La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.

Nella risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999 viene precisato che si intende per violenza contro le donne “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha scelto il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della nonviolenza e del rispetto delle donne.

Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa).  Quel giorno le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, e poi gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

Le sorelle Mirabal (da Wikipedia commons)

Nel 1981, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, in memoria delle sorelle Mirabal.

Nel 1993 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione per l’eliminazione della violenza contro le donne ufficializzando la data.

La violenza contro le donne è ritenuta una manifestazione delle “relazioni di potere storicamente ineguali” fra i sessi, uno dei “meccanismi sociali cruciali” di dominio e discriminazione con cui le donne vengono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini per impedirne il loro avanzamento.

Nel mondo solo 119 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sul ‘sexual harrassment’ (le molestie a sfondo sessuale).

Sebbene ci siano stati notevoli progressi nelle politiche nazionali volte a ridurre la violenza sulle donne, molto rimane ancora da fare. La violenza, influendo negativamente sui risultati scolastici delle donne, sulle loro capacità di successo lavorativo e sulla loro vita pubblica, allontana progressivamente le società dal conseguimento di dell’obiettivo dell’uguaglianza di genere.

Con la Legge n. 107 di luglio 2015, è stata introdotta la previsione dell’educazione alla parità tra i sessi nelle scuole di ogni ordine e grado. E’ per questo che  è necessario prima di tutto, promuovere nei programmi scolastici l’educazione alle relazioni non discriminatorie e il rispetto delle differenze di genere.

Uno studio globale sugli omicidi di donne correlati al genere (o “femminicidi”) pubblicato nel 2019 dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODOC) sulla base delle statistiche degli omicidi fornite dalle diverse nazioni, ha rilevato che a livello globale le vittime degli omicidi compiuti all’interno della famiglia sono per il 64% di sesso femminile; l’82% se a compiere l’omicidio è il partner.

La Convenzione di Istanbul è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante a tutela delle donne contro la violenza, di qualsiasi forma. L’applicabilità della Convenzione è prevista sia in tempo di pace, sia nelle situazioni di conflitto armato, circostanza che da sempre rappresenta un momento di feroci violenze sulle donne.

La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica ha compiuto 12 anni l’11 maggio 2023. É entrata in vigore il 1° agosto 2014, ratificata solo da dieci Stati. La Convenzione del Consiglio d’Europa è stata approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul. Firmata dall’Unione europea il 13 giugno 2017 è poi rimasta in sospeso fino alla scorsa primavera per l’opposizione di sei Stati. Poi nel 2023 l’Unione europea ha concluso il percorso di adesione alla Convenzione e l’ha ratificata senza l’unanimità, cosa che non impedisce al trattato di vincolare tutti i Paesi membri. L’Unione europea ha aderito alla convenzione di Istanbul il 1º ottobre 2023.

Esistono vari tipi e vari gradi di violenza prendiamo in esame le omissioni, la violenza verbale, la violenza psicologica e quella fisica.

Omissione deriva dal latino. Si verifica una omissione ogni volta in cui si evita di dire, si tralascia, con intenzione, qualcosa. Per decenni il contributo delle donne alla Resistenza non è mai stato riconosciuto al punto che si è creato un nome per questa omissione: si parla di “Resistenza taciuta”. Le donne furono talmente tante da essere fondamentali per la lotta partigiana e la Resistenza può essere considerata un momento cruciale per le donne italiane, perchè rappresenta la loro entrata nella storia del paese: per la prima volta le donne italiane non rimasero a guardare ma uscirono di casa e parteciparono attivamente alla guerra di Liberazione, a volte anche col mitra in mano.

Le omissioni però continuano ad esserci, per esempio sui libri di scuola. Pochissime sono le donne nei libri di geografia, scienze, storia, tecnologia. Nei libri di arte non è citata Artemisia Gentileschi, che oggi conosciamo tutti. Eppure ci sono state donne importanti in tutti i campi. Ci sono state filosofe come Ipazia di Alessandria, donne medico come Trottula de Ruggero della Scuola Salernitana che esercitò, insegnò e ci lasciò due importanti trattati di ginecologia, ci sono state donne che hanno collaborato attivamente durante il Risorgimento a realizzare l’unità del nostro paese come Jessie White, che seguì Garibaldi in tutte le sue spedizioni e, da giornalista, denunciò le vergogne della nuova Italia unita cioè le terribili condizioni di povertà e ignoranza delle periferie del nostro paese. Ci furono esploratrici, fra cui Amelia Earhart è forse la più famosa, oltre a Marie Curie, Margherita Hack e Rita Levi Montalcini, ci furono inventrici e scienziate. Ci sono nomi di donne dietro alle seguenti invenzioni che cambiarono il mondo: lavastoviglie, calorifero, macchina del gelato, il tergicristallo dell’auto, il gioco del Monopoli, la scala antiincendio, la siringa sterile, il primo programma per computer, la prima abitazione riscaldata a energia solare.

Poi esiste la violenza verbale. L’ uso del maschile anche quando e dove è presente il corretto sostantivo femminile. Tuttora si sente e si legge la parola “capofamiglia” mentre sono più di 40 anni che il capofamiglia non esiste più: con la riforma del diritto di famiglia del 1975 non esistono più né la patria potestà né la potestà maritale e i coniugi all’interno della famiglia hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Una grave violenza legata al linguaggio è anche parlare di Padri Costituenti. La “Commissione dei 75” che ebbe l’incarico di elaborare il progetto della nostra Costituzione, definita il frutto più maturo della Resistenza, fu formata anche da cinque donne, che si occuparono soprattutto di diritto di famiglia, del problema dei figli illegittimi. A una di loro, Teresa Noce Longo, fondatrice del giornale “Noi donne”, partigiana, arrestata e deportata nel campo di Ravensbruck, si devono le parole dell’articolo 3: Tutti i cittadini (…) sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, con le quali veniva posta la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomo e donna.

Esiste la violenza psicologica. La Commissione Giustizia della Camera, il 3 dicembre 2008, dopo un iter particolarmente lungo approva il disegno di legge Introduzione nell’ordinamento del delitto di molestie insistenti, vale a dire lo “stalking”. Le condotte tipiche dello stalking configurano il reato di “atti persecutori”  introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009.

Violenza fisica. La parola Femminicidio è un neologismo del 2008 e indica l’uccisione di una donna in quanto donna. Non è un fatto emergenziale, si verifica a tutte le età, a tutte le latitudini e in tutti i ceti sociali. In Italia ogni due giorni e mezzo si verifica un femminicidio e nel 70% dei casi a commetterlo è un partner o un ex partner della vittima. Le donne molestate o stuprate devono sempre difendersi, giustificarsi per come erano vestite, stare alla larga dagli sconosciuti e uscire in gruppo, non sostare in luoghi poco illuminati o poco frequentati perchè altrimenti un pò se la cercano. Asia Argento, a differenza delle altre circa 80 donne stuprate dal produttore americano Harvey Weinstein, che hanno avuto appoggio e comprensione e sostegno nei loro paesi, ha dichiarato di voler andare via dall’ Italia perché qui è stata messa alla gogna. Il 26 aprile 1979 alle 22 la RAI mandò in onda il primo documentario su un processo per stupro, che fu seguito da circa tre milioni di telespettatori. Il titolo era proprio: Processo per stupro.  Fu un evento storico, in cui per la prima volta il pubblico si rese conto, di come gli avvocati degli uomini accusati di violenza potessero essere a loro volta altrettanto brutali con la vittima. Anche oggi, come nel 1979, ogni processo per stupro spesso è un processo, prima di tutti, alla donna.

Ecco uno stralcio della arringa dell’avvocatessa Tina Lagostena Bassi: “Presidente, Giudici, … noi donne presenti in aula chiediamo giustizia. Non vi chiediamo una condanna severa, pesante, esemplare, non c’interessa la condanna. Noi vogliamo che in questa aula ci sia resa giustizia, ed è una cosa diversa. […] Vi assicuro, questo è l’ennesimo processo che io faccio, ed è come al solito la solita difesa che io sento. Io mi auguro di avere la forza di sentirli, non sempre ce l’ho, lo confesso, la forza di sentirli, e di non dovermi vergognare, come donna e come avvocato, per la toga che tutti insieme portiamo. Perché nessuno di noi avvocati si sognerebbe d’impostare una difesa per rapina come s’imposta un processo per violenza carnale. Nessuno degli avvocati direbbe che il gioielliere ha un passato poco chiaro, che forse ha commesso reati di ricettazione, che è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse! Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto. […] Ed allora io mi chiedo, perché se l’oggetto del reato è una donna, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna. La vera imputata è la donna. Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, senza bisogno di difensori. Io non sono il difensore della donna. Io sono l’accusatore di un certo modo di fare processi per violenza.”