La Tina vagante che garantì le cure a tutti
C’è in giro molta apprensione. C’è in giro tanta insicurezza che non è più generata dai cosiddetti extracomunitari. I timori per il futuro prossimo venturo riguardano l’ambito della sanità. Con la politica della spending review del governo Monti, sono stati{{ tagliati oltre 23 miliardi dal fondo sanitario nazionale}}; pari al 20 % in meno del finanziamento totale. L’Italia ha una spesa sanitaria pro capite pari a 2.282 nel 2010; meno di Germania e Francia. La conseguenza è l’applicazione in crescendo di nuovi ticket sanitari e di tagli al numero di letti negli ospedali.
La Federfarma sostiene che le quote di partecipazione a carico dei cittadini è passata dal 7,4% del giugno 2010 all’11,2 % del 2011.
Insomma, ci sono più ticket e si rimborsa meno.
Nel partito berlusconiano ci sono ex repubblicani, ex missini, ex liberali. Anche nel Pd ci sono ex democristiani che ai tempi della riforma sanitaria del 1978, non approvarono Tina Anselmi ministra della Sanità .
Tina, in DC detta “la Tina vagante”, ricorda il suo segretario [Enzo Giaccone al Fatto Quotidiano->http://rassegnastampa.usl11.toscana.it/Asl11EmpoliRassegnaStampa/View.aspx?ID=2012111923196904] quando era convinta di una cosa andava avanti diritto fino alla sua realizzazione.
Infatti riuscì a fare approvare la legge che giaceva in Parlamento da ben 14 anni. Un forte interlocutore fu l’on. Giovanni Berlinguer, allora “ministro ombra” del Pci per la Sanità. Alla Camera, il 23 dic. 1978, disse che la riforma era “il frutto dell’iniziativa del movimento operaio, rappresentato sia dalle organizzazioni sindacali che dai partiti della sinistra, partito comunista e partito socialista”.
Il segretario dell’Anselmi ricorda che in Dc si parlò di “salto nel buio”.
Andreotti, Piccoli con i suoi Dorotei, non volevano condividere la legge con i rossi. La riforma eliminava le mutue vecchio stile, decentrava i poteri alle Regioni e alle Usl, “erodeva potere e denaro alle strutture private”. Soprattutto affermava il principio della globalità delle prestazioni e l’uguaglianza del trattamento.
Si opposero i repubblicani di Susanna Agnelli e si astennero liberali e missini.
Poi è arrivato in Lombardia il Celeste a riportare tutto indietro invocando il principio della sussidiarietà, cioè dell’avanzata del privato a scapito del pubblico.
Ora siamo avanti, molto, in questo rigurgito di liberismo anti statalista che vuol dire meno stato, più privato e si salvi chi ha il denaro per pagarsi prestazioni veloci e di eccellenza.
Tina Anselmi quando poteva rientrava a Castelfranco Veneto per il wek end. Un sabato, abitando a Treviso, andai a trovarla. Mi ricevette nel suo studio al piano terra della villetta di periferia dove abitava (e abita tuttora) con la sorella. Mi fece vedere i due quadri che Fanfani le aveva regalato perché si era scoperto anche pittore, poi, un po’ in lingua veneta e un po’ in italiano, mi raccontò la sua vita al ministero della Sanità.
Mi disse che aveva ricevuto due manager di una importante farmaceutica. Volevano fare approvare qualche farmaco in tempi veloci o giù di lì e le fecero capire che intendevano darle un riconoscimento. In altri termini una tangente.
Mi disse che aveva dato quasi in escandescenze e aveva urlato ,in veneto, che uscissero subito dalla stanza.
Il titolo, bello e affettuoso dell’articolo del Fatto Q., è questo:
{La Tina vagante che garantì le cure a tutti}.
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