La sposa non era vergine (continua)
La decisione del tribunale di Lille di concedere l’annullamento del matrimonio in ragione della non verginità della sposa solleva molto rumore, in una Francia che si risveglia non cosi laica come si dipinge. Femministe e lesbiche chiamano tutte e tutti a scendere in piazza il prossimo 7 giugno in tutto il Paese per protestare contro queste derive tradizionaliste e sessiste. “Si tratta di un [giudizio incredibile->2239] – commenta a caldo Nathalie Rubel (dottoranda in filosofia sulle questioni di genere e laicità in diritto civile) sulla lista del CLF, Coordinamento lesbico in Francia -. In primo luogo perché ha messo una giovane donna in una situazione degna del Medioevo, di fronte al codice d’onore invece che al diritto”.
La verginità, da intendre evidentemente come verginità femminile, non può in nessun caso considerarsi una qualità essenziale della sposa, “perché {{in diritto le ‘qualità essenziali’ non sono un requisito privato.}} Una richiesta di annullamento, anche relativa, deve giustificarsi pubblicamente”.
La sentenza si basa sull’art. 180 del Codice civile francese che regola il consenso al matrimonio e afferma che “in caso di errore di persona, o delle sue qualità essenziali, l’altro sposo puo chiedere l’annullamento del matrimonio”.
“La legge è imprecisa – fa notare Nathalie Rubel -. Essa si applica ai casi di disturbi gravi dell’integrità fisica e mentale (impotenza, setrilità conclamata, schizofrenia). Neppure l’errore sull’identità, la nazionalità ecc. bastano ad invalidare un matrimoni. (…) Quanto al fatto di {{aver mentito su un punto sensibile per il ricorrente, ciò non costituisce motivo sufficiente per invalidare la ‘fede’/fiducia nel legame coniugale}} (e la logica del sospetto avrebbe in ogni caso la meglio sui sentimenti)”.
Quanto al valore che si vuole far passare come ‘qualità essenziale’, esso contrasta con la laicità tanto invocata dalla Francia. Oggi ne sono protagonisti due musulmani, ma poco importa, la verginità, la castità sono valori promossi dalle religioni monoteiste in genere, volti al controllo del corpo delle donne. “E’ questo un giudizio che non dà certo prova di spirito di pari opportunità. Sarebbe poco immaginabile pensare che una donna averbbe avuto la stessa vittoria facendo appello alle ‘libertà anteriori’ del suo futuro marito. {{Il matrimonio resta cosi uno spazio di controllo del corpo delle donne e soprattutto delle donne}}…”.
“E’ a partire da esempi come questi che si scopre la fragilità del diritto civile. Perché, in fondo, a che titolo lo Stato puo’ invalidare un matrimonio infecondo? A che titolo esigere prove di ‘fedeltà anticipata’, di ‘prima del matrimonio’? {{Che genere di impedimento al matrimonio potrebbe costituire la non-verginità per lo Stato }}? Sentenze come queste dicono molto di più di quello che pretendono affermare e sono la conferma di come il matrimonio civile non sia ancora separato da quello religioso. Per quel che ne so io, poi, Mahomet non si é sposato solo con una vergine, la piccola Aicha, e la verginità alla base é una sanzione cattolica con una forte tendenza per l’assoluta castità del discepolo e della vita conventuale” insiste Nathalie Rubel.
“Non resta che sperare – conclude ironica – che le giovani donne che vivono secondo la legge {machista} della religione sapranno almeno utilizzare questa sentenza come ‘libertà preventiva’, al fine di annullare matrimoni che saranno loro imposti”.
Un paradosso al quale Rachida Dati, ministra della Giustizia francese crede davvero, visto che ha dichiarato pubblicamente che sentenze come queste rappresentano al contrario “un modo per proteggere le giovani donne (dai matrimoni imposti, {ndr})”.
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