La titolarità dei diritti non può convivere con gerarchie di principio
Diciamo che ho una certa predilezione per il cartaceo; forse per questo ho riconsiderato in questi giorni i due dossier che “Il Paese delle Donne” ha pubblicato nel corso del 2008.* Certamente sulla rete ci sono stati altri interventi interessanti, ma mi è sembrato che valesse la pena di trarre qualche suggestione dagli atti di due giornate segnate come importanti per “il paese delle donne” nell’anno appena finito.
Partirei da una domanda non nuova, ma che ha bisogno di seria riconsiderazione anche se i discorsi non fanno la risposta. {{Come va che produciamo cose egregie, ma ce la cantiamo, suoniamo e balliamo da sole?}}
Abbiamo questioni con tutte le istituzioni in tutti i paesi e ci tocca rimediare con mediazioni sempre in perdita. Noi italiane riproduciamo, anche come donne, la critica a situazioni di svantaggio rispetto a realizzazioni più soddisfacenti negli altri paesi occidentali. Le altre vivono meglio perché culture più avanzate hanno prodotto mediazioni migliori e i governi offrono servizi più efficienti.
Ma sul piano sostanziale {{anche in Germania continua lo stereotipo}} che induce i media a ricordare la specificità {{delle tre “kappa”}} femminili: Kindern, Kueche, Kirche. Bambini, cucina e chiesa segnano ancora “il ruolo”, a prescindere dall’affermazione della “parità”, che non riesce ad essere egemonia condivisa neppure sul piano pedagogico, culinario, teologico. I grandi pedagogisti sono maschi che insegnano che cosa è il bambino, anche se spesso ne vedono pochi e certo non li hanno partoriti; la grande cucina è degli chef; e la teologia si permette di prescindere dal genere dietro il comodo riparo della “persona”.
{{I diritti di cittadinanza e l’eliminazione della violenza contro le donne}} – le tematiche dei due librettini – sono questioni di civiltà e debbono ricevere protagonismo nelle tribune internazionali “miste” e nell’informazione generalizzata.
In questi giorni i media, perfino l’Istat, si occupano della violenza sulle donne, dei femminicidi, dei maltrattamenti in famiglia. La trattazione è in genere seria, ma, se si elimina il contenzioso politico che l’accompagna – “siamo contro il governo che taglia gli emendamenti dell’opposizione” oppure “aspettiamo che si pronunci la ministra Carfagna” – non è detto che debba durare a tenere impegnate le pagine dei giornali.
Diventa così {{falsa coscienza}} il fatto che il paese sappia, senza cambiare. Le norme non determinano necessariamente trasformazioni del costume, però interagiscono e aiutano a dare gambe ai diritti. {{I diritti non vengono attuati se chi ne è titolare non se ne appropria.}} Per le donne il conflitto è grande: se non denunci chi ti violenta in casa ed è tuo marito, perché il legislatore, il giudice, il prete dovrebbero sentire che dietro quello che ogni tanto – sempre più sanguinosamente, purtroppo accade – c’è il diritto di libertà della propria moglie o madre o figlia? Ed è inutile pubblicizzare le risoluzioni e i rapporti delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, del Consiglio d’Europa e di tutte le agenzie internazionali che sostengono i diritti delle donne ad opera di esponenti politiche femminili, di parlamentari, di funzionarie che, in quanto donne, introducono elementi non solo di denuncia, ma di “nuovi” diritti, {{se non vi è eco nelle diverse società}}.
Penso a {{Shirin Ebadi, Nobel nota per i valori democratici che osa proclamare in Iran}}, che è sempre stata a rischio soprattutto per il suo sostegno alla causa delle donne. L’opinione pubblica la conosce perché è “come un uomo”. Infatti, ovunque {{il ricatto è ancora quello, di}} {{riconoscerci nell’universale neutro senza i nostri diritti di genere}}.
Ciò significa che si deve condannare ogni violenza, ma che la famiglia, l’educazione, il costume debbono restare immutati, per non compromettere il valore dei principi. Come se una società non fosse destinata a diventare migliore se riconoscesse che la titolarità dei diritti non può convivere con gerarchie di principio e con la doppia o tripla morale.
Ciao, ragazze e buon anno. Andiamo avanti, nonostante tutto….
*{Ndr}
{{[Diritti di cittadinanza e lotta contro la violenza di genere->3002].}} Atti del seminario transnazionale, Roma 25.2.2008, a cura dell’iMed, “il foglio de il paese delle donne”, n.1/2008
{{[25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne->3225]}} con materiali del convegno del 24.10.2008 promosso dall’Ufficio informazioni del Parlamento europeo in Italia, “il foglio de il paese delle donne”, n. 2/2008
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