.” (Esposito)
Le donne musulmane non sono come le altre, le Occidentali, che non passano inosservate, anzi: esibendo il loro corpo , il loro capo non velato provocano gli uomini non di famiglia a desiderare di possederle. Il corpo esibito delle donne occidentali contrasta, conferma la struttura di società fondate sul riconoscimento dei diritti individuali. Sparisce il simbolismo della donna onore della famiglia, onore della comunità. E indebolisce il potere degli uomini.
Su Facebook la diatriba continua perché viene postata un’informazione: ci sono donne musulmane studiose, teologhe, che fanno riferimento al Gender Jihad e contestano le letture dell’islam a sfavore delle donne. Fouad ha una reazione violenta: accusa di attacco all’Islam, di odio all’islam e mette in dubbio l’islamicità delle studiose.
Il Jihad di genere si fa carico, soprattutto là dove fiorisce e opera, cioè nei paesi arabi, di una lettura interpretativa dei testi sacri all’Islam, proprio per superare la visione che incolla la donna nel ruolo di depositaria dell’onore dell’uomo e della famiglia.
Si può dire che è una corrente in forte polemica con l’Islam tradizionale, ponendosi in una prospettiva di genere rispetto alla lettura dei testi, per riaffermare l’uguaglianza come messaggio originario dell’Islam contro la tradizione patriarcale.
Il femminismo musulmano utilizza lo strumento del Ijtihad, l’interpretazione del Corano che l’islam consente quando si è davanti a un testo con pluralità di possibili significati.
Ma nello stato dell’emigrazione che presa hanno le femministe musulmane del Gender Jihad?
Le giovani donne di “seconda generazione” pakistane, marocchine, tunisine , egiziane, nigeriane ecc. , pur in possesso di un’istruzione buona, come possono aderire a una prospettiva che sottrarrebbe il loro corpo dalla funzione di simbolo della coesione comunitaria/identitaria fondamentale per effettuare un’integrazione in grado di salvare anche le differenze?
Tanto più che spesso chi opera nel settore dell’integrazione degli stranieri , vuole apparire favorevole e rispettoso della cultura musulmana come viene proposta nei centri culturali islamici e nelle moschee, senza conoscerla in profondità.
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