La pandemia e la solidarietà globale: intervista a Chiara Castellani
“Insieme a Chiara Castellani” (ICC), è una onlus finalizzata alla promozione e sostegno di progetti atti allo sviluppo e all’affermazione dei diritti fondamentali dell’individu* come quelli alla salute e allo studio.
Attiva da più di 25 anni nel volontariato sociale e medico, la dott.ra Chiara Castellani, che ha collaborato anche con Rita Levi Montalcini, dirige il (Bureau Diocesain des Oevres Médicales (BDOM), del Distretto di Kwango (Democratica Repubblica del Congo), e opera dal 2014 nella formazione di medici e mediche e infermier*; nell’adeguamento delle strutture dedicate all’assistenza medica; nella promozione dei diritti fondamentali dei/delle individu* (info: www.insiemeachiaracastellani.org)
Oggi in un mondo improvvisamente colpito dal Covid-19 che sta letteralmente cambiando il modo di vivere e di concepire la vita della stragrande maggioranza delle/degli abitanti del pianeta, quali pratiche bisogna attivare per risolvere a livello locale e planetario emergenze coinvolgenti l’intera umanità?
In pratica sintetizzerei con una frase: pensare al proprio prossimo. Le mascherine, come le abbiamo qui in Congo, esclusivamente chirurgiche, sono confezionate con stoffe che se proteggono gli altri da te non proteggono te dagli altri, perciò o si entra nella dimensione di voler pensare ai bisogni degli altri, in una prospettiva di globalizzazione della solidarietà o non riusciremo a salvarci tutti assieme; in questo, dovremmo imparare anche dall’Africa. Nei mesi in cui la pandemia era particolarmente cruenta, ho ricevuto tantissimi messaggi e altre espressioni di solidarietà verso il Paese, l’Italia e la mia famiglia. La gente, pur essendo povera, mi mandava quei pochi centesimi utili a comunicare con l’Italia. Dicevano: “Ti ho mandato un credito per chiamare la tua famiglia”.
In Congo si è percepita una solidarietà globale diversamente da altrove. Qui in Europa sento che la solidarietà globale, il voler essere solidali con la gente che soffre e muore in Brasile, in India in tutti i Paesi non è forte come l’ho sentita in Congo. Solo con la solidarietà globale si potrà approfittare di questa pandemia, che è una sfida a livello globale ma che può insegnarci una cosa: o ci si salva tutti o non si salva nessuno. Se invece la pandemia viene utilizzata, come purtroppo vedo, da certi politici, sia in Italia che nel mondo, per cercare capri espiatori, colpevoli e corresponsabili, parlando per esempio di “virus cinese” ci si allontana dal capire che solo la solidarietà globale può salvarci e si perde l’occasione di costruire un mondo sull’aiuto reciproco, la pace e la nonviolenza, accentuando la bellicosità di molti governanti.
Cosa fare per invertire questa rotta e costruire una socialità su modelli solidali più vicini anche alle esigenze di una Madre Terra che mettiamo sempre più in difficoltà?
Bisogna comprendere che, tra l’altro, la radice di questa pandemia è nella violenza che abbiamo perpetrato verso Madre Terra. I cambiamenti climatici e ambientali hanno favorito l’aggressività di virus animali, non soltanto il Covid, ma l’Ebola e altri prima appartenenti esclusivamente alla sfera animale. Si è violato l’equilibrio tra umanità e ambiente; noi stiamo alterando la natura, il microclima, stiamo alterando l’equilibrio mondiale. Si prospetta già adesso, con questa pandemia, una dimensione apocalittica che possiamo invertire soltanto cercando di stabilire nuovi modelli di sviluppo che evitano il surriscaldamento ambientale e climatico e che evitano lo sfruttamento non controllato della natura, del territorio e della Madre Terra.
Le spese militari nel mondo aumentano e i servizi sanitari vengono drasticamente ridotti e a risentirne sono anche i settori della formazione e della cultura, in genere. Come invertire la tendenza?
Sarebbe sufficiente la volontà politica e un’inversione radicale di rotta. Se avessimo imparato dal Covid a praticare una solidarietà globale e mondiale e universale saremmo più tentati a cambiare rotta di fronte a un virus che ci colpisce indiscriminatamente ma che conta più vittime tra le persone povere e meno in salute; sappiamo cosa è successo in Brasile e in Sudafrica e in altri paesi già provati da epidemie, malaria e Aids. (…) Uscendo dalla propaganda del “virus cinese” si capisce che i Cinesi sono stati le prime vittime. In questa catastrofe mondiale, attraverso la solidarietà globale, si può anche incidere sulla corsa agli armamenti. Stiamo purtroppo perdendo un’occasione planetaria, per cercare di dirigere l’umanità verso la Pace, mentre costruiamo sempre nuove guerre, nuovi conflitti e nuove conflittualità che non possono che giovare alla corsa agli armamenti.
La cronaca giornaliera ci parla anche di negazionismo rispetto al Covid; c’è chi rifiuta l’uso della mascherina e di altre regole per la limitazione del contagio. Qual è la situazione in Congo?
Purtroppo il negazionismo non riguarda solo il Covid-19, sono già stata testimone, in Congo, di quello verso l’Aids. “una sindrome inventata” dicevano. Si sente dire che le limitazioni anti Covid-19 limitano la nostra libertà, specie lo dice la gioventù e lo dice rispetto ad avere libertà anche sul piano sessuale (…). La mascherina è sentita come un bavaglio. No, non è una museruola. La mascherina serve a proteggere gli altri; se entriamo in questa dimensione si è responsabili; se si dice che non serve niente allora si agisce solo per egoismo. Dobbiamo indossare la mascherina per altruismo; i giovani devono indossarla per la preoccupazione verso i nonni, verso i genitori e per tutte le persone che vivono sul pianeta. È giusto proteggere i nostri anziani che ci hanno lasciato questa Madre Terra in eredità.