L’antidoto al patriarcato si chiama partecipazione attiva: il Teatro dell’oppressAo in India nell’esperienza di Sanjoy Ganguly
Una bellissima atmosfera quella che si è venuta a creare nel giardino della Casa Internazionale delle Donne di Roma lo scorso 27 luglio. Un cerchio di persone, uomini e donne, strette intorno a Sanjoy Ganguly, fondatore di uno dei più grandi movimenti sociali del mondo, il “Jana Sanskriti”, che lotta per superare il sistema patriarcale in India usando il teatro dell’oppressAo. Dalle parole di Ganguly, e grazie alla traduzione portata avanti con palpabile passione e partecipazione da Olivier Malcor di Parteciparte, si snoda il racconto dell’esperienza trentennale nell’attività/attivismo del Teatro dell’OppressAo in India, un ‘attività che , è stato sottolineato più volte, ha al centro del suo essere la critica al “monologo” imperante del patriarcato. L’incontro-dibattito organizzato dalla Cooperativa Sociale Be-Free contro tratta, violenza e discriminazioni insieme a Parteciparte, è stato un momento collettivo di scambio e di riflessione per capire come un teatro forum possa diventare uno strumento di cambiamento e denuncia.
Sanjoy Ganguly ha aperto l’incontro raccontando quale sia stata la riflessione di fondo che ha poi avviato l’esperienza di questo movimento sociale dal lavoro massivo e di sistema. Stanco di un’esperienza di partito dove l’unico confronto richiesto era quello con una cultura del “monologo”, in un contesto collettivo perciò depotenziato, viziato dall’ascolto incondizionato e dell’aderenza al modello, senza possibilità alcuna di confronto autentico e dove l’unico risultato possibile è la costante alienazione tesa al “cieco rigetto o alla cieca accettazione”, Gangouly rileva un’importante analogia con la cultura patriarcale : un sistema indiscutibile, dove non è prevista dialettica. La consapevolezza di questa analogia muove Ganguly alla scoperta di nuovi insegnamenti che provengono proprio dai villaggi, realtà che custodiscono capacità intellettuali troppo spesso sminuite e ignorate. E’ il lontano 1985 quando avviene questo incontro con la dimensione del teatro, dapprima portato avanti dai gruppi con modalità di propaganda e sensibilizzazione attraverso le zone rurali dell’India, poi come vera e propria attività. Il punto di svolta arriva quando alcune donne chiedono di mettere in scena la storia di una donna vittima di stupro che ha reagito alla traumatica esperienza con forza e determinazione. Le donne chiedono di vedere rappresentato il loro empowerment.
La potenza dello strumento della performatività resa possibile dal Teatro dell’oppressAo, come raccontato da Ganguly, è stata verificabile fin dall’inizio: dopo alcuni spettacoli che avevano come tema quello della violenza e della discriminazione subita dalle donne, alcune di esse si fermavano a raccontare degli abusi subiti in casa o spesso sul posto di lavoro.
Ma cos’è il teatro dell’oppressAo e in cosa consiste il suo “potere”? E’ uno strumento, al servizio delle persone e della collettività, teatro che smuove le coscienze senza la pretesa di fornire risposte e soluzioni a portata di mano. E’ lo strumento attraverso il quale si agisce una capacità critica complessiva e si sollecita il dialogo. Il fondatore del movimento “Jana Sanskriti” ha sottolineato : “vogliamo che le persone possano analizzare le loro insoddisfazioni per giungere alla soddisfazione. La condizione di incompletezza può rompere la passività dello spettatore, vedendo l’oppressione posso riconoscerla ”. Durante l’incontro anche Olivier Malcor ha sottolineato dell’importante passaggio che avviene dall’essere semplici spettatori/trici all’essere spett-Attori/Attrici perciò protagonisti/e attivi/e di un processo dove si cerca di cogliere la trama del potere con la formula del teatro. Questo fa breccia nel sistema della cultura patriarcale interrompendo quello sterile” monologo” che dura da millenni, gli Spett-Attori/trici per mezzo della partecipazione diventano Attivisti/e.
I dati riportati da Ganguly parlano della presenza di circa 40.000 attivisti/e sparsi nei villaggi con una rilevante presenza femminile, ogni gruppo gira in 10-15 villaggi raggiungendo circa 200.000 persone all’anno, un lavoro massivo come già detto. Alle domande fatte da alcune partecipanti interessate a sapere se alcuni dei cambiamenti auspicati sono riscontrabili a livello sociale e culturale nei luoghi toccati dal progetto del Teatro Forum, Ganguly risponde che da una ricerca effettuata da alcune esperte in Scienze Sociali risulta che, nei luoghi dove da anni è presente l’attività/attivismo del Teatro dell’OppressAo le bambine continuano il percorso scolastico e le famiglie, più consapevoli dei propri diritti, non si indebitano per la dote. Il suo teatro forum sulla violenza, la “donna d’oro”, ad oggi è stato “portato in giro” almeno 3.000 volte in India e in tutto il mondo con l’intenzione di porgere domande e…trovare risposte collettive.
Roma 29/07/16