Le donne dei paesi terzi e l’Occidente
Pubblichiamo la sintesi dell’intervento di Cristina Cattafesta all’incontro “Un terzo mondo statico? Eppur le donne si muovono…”, che si terrà il 18 aprile a Cormano nell’ambito del miniciclo “L’altra meta’ del cielo alla conquista della terra…” organizzatoda Icei e Cooperativa Chico MendesSi prende ancora il nostro “civile” Occidente come riferimento culturale a cui i paesi terzi dovrebbero attenersi. Addirittura si fissano delle tappe che solo da noi hanno avuto un senso.
_ Ho difatti sentito fior di intellettuali di sinistra affermare che quel tal paese era arretrato perché non aveva avuto ancora un “Rinascimento”, oppure una “rivoluzione borghese”, se non addirittura una rivoluzione giacobina.
Quindi {{le tappe per l’evoluzione umana vengono fissate sulla base della nostra}} – che in realtà potrebbe essere unica e irripetibile – storia.
Questo, se è appena comprensibile per le ere (Età del fuoco? Età del ferro?), ovviamente non può valere per fenomeni storici così circoscritti come il Rinascimento o la rivoluzione francese o il positivismo.
Ma, per tornare alla definizione di un pensiero politico, generalmente si pensa che il nostro modello di affermazione dei diritti delle donne sia universalmente condiviso. E ne discende che finché le donne dei paesi terzi non bruceranno i reggiseni in piazza o non rivendicheranno l’aborto libero e gratuito, non si intravedrà sulla scena politica di questi paesi un vero movimento di rivendicazione dei diritti delle donne.
_ Nel frattempo la sinistra, dando per scontato che i paesi terzi siano indietro nella scala dell’evoluzione politica e che quindi non siano consapevoli, né meritevoli, di una vera democrazia, ne sostiene i movimenti più retrivi.
Così, {{la sinistra europea}} – laicissima nei propri paesi d’origine – accetta di indire manifestazioni con gli islamisti più accesi e di gridare insieme a loro “Allah–u–akbar” (vale a dire, “Dio è grande”) per difendere i diritti del popolo palestinese, come se non si trattasse di difendere il diritto di un popolo a restare sulla propria terra ma di un problema religioso.
_ Così, la sinistra europea – attenta alla violenza contro i bambini e le bambine dei propri paesi d’origine al punto che uno schiaffo dato da un insegnante diventa uno scandalo – difende il “diritto” di alcune comunità di immigrati a effettuare l’infibulazione “attenuata” di bambine di otto anni o quello di “portare il velo”, anche se in realtà molto spesso viene imposto a suon di botte.
C’è poi da affrontare – sull’altro versante – il tema delle cosiddette {{“comunità” immigrate}}.
_ Esse molto spesso tendono ad arroccarsi – chiamiamola pure “difesa”, anche se in realtà non si capisce bene contro chi o contro che cosa – intorno a tradizioni e costumi che sono ipocritamente sventolati e che spesso vengono perpetuati con violenza sulla parte più debole di queste comunità.
_ Di conseguenza assistiamo a immigrati musulmani o cattolici o induisti o buddisti che vanno tranquillamente a prostitute, bevono alcolici, hanno un’amante, ma si intestardiscono a imporre il velo, l’infibulazione o la segregazione alle loro mogli e figlie.
Inoltre, nessuno dei progressi politici e sociali che investono i loro paesi d’origine li riguarda. Loro restano fermi, mentre i loro paesi vanno avanti.
_ Più spesso sono persone che nei loro paesi d’origine erano già totalmente indifferenti alla società civile o al coinvolgimento politico o religioso, per cui la presunta “tradizione” viene fortemente malintesa o fraintesa e risponde più a bisogni egoistici o individuali che a un’interpretazione ideologica, politica o religiosa che sia.
È un dato sociologico che le “comunità immigrate”, nell’accezione che noi vogliamo attribuire loro, non esistono.
_ All’interno di queste cosiddette comunità – come del resto capita a noi – si possono trovare laici, oppositori politici, uomini e donne comuni, malviventi, ottime persone, laici, religiosi, moderatamente religiosi. Un campione di popolazione difficilmente accomunabile.
_ Chi può davvero dare una definizione univoca di come sono i francesi o gli italiani? Da quale punto di vista si vuole attribuire un’univocità di comportamenti, politici, sociali, culturali che siano?
_ Già le tendenze politiche smentirebbero questa pretesa. Si può forse affermare univocamente che gli italiani sono di destra o di sinistra? Che sono cattolici o laici? Che il loro livello culturale è alto o basso? Che è un popolo di mafiosi o di corrotti?
_ Eppure noi riusciamo a farlo con grande destrezza. Peccato che in nome di questo accomunamento vengano sacrificate e messe definitivamente a tacere le “persone” che invece ne rappresentano la punta più avanzata.
{{Nei paesi africani}} le donne si organizzano contro l’infibulazione}} e ci sono straordinari esempi di lavoro di base a opera di gruppi di donne, spesso sostenute da capi etnici e capi religiosi.
_ Ci sono associazioni femministe (o femminili, come preferiscono definirsi) {{nei paesi musulmani}} da cui i movimenti femministi europei dovrebbero soltanto apprendere le modalità politiche. Ci sono {{reti di donne in America latina}} che affrontano con coraggio e tenacia le battaglie contro reati abbietti come le uccisioni di donne, inventando forme originali di lotta e di autodifesa.
_ E spesso questi movimenti sono accompagnati, sostenuti o comunque integrati, da associazioni e partiti – progressisti, democratici, socialisti o anche comunisti – maschili, che non solo condividono i contenuti delle lotte per i diritti delle donne, ma spesso sono loro stessi in prima fila, senza quella “separazione” sessuale che spesso ha contraddistinto i nascenti movimenti femministi europei.
Ancora alcune considerazioni marginali ma che rendono l’idea di quanto differenti possano essere le modalità di lotta dei vari movimenti, pur nell’ambito delle medesime rivendicazioni.
_ In alcune società la separazione sessuale è imposta, quindi diventa rivoluzionario abbattere la barriera del separatismo e pretendere una maggiore integrazione sessuale. Avrebbe senso lì proporre un modello come quello del “separatismo femminista” che tanto affascina le nostre femministe europee?
_ In altre società l’aborto è non solo legge dello stato ma è imposto come mezzo di contenimento delle nascite e può diventare uno strumento di discriminazione e selezione del sesso del nascituro.
_ Infine, in alcune società la violenza contro le donne è talmente diffusa che proteggersi e nascondersi con un velo diventa una necessità e una possibilità di movimento, non un’imposizione religiosa.
– Cristina Cattafesta è dell’Associazione “Donne in nero” e del Coordinamento italiano sostegno donne afghane” (Cisda)
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