La prof.ssa Antonella Cocchiara non è più.
Questa volta, purtroppo, non è riuscita a vincere sul male che da tempo aveva fiaccato il suo fisico, ma di certo non la sua forza e la sua volontà di lasciare un’eredità profondamente umana, professionale, salda.
Ne hanno parlato tutti i giornali di Messina e provincia, e i social network sono stati giustamente invasi dai ricordi di quanti non potevano tacere su una conoscenza così “speciale” e indimenticabile. Anch’io vorrei ricordarla, a modo mio.
Tra lei e me, il primo incontro è avvenuto quando organizzò, all’interno del Corso “Donne, politica e istituzione” tenutosi all’Università degli Studi di Messina dove era docente, un seminario per parlare di “Malerba”: ospitò l’onorevole Rita Borsellino, lo scrittore Orazio Carnazzo, il direttore dell’OPG di Barcellona Nunziante Rosania e me, in quando direttrice editoriale della casa editrice che aveva pubblicato il romanzo. Mi permise di dedicare uno spazio dell’incontro alla proiezione di un video rispetto al potere psichiatrico e violento sulle donne.
Apprezzai ancora una volta le sue qualità frequentando il primo Corso da lei organizzato sulla violenza di genere.
Il verbo costruire fu la chiave di tutti gli incontri. Me ne ricordo ancora oggi.
La prof.ssa Cocchiara era così: accogliente, empatica, assertiva.
Era una donna mite, ma risoluta. Accogliente, ma non ipocrita. Combattiva, ma anche capace di fermarsi per un momento di commozione. Professionale, ma anche squisitamente solo umana, quando era necessario.
Messina ha perso un tesoro prezioso che non sempre ha saputo amare nel modo giusto.
Messina è una città, come del resto molte altre, che spesso è riconoscente sì, ma a suo modo, e con le sue ipocrisie. Eppure, Antonella Cocchiara ha resistito anche a certi attacchi, a certe considerazioni e a certe “voci fuori campo” e “fuffe” che distoglievano la realtà dalla stessa realtà.
E anche con la sua scomparsa, l’ipocrisia è venuta fuori, in tutta la sua forza e ributtanza.
Lei che ha sempre sorriso anche a coloro che sono stati i fondatori della teoria “gli altri non possono, invece noi sì” e che oggi, quasi senza ritegno, esprimono la loro capziosa stima. Ma si sa, il gioco del lutto è tanto schifoso quanto contagioso e bisogna esserci al momento giusto.
Ma chi non ha scarsa memoria ricorda bene come coloro che avevano deciso di stare accanto ad Antonella Cocchiara in certe battaglie e in certe strade, perché di certo la “podestà esclusiva” in certe “cose” non può esistere, siano stati considerati quasi traditori da lanciare dalla Rupe Tarpea.
Non è un’opinione sulla quale disquisire: Antonella Cocchiara “sapeva”, “poteva”, “costruiva”. E ogni giorno, anche in silenzio e fuori dai suoi corsi (frequentatissimi) e dai comunicati stampa.
Antonella Cocchiara, tra i vari pronomi personali, non si soffermava solo sul primo singolare. Ha dimostrato di conoscere anche tutti gli altri e forse soprattutto gli altri, con particolare propensione al “noi”. Oggi, tutto questo cordoglio da “prima pagina” avrebbe fatto sorridere anche lei, che non aveva mai smesso di farlo. Lo avrebbe accettato e accolto, come faceva sempre.
Perché per Antonella Cocchiara il termine “Rete” non era una parola da giocarsi come jolly, ma una realtà che ogni giorno applicava con i suoi colleghi, con altri professionisti, con tutte le altre realtà con le quali il suo cammino si incrociava. Perché alle differenze lei non applicava appendicectomie, semmai le faceva incontrare e le metteva a confronto, lasciando poi spazio a nuove costruzioni di senso.
Giorgio Gaber avrebbe detto, senza sbagliare di una virgola, che certe volte “il sociale è una squallida facciata immonda”. E questo concetto potremmo applicarlo anche in tutti gli altri settori: dalla politica alla cultura, dalla formazione agli anfratti umani dimenticati. E via discorrendo.
Chi l’ha voluta conoscere davvero e davvero l’ha apprezzata, senza finta alleanza, sa che Antonella Cocchiara “c’era”. Innanzitutto umanamente, poi professionalmente con un curriculum che di certo non era composta da ninnoli d’avorio da esibire nelle vetrine dei “quanta”.
Antonella Cocchiara non aveva bisogno di mostrare, perché era.
Né era in attesa di lodi, semmai lodava.
Dava spazio ad altri, non aspettava per sé il microfono o il favore di camera.
Mostrava di sé la qualità con discrezione, ma ne esaltava quella degli altri quando era giusto farlo.
Spesso di giudizio severo, è stata comunque e sempre a braccia aperte nei confronti di studentesse e studenti senza riserva, un punto saldo dell’Ateneo di Messina e non solo in termini di pari opportunità. Ha contagiato con la sua bellezza, nonostante tutto.
Adesso non c’è più fisicamente. E oggi ci saranno i suoi funerali alle 16:00 nella Chiesa di S. Caterina a Messina.
La Direzione e la Redazione tutta del Carrettino desiderano mostrare vicinanza alla famiglia, al marito, ai figli sottolineando che la memoria corta non servirà mai a nessuno, ancor meno a tenere in vita la reale e indiscutibile qualità della prof.ssa Antonella Cocchiara.
Ad Antonella Cocchiara, invece, vogliamo dire “a presto”, ricordando a noi innanzitutto e a chi legge le parole di Tolstoj: “noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radice in altri”.
Antonella Cocchiara ha radici, profonde e inespugnabili, in quanti l’hanno conosciuta e l’hanno davvero apprezzata.