La strada della parità è lunga ma occorre insistere sul riconoscimento dei principi scritti e non attuati
E’ stata emessa la sentenza nel processo celebrato al TAR Lombardia per l’annullamento della nomina dei 16 assessori, 15 uomini e 1 donna, per contrasto con lo statuto regionale e con la normativa europea in materia di riequilibrio di genere recepita dall’Italia due mesi prima della nomina degli assessori regionali. Il ricorso è stato ammesso nel luglio del 2010 e dopo l’udienza del 15 settembre è stato discusso nella udienza dibattimentale del 17 dicembre davanti a nuovi giudici.
Leggendo la sentenza l’impressione che se ne ha è che il Tar sia andato fuori tema.
_ Non si legge niente sull’art. 11 dello statuto lombardo nè sull’art. 1 del codice
delle pari opportunità modificato su pressione europea nel gennaio 2010, ma è così o
no ?
Lo chiediamo agli avvocati Ileana Alesso, Massimo Clara e prof. Marilisa
D’Amico, ordinario di diritto costituzionale alla Università Statale di Milano, che
hanno rappresentato le ragioni dei ricorrenti e di due associazioni, di DonneInQuota
di Milano e di UDI nazionale, intervenute nel processo a supporto delle quattro
ricorrenti e della Associazione art. 51 Laboratorio di democrazia paritaria.
“Il TAR ha circumnavigato l’argomento rimanendo al largo senza mai approdare a
terra. E l’effetto, per inerzia, è che la situazione rimane tale e quale. La
sentenza sarà pubblicata sui siti delle Associazioni per le quali vi è stata
finalmente, nonostante la radicale opposizione della Regione Lombardia, il
riconoscimento della funzione svolta in tema di parità di opportunità e che quindi
si confermano a pieno titolo come legittimate a sostenere anche nel futuro azioni
giuridiche per la democrazia paritaria ” risponde l’avvocato {{Ileana Alesso}}.
_ “Peraltro” prosegue l’avvocato “l’esito che emerge dalla sentenza e di una Regione
che sul piano locale ha svilito e buttato a mare il proprio statuto e che sul piano
europeo non può più incensarsi come Regione di Europa. Per di più il Tar gli ha
restituito la zavorra della responsabilità politica di questa sua scelta ed è più
che logico che non abbia voglia di dare notizia di questa sentenza “.
“E’ una sconfitta della politica che non sa applicare in pratica quello che afferma
in teoria. La democrazia paritaria introdotta nel 2008 nello statuto regionale è una
norma innovativa cui si è giunti con un lungo percorso culturale, politico e
giuridico in oltre un anno di sedute della apposita Commissione regionale composta
da rappresentanti di tutti gli schieramenti data l’importanza degli statuti
regionali di nuova generazione dopo la riforma del titolo V della Costituzione. La
strada della parità è lunga” precisa l’avvocato e professore {{Marilisa D’Amico}} “ma
occorre insistere sul riconoscimento dei principi scritti e non attuati, in
particolare dell’art. 3 e dell’art. 51 della Costituzione in tema di eguaglianza e
di pari possibilità di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
“E comunque”, conclude l’avv. {{Massimo Clara}}, “per l’annullamento della sentenza e la
riproposizione di tutti gli argomenti non esaminati dalla prima Sezione del Tar
della Lombardia vi è il rituale rimedio, istituzionale e democratico, del ricorso al
Consiglio di Stato e alla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Il nostro
ordinamento ha strutturato e previsto a questo scopo il doppio grado di giudizio, e
in taluni casi anche ‘il terzo grado’ e cioè la possibilità di rivolgersi anche alla
Corte di Cassazione, proprio a riconoscimento e garanzia della volontà
istituzionale, espressa nella Costituzione, di rimediare agli errori o alle elusioni
della autorità giudiziaria adite nel primo grado del giudizio per la effettiva
tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei cittadini sia singoli che
associati”.
– {{Fonte}}: infodiritti – l’informazione giuridica on-line
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