La sinistra che non c’è
La scomparsa della sinistra in seguito alle ultime elezioni ha ben altro
significato che la semplice cancellazione della rappresentanza
istituzionale.
Scrive Gabriele Polo ne “il manifesto” del 18 aprile: “Fermiamoci
un attimo, senza rese dei conti e apriamo un confronto vero, ricostruiamo un linguaggio non stereotipato e comune, misuriamolo con le condizioni materiali e le aspirazioni politiche delle persone in carne ed ossa, diamo battaglia a partire da queste.Questo non è ricominciare da zero, è ripartire dalla realtà”.
Viene da chiedersi se si può chiamare sinistra quella che
fino ad ora non è stata capace di un confronto vero con {{le condizioni
materiali e le aspirazioni politiche}} delle persone in carne ed ossa e che ha
usato {{un linguaggio stereotipato}}; soprattutto viene da domandarsi in quale
lontana dimensione si sia situata {{tale sedicente sinistra}} se ora deve
ripartire dalla realtà.
Secondo me {{gli uomini “sembrano” di sinistra quando
sono all’opposizione}}, perché il conflitto è il loro naturale elemento. Il
problema cambia quando hanno responsabilità di governo e devono abbandonare
gli atteggiamenti reattivi per realizzare quei valori che dicevano di
perseguire quando il loro compito era attaccare e denunciare. Storicamente
non si ha notizia di successi in tal senso.
Nelle nazioni in cui vige{{ l’
appiattimento su due grandi formazioni politiche}}, la differenza fra l’
operato dell’una e dell’altra è così esigua da giustificare la continua
alternanza, sintomo piuttosto di un perenne scontento dell’elettorato che di
vera democrazia. D’altronde nei paesi socialisti che avrebbero dovuto
realizzare la democrazia più compiuta, le sinistre al potere si sono date un
gran da fare per imitare le forme più bieche di autoritarismo messe in atto
dalle destre.
In ogni caso {{non esistono né sono mai esistite società
governate dai padri che meritano l’appellativo di civiltà}}, dato che tutte si
radicano saldamente sullo sfruttamento del lavoro di cura. Nonostante
ammonti da circa un terzo a circa metà del prodotto nazionale lordo, esso
viene ancora collocato al di fuori di quella sfera economica che rende
possibile; né si vede alcuna forza che si autodefinisce di sinistra porsi
il problema di come sia possibile costruire società civili continuando a
sfruttare ed emarginare le donne le quali, oltre a contribuire al
mantenimento delle stesse con la produzione dell’enorme ricchezza di cui
sopra, ne permettono l’esistenza, essendo artefici della vita della specie.
{{Le organizzazioni sociali androcentriche}} continuano a perseguire il fine
originario di assicurare il potere sulle donne a tutto il genere maschile e
al suo interno di assicurarlo ai più prepotenti. Le cose non sono cambiate
malgrado le apparenze, né possono cambiare perché le categorie maschili non
sono per loro natura contenitive. Il concetto di democrazia, per esempio,
così come è stato elaborato, permette tutt’al più l’omologazione, non certo
l’accettazione della differenza.
In altre parole {{gli uomini non sono di
sinistra,}} neanche quelli che sinceramente aspirano ad un mondo più giusto e
più felice. Sistemi sociali capaci di realizzare le istanze più profonde e
vitali degli esseri umani non vedranno mai la luce se la loro gestazione
sarà lasciata alla mente maschile, che si situa lontana anni luce rispetto
ai luoghi dove si cura la vita.
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