Riceviamo tramite la mailing-list lidiamenapace questo articolo, pubblicato su Liberazione del 23 giugno 2009, che vuole “sottolineare ciò che dovrebbe essere visibile a tutti, e cioè la straordinaria presenza delle donne di qualsiasi età nel movimento iraniano”.
[…] Questa decisione smuove dentro di me ricordi che cominciano da lontano. La prima immagine è quella della allora {{giovane figlia di Rafsanjani in visita a Roma,}} che chiede di incontrare le femministe romane: veniamo invitate all’ambasciata dell’Iran e decidiamo di andarci tutte a capo scoperto e braccia nude (era estate). L’ambasciata ci accoglie con l’aria condizionata al massimo, sicchè corriamo a tirar fuori dalle borse tutti gli scialletti le sciarpe i foulard che abbiamo, e si comincia, capendo che tra popoli antichi l’esercizio della allusione è comune. {{La giovane iraniana}} è vestita di un abito beige accollato, maniche lunghe, calze di cotone bianco e {{sembra una monachina}}, ha in capo una specie di copricapo da suora: a proposito come fanno in Francia con le suore cattoliche? debbono fare a meno del velo? e perchè la chiesa sta zitta?

Appena incomincia a parlare appare molto colta anche di cultura italiana, libera, capace politicamente e capiamo che {{per il corpo delle donne il vestiario è simbolicamente fortissimo, e quando viene trasformato dal corpo-mente della donna che lo abita, questo è un successo ancora più grand}}e. Comunque con lei è una conversazione molto bella, di vera rapida relazione tra noi. Chiediamo di una giovane adultera lapidata e ci dice che su pressione delle donne il giudice che ha emesso la barbara sentenza è stato cacciato ecc. A un certo punto chiediamo se il velo è d’obbligo per il Corano e improvvisamente da una stanza appresso esce{{ un giovane che dice essere lui autorizzato a rispondere su materia religiosa}}. E’ un giovane bellissimo, {{ un bello impossibile}}, sembra la canzone della Nannini. Dice che il corpo della donna deve essere tenuto coperto perchè provoca eccitazione e ciò deve essere riservato al solo marito. Restiamo incredule che una cosa così si possa ufficialmente sostenere. Ma, a proposito di eccitazione, qualcuna tra noi comincia ad ammiccare: in fin dei conti il bello impossibile è abbastanza eccitante e allora incominciamo a dirgli che i suoi occhi eccitano e soprattutto il bel collo bianco muscoloso e nudo che esce dal colletto della camicia: il povero scappa!

{{ Anni dopo a Pechino}} nei vari incontri tra delegazioni, l’Udi, di cui faccio parte, incontra donne islamiche e discutiamo un po’ fra noi su come debbono essere valutate le varie delegazioni dei paesi islamici. Le delegazioni degli Emirati vengono dette “Ong dei governi” dalle libere donne islamiche di altre delegazioni. E ci dicono che sotto gli abiti neri e le mascherine a tutto volto hanno macchine fotografiche che cavano fuori appena vedono una donna dai tratti mediorientali a capo scoperto. Sicchè da allora tutte noi appena vediamo una donna tutta velata ci mettiamo davanti a quelle che vuole fotografare: debbono esserci un tot di mie foto nei loro archivi.

E a questo punto non posso non ricordare{{ la donna iraniana esule a Parigi}} (a tutt’oggi una folta colonia di esuli politici iraniani sono a Parigi e li rappresenta e dirige una donna) che narra la sua storia. Era studente all’università di Teheran quando cadde lo Schah Reza Pahlevì e per esprimersi contro la occidentalizzazione forzata che egli aveva imposto anche vietando il velo, se lo era appunto rimesso in capo. Appena torna a casa, sua madre che la vede velata scoppia a piangere e le dice: “tu non sai che cosa c’è, che cosa c’era sotto il velo!” e madre e figlia si raccontano molte complicate cose su come il progresso economico tecnico sociale possa legarsi anche al più tremendo regresso culturale e religioso.

E se veniamo al movimento odierno è stato quasi simbolicamente rappresentato dalla campagna elettorale durante la quale il primo avversario di Ahmadinejad fa comizi e viaggi insieme alla moglie che dicono anche sua ispiratrice politica. E mentre vado ad Adria per un ultimo comizio per il ballottaggio viene a prendermi alla stazione una compagna iraniana che sta lì e che con altri immigrati e immigrate forniti di cittadinanza hanno sostenuto la nostra lista fino dal primo turno. Considero ciò un grande titolo di gloria. La compagna iraniana spera per il suo paese, parla, è contenta.

E {{le immagini che ci arrivano sono un vero trionfo di ragazze a capo scoperto, di giovani donne ridenti e disinvolte col velo, di donne mature più caute e con abiti più tradizional}}i: ma è del tutto evidente che le donne sono uno dei punti più importanti sui quali si gioca la partita. E quando sugli schermi compare il volto della figlia di Rafsanjani scarcerata dopo essere stata presa durante i “disordini”; e poi l’avvocata esule premio Nobel per i diritti civili, sentiamo donne col velo magari, ma che sanno bene quali sono i diritti e citano testi di legge e denunciano le illegalità.{{ Mentre sulla piazza i ragazzi del movimento si chinano sgomenti e commossi sul corpo della loro giovanissima compagna uccisa.
}}

Viene fuori {{una lotta grandiosa per la liberazione gestita insieme tra donne molto diverse tra loro}}. E da tutto il popolo giovane e consapevole. Lasciare che possa spegnersi o che venga violentemente spenta una tale primavera politica del mondo sarebbe un vero crimine: è dovere di chiunque gridare che non si possono reprimere diritti fondamentali , un simile bisogno di libertà e cammino di liberazione, quando appaiono: forse gli avversari di Ahmadinejad sono “riformisti”, ma le donne e i giovani studenti sono una vera rivoluzione e il dubbio, l’imbarazzo, la scorretta fretta dei capi islamici con ammicchi tra loro significano la paura di un patriarcato molto potente e reazionario cui vengono meno argomenti.

Si capisce o no che {{non si tratta di vedere se Obama ce la fa o se ce la fa l’Inghilterra, secondo logiche imperial}}{{i}}? e se Obama non farebbe bene a diffidare di troppo zelanti e servili alleati? se bisogna criticare l’invito dell’Iran a Venezia?

Bisogna chiedere che {{le N.U. chiamino l’Iran a rendere conto della soppressione delle fondamentali libertà civili e politiche}} della maggioranza della popolazione e della legalità di un evento elettorale del quale i risultati escono due ore dopo chiusi i seggi e il controllo sarebbe nel sostenere che si sono trovati tre milioni di voti più di quelli che hanno votato, ma ciò non fa problema! Che l’Iran renda noti i suoi straordinari metodi di conteggio dei voti, che compriamo tutti il brevetto.

{{Non dobbiamo permettere che le cose del mondo vengano gestite da un uomo solo o da scambi invisibil tra pochi}}. E per tutti e soprattutto per tutte deve essere chiaro che non si può scambiare aiuiti alle banche con guerra in Afghanistan, borse e oppressione delle donne.

Per le donne arrivare ad essere cittadine passa per la scuola e l’università, l’accesso al lavoro e alla società, non per l’essere veline. In questo senso l’Iran insegna.

Secondo me, se si potesse affidare la risoluzione dei problemi iraniani a un comitato di molte donne, come è successo al concerto di Milano per l’Abruzzo, verrebbe fuori che {{siamo anche capaci di organizzarci e di essere efficaci (talvolta persino più degli uomini: parlo di concerti ovviamente)}}