La poetica femminista di Sibilla Aleramo
Son tanto brava
Son tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad aver orgoglio quasi fossi un uomo.
Ma, al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano: «Sera, sera dolce e mia!» Sembrami d’aver fra le dita la stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene. Sibilla Aleramo
A quasi sessant’anni dalla morte, la poeta e scrittrice Sibilla Aleramo rimane la più emblematica figura di donna che, a cavallo tra ottocento e novecento, ha segnato la rivolta contro il ruolo tradizionale di madre e moglie, assegnato al genere femminile nel corso dei secoli. E’ giusto cominciare a ricordarla con più sollecitudine e gratitudine.
Pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta “Rina”, il nome Sibilla Aleramo le viene suggerito da un amico scrittore. Tutta la sua vita e scrittura diventa denuncia e testimonianza della presa di coscienza della propria condizione di donna sottomessa. Presa di coscienza anche politica, perché Sibilla costruisce la sua etica valoriale, battendosi contro ogni diseguaglianza, sopruso, sfruttamento, ingiustizia. Di fede socialista e antifascista, aderisce al movimento di emancipazione femminile della sua epoca.
Vive come donna un matrimonio di facciata con un uomo che la vuole soggiogata al suo volere, ma si libera presto delle vesti di madre e moglie attraverso la penna, riempiendo pagine e pagine bianche che diventeranno poi grandi romanzi, anche autobiografici come “Una donna”. Parte da sé Sibilla Aleramo, dalla propria condizione di donna che sente da sempre impari rispetto all’uomo. Intuisce il suo percorso di vita teso a cambiare la sua vita e, quella delle altre donne. Crea un salotto letterario, che vede la presenza anche di Luigi Pirandello ed altri scrittori, molti dei quali l’ameranno, ricambiati. A Goffredo Parise dedica il testo “Amo dunque sono”. Il pittore Bistolfi la ritrae per una moneta da 20 centesimi che avrà il suo volto.Sibilla ama gli uomini ma soprattutto le donne, avendo delle relazioni fra i sessi una cultura d’avanguardia, nel rispetto delle differenze e eguaglianza di diritti.
Costruisce il suo spazio vitale e di letterata creando quella “stanza” tutta per sé, fuori da schemi e stereotipi.Si porta dietro la dolorosa perdita della madre, vari suoi tentativi di suicidio e, poi, si ritrova nelle battaglie politiche e sociali e nello scrivere. Inizia una produzione letteraria viva e feconda da cui traspare sempre il suo animo e il suo forte desiderio che la donna sia considerata “una persona”, emancipandosi, ma soprattutto liberandosi dall’oppressione maschile patriarcale.
Per anni si divide tra il suo essere materna e comprensiva e l’anelito della ricerca di altro e di altrove ed anche la spinta inarrestabile della non accettazione di un vestito che altri le avevano cucito addosso, togliendole il respiro, la voce e la gioia.
L’esperienza vissuta diventa struttura e personaggi. Appare una scrittura memoriale, epistolare, quasi diaristica. Ma Sibilla tra poesie, romanzi e diari scandaglia una dimensione intima. Parte dal sé personale al sé letterario e politico. Offre una diversità e differenza linguistica nelle narrazioni, partendo dal vissuto, ma trasportandolo come terreno in cui ogni donna si possa riconoscere. Non paragonabile ad altre scrittrici e letterate, le va riconosciuto l’aver accentuato la specificità femminile e l’aver subito capito che il conflitto di genere attraversa la storia.
Ha cantato, con sillogi poetiche e romanzi, la libertà di essere se stessa e, al contempo di essere tutte le donne. Ha cantato l’amore ma anche il dolore per una umanità dispersa in un disumano agire. Ha cantato e lottato per un mondo diverso, auspicando la sorellanza e i valori femministi universali di liberazione della donna.