Un incontro tra donne a Penne (PE) avvenuto il 5 Maggio promosso e animato da Silvia Di Salvatore dell’Associazione Donne Vestine. Sono intervenute Francesca Magliulo (UDI Pescara), Stefania Cantatore (UDI Napoli), Alessandra Genco (CGIL), Marzia Trulli (FIOM).
Silvia di Salvatore è un avvocato con la passione della politica dalla
parte delle donne, ed in un piccolo centro non è affatto difficile averla,
se pure si vuol dire il contrario. In un piccolo centro si sa chi e come ha
perso il lavoro, ci si parla e si conoscono le realtà oltre i numeri che
ormai tutti conoscono.

La relazione delle sindacaliste, documentata “sui dati”, restituisce la
realtà disperante che fa sentire ogni volta più insicure ed impotenti. Dentro quella dimensione il “che fare?” delle donne diventa l’attesa della parola risolutrice di “chi può decidere”.

Eppure le donne, tantissime (la sala piena), ci sono, sono lì e continuano a cercare la condivisione dei loro gesti fuori dalle organizzazioni neutre, perché sanno di sapere qualcosa di più. Lo sa Silvia e le tante donne alle quali la parola unità dice poco se vuota delle loro differenze.

Si vede, in quella sala, un bisogno di essere donne dentro la crisi, con
tutta la forza e le ragioni di drammi e vicende troppo piccoli per essere
ospitati in prima pagina.

L’espulsione dal lavoro avviene non sempre in massa, spesso è perpetrata “ad una ad una”, il mobbing (con tutte le parole americane che lo graduano e lo separano dal dato collettivo) è diretto ad una singola: una singola più una, più una eccetera.
_ I media non aiutano a capire, e stenta a farlo
il sindacato che continua a tenere aperte le caselle statistiche costruite
sugli uomini, e che continua, perché no con grande sofferenza delle
sindacaliste donne, a comprimere le donne su vertenze che spesso le
lasciano neglette “nei casi singoli”.
_ Dettagli che diventeranno numeri alla
fine dell’anno. Quando l’anno sarà già passato.

La storia dell’UDI, lo ricorda Francesca, la storia del femminismo, come
dice Iolanda della “Città delle donne”, è anche la storia della relazione
difficile tra il lavoro, costruito per gli uomini, e le capacità femminili.
_ Il lavoro delle donne non solo oggi, ed oggi forse lo è meno, è una storia di precariato.
_ Le donne devono da sempre essere precarie, per poter essere
mandate a casa, nel posto che a loro spetta, quando ce n’è bisogno.

Delle
precarie di oggi si parla di più perché anche gli uomini sono precari. Il
precariato di ieri era diverso, ma i riflessi sull’autostima erano forse
più forti e mortificanti.

La crisi di oggi è la crisi di tutti, e mentre le donne oggi sono diverse e
consapevoli di non essere uguali di fronte ai problemi, i media e la
politica sono sempre gli stessi. Continuano tutti a dire che i problemi e
le soluzioni finiscono con la “o”.

La violenza dei numeri grandi che nasconde quelli piccoli, solo perché resi piccoli, ha generato la piattaforma che fa lottare tutti per l’art. 18
(licenziamenti) e solo le donne per la legge 188 (contro le dimissioni in
bianco). C’è qualcosa che non funziona!

C’è la violenza sessuata, per esempio, il femminicidio, se ne può parlare
mentre si parla di lavoro? Indignarsi a “latere” , oggi, è la parola che
sembra voler unire tutti su un problema che è stato (ed è) “di donne”. _ Ne
parlano tutti, anche chi dovrebbe parlare meno e fare invece ciò che deve.

La separazione dei numeri spaventosi delle uccisioni e degli stupri da
quelli (spaventosi) delle espulsioni dal lavoro e dell’inoccupazione
femminili, induce l’idea, confermandola, che si possa trattare di fatalità
e di incultura. Variabili indipendenti?

L’analisi attenta fatta dal
femminismo dice invece che si tratta di un sistema che ricaccia le donne
nelle dimensioni più propizie agli assassini: la casa impermeabile al
diritto, la necessità che sottopone al ricatto.
_ Su questo, su questa
analisi è difficile essere trasversali, anche per le donne. Il femminismo
ha cambiato molte cose, ma non tutte le donne, tanto che le “pari
opportunità” sono ammesse, ma il femminismo continua a sembrare, a chi lo vuole, un’esagerazione antistorica.

Non si può essere tutte d’accordo se la verità non prevista spunta
inopinatamente, non prevista in un incontro che prevede di raggiungere “l’unità” e la domanda ritorna: le donne possono litigare?

Ricordando i litigi di ieri, ci si dovrebbe convincere che si può. Le donne
di oggi consapevoli più di ieri, più orgogliose della loro identità e che
denunciano la violenza più di ieri, che sentono il lavoro come un diritto,
sono la prova che litigare si deve. Per svelare quello che tutti negano le donne hanno litigato e come. Ci si troverà più tardi, ma ci si ritroverà.

Le donne di Penne hanno firmato l’appello alle Ministre Severino e
Cancellieri per “Regole certe, il diritto di denunciare la violenza”.*
_ L’appuntamento è il 14 giugno a Roma per la consegna delle firme, da Pescara ci sarà un pullman (rivolgersi a ma.franca@tin.it)*

– Leggi la [risposta di Marzia Trugli->10425]