La guerra dei droni in Africa – il Sahel
In un messaggio di saluto dalla nave Etna della Marina Militare italiana il Primo Ministro Gentiloni il 24 dicembre 2017 ha annunciato: “Il terrorismo è andato consolidandosi nel Sahel, è questo uno dei motivi per il quale una parte delle forze che sono state impegnate in Iraq saranno dispiegate nei prossimi mesi in Niger, con una missione che avrà il ruolo di consolidare quel Paese, contrastare il traffico di esseri umani e contrastare il terrorismo: questa sarà la proposta che il governo farà al Parlamento”
Ci chiediamo: Quale governo? Quale Parlamento? Sarebbe auspicabile “sapere cosa è” il Niger oggi, e spiegarlo ad una ampia opinione pubblica. Non lo fa il governo in carica. Lo raccontano missionari e volontari di ong impegnate da anni in quei tormentati Paesi del sud-sahara.
Lo descrive questo articolo del 18 dicembre del Prof. Benjamin Roger, giurista e ricercatore a Parigi e Monaco, dal titolo inequivocabile: La guerra dei droni in Africa – il Sahel
Per combattere meglio i jihadisti gli Stati Uniti e la Francia vogliono dislocare in Niger degli apparati militari, droni, che possono colpire dal lago Chad al sud della Libia. Ma questi strumenti suscitano critiche… Il 4 ottobre scorso quattro membri delle forze speciali americane e quattro militari nigerini sono morti in una imboscata nel villaggio di Tongo, nella regione nord del Paese, a pochi chilometri dalla frontiera con il Mali.
Per la prima volta militari americani d’elite sono stati uccisi in una operazione in un paese del Sahel, mentre molti americani non sapevano nemmeno che loro connazionali vi fossero dislocati. Il colpo è statosentito pesantemente a Washington. Sull’onda dello sdegno alcuni falchi del Pentagono assicuravano che avrebbero rafforzato l’impegno in Sahel, dove ritengono che sia in atto una riorganizzazione dei combattenti di Daesh e di Al Qaeda dopo le sconfitte in Iraq.
Le dichiarazioni hanno avuto immediatamente un seguito e alla fine di novembre le autorità militari americane dichiaravano che le autorità nigerine avevano accettato di armare i droni americani ‘Reaper’ posizionati nel Paese, utilizzati fino ad allora come rete di sorveglianza aerea e in grado oggi di colpire qualsiasi obiettivo nella regione. Le autorità nigerine da parte loro confermano di aver sollecitato un impegno maggiore degli americani “per neutralizzare i nostri nemici. La firma dei protocolli relativi all’armamento e al conseguente impiego dei droni armati avverrà certamente entro la fine dell’anno.”
Il Comando USA per l’Africa (Africom) rifiuta ogni commento sulle specifiche autorizzazioni militari e si limita a dichiarare: “i governi di Niger e Stati Uniti lavorano fianco a fianco per impedire che le organizzazioni terroristiche utilizzino la regione come propria base d’azione”. “I droni potranno essere armati in breve tempo, in qualche giorno, è sufficiente infatti montare un supporto per missili sui droni “, spiegano gli specialisti della difesa. Attualmente i droni Reaper sono posizionati presso la capitale del Niger, Niamey, e presto potranno decollare dalla grande base di Agadez, nel centro del Niger: la sua realizzazione sarà completata nel secondo semestre del 2018. La base accoglierà gran parte degli 800 militari USA presenti nel Paese, e il loro numero è destinato ad aumentare.
Droni assassini in Africa: questa base di droni da guerra sarà la seconda nel continente dopo quella di Djibuti, da dove gli Stati Uniti lanciano attacchi mirati contro capi jihadisti in Somalia e in Yemen. Dotati di una autonomia di 24 ore di volo e di un raggio d’azione di 1800 chilometri, i droni assassini potranno effettuare operazioni in gran parte dell’area sahelo-sahariana. Da Agadez i responsabili del pentagono ritengono di poter coprire una vasta area, dal Lago Chad al sud della Libia passando dal nord del Mali e del Niger. Nel loro obiettivo dichiarato ci sono i combattenti di Boko Haram, i gruppi di sostegno a Daesh e i vari raggruppamenti filo-jihadisti.
Droni francesi armati – Non solo gli americani stanno armando i loro droni. All’inizio di settembre la Ministra della Difesa francese Florance Party ha annunciato la decisione del Presidente Macron di armare i droni francesi. Dal 2014 la Francia dispone di sei Reaper acquistati dagli americani. Cinque sono basati a Niamey e il sesto viene utilizzato per corsi di addestramento in Francia. Un apparato di guerra dello stesso tipo, europeo, dovrebbe essere pronto nel 2025. A Parigi i responsabili del Ministero della Difesa ritengono che si tratti di un’arma complementare alle esistenti già utilizzate nel contesto dell’operazione Barkhane, estesa su centinaia di migliaia di chilometri quadrati. Gli uffici della Ministra francese sostengono: “Sono apparati molto utili, silenziosi, efficaci e quasi invisibili a occhio nudo. Continueranno a svolgere missioni di sorveglianza, ma offrono la possibilità di colpire obiettivi quando necessario, quando si individua un obiettivo lo possiamo neutralizzare quasi immediatamente, il che era impossibile nel passato”.
L’utilizzazione di robot- assassini nel Sahel suscita numerose critiche. Sono stati impiegati per la prima volta in Afghanistan dopo l’11 settembre 2001, poi si è avuto un loro uso generalizzato in Iraq e un impiego massiccio da parte della CIA sotto l’amministrazione Obama, dal 2008 al 2016 per operazioni di eliminazione di obiettivi in tutta segretezza “Questa escalation della lotta al terrorismo può aggravare la situazione invece che migliorarla”.
L’analisi viene compiuta in Africa da Gilles Yabi, fondatore di “Wathi”, uno dei numerosi think thank che nel continente si interrogano sull’uso dei droni armati. Si denunciano i metodi disumani e una guerra con caratteristiche di tragico video-gioco. Sono visti come parte di una logica di militarizzazione crescente della regione da parte degli occidentali e le inevitabili numerose vittime civili (“collaterali”) alimenteranno nel futuro la propaganda feroce dei jjhadisti tra le popolazioni e il loro ricorso alle armi, esattamente il contrario di quello di cui hanno urgentemente bisogno le popolazioni martoriate.
(traduzione e sintesi di Carla Pecis per MEDITERRANEA) 26 dic.2017