La sanità campana e l’applicazione della 194
La sanità campana e l’applicazione della legge 194: una questione che ritorna, troppo spesso, in termini impropri e scandalistici. L’UDI ed il comitato per l’applicazione della legge, oltre a vigilare sulla tutela del diritto delle donne, da tempo hanno segnalato l’assenza del centro di prenotazione, gli ostacoli posti all’adozione di mezzi meno invasivi quale la pillola RU486, il ricorso all’obiezione di coscienza indiscriminato, e spesso legato a questioni non lontane dall’accesso alle carriere, il mancato rilancio dei consultori.
Tutto il resto, che oggi vede lo stupore di molti anche tra i responsabili, cioè il fatto che le donne siano scoraggiate ad agire il proprio diritto dall’inefficienza della politica regionale, {{non ci pare francamente una novità}}. Meno che meno può essere indicato come ulteriore segno di malessere il fatto che donne facoltose vogliano andare all’estero, il che oltretutto non ci pare illegittimo.
L’allarme lanciato in modo scandalistico sulla stampa, sul {{ricorso all’aborto clandestino in Campania}}, pare che ancora marginalizzi il vissuto e la parola delle donne: chi parla è un uomo, un medico, che denuncia un malcostume di cui è interprete, mentre lucra su disinformazione e pregiudizi, perché pratica aborti privatamente, e dice di garantire un anonimato, peraltro assicurato dalla legge.
L’aborto è un dramma: è un’espressione ormai usata, non sempre a proposito, da tutti, anche nemici della libertà delle donne. Noi diciamo, soprattutto, che l’aborto non è un reato, e che gratuità e sicurezza sono diritti acquisiti ed irrinunciabili per chi sceglie di farlo.
Chi sceglie di farlo è sempre una donna, per un’evidenza relativa a {{una realtà che gli uomini al potere tentano penosamente di negare}}: mettere al mondo una persona è facoltà femminile, farlo è un atto d’amore che abita le intangibili magie elaborate nel corpo materno. Per mettere al mondo una persona c’è bisogno di una vita femminile. Comporta ed è il risultato di scelte concretizzate momento per momento, dall’unione col partner, fino all’elaborazione dell’accoglienza. Un valore sociale, inesistente fuori dal corpo fertile, territorio inesplorato dalla politica. C’è naturalmente anche una schiavitù femminile, per la quale la legge 194 indurrebbe un percorso di riscatto: quella schiavitù incrocia, purtroppo, la nostra civiltà proprio nelle persone che quella legge disattendono.
Ma {{politica e cultura parlano}}: di ferite sociali, di responsabilità collettive; infine, però, tristemente, pare s’intendano solo di quell’enorme affare medico e previdenziale che rappresenta la riproduzione umana, non importa a qual prezzo.
Sentiamo solo parlare di dissuasione, come se le donne fossero incapaci di scelte vere, come fossero fragili contenitori di “figli alla patria”.
Non ci piace parlare di terrorismo messo in atto ad ostacolare un diritto, {{ci piace dire piuttosto che i nemici delle donne finalmente si dichiarano}}.
La rafforzata coscienza delle donne, la loro perseveranza nel far si che la legge 194 sia applicata e difesa , si capisce, sta ponendo sempre più problemi a tecnici e moralisti che, nell’ansia di dominare la maternità, si scontrano con consapevolezze che non conoscono e che temono.
{{Udi di Napoli, Comitato per l’applicazione della 194}}
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