La serie di incontri e masterclass nata qualche anno fa per celebrare le donne del vino italiano, nel 2025 ha proposto a Vinitaly una degustazione che accende i riflettori sulle grandi protagoniste del Barolo, ricordando il ruolo femminile nel mondo del vino e il contributo delle produttrici al settore vitivinicolo italiano. Con la masterclass dal titolo Iconic Women in Italian Wine: The Barolo Edition i vini delle produttrici italiane Chiara Boschis, Silvia Altare, Elisa Fantino, Cristina Oddero, Barbara Sandrone ed Enrica Scavino, sono stati al centro della degustazione che Michaela Morris (DipWSET, IWE) e Stevie Kim hanno co-condotto e guidato il 7 aprile.
Una sessione esclusiva, come scrive Vinitaly sui propri social, che «ha messo in luce non solo il ruolo sempre più centrale delle donne nella Regione [Piemonte –ndr] ma anche l’eccezionale maestria, la storia e l’innovazione che stanno plasmando il Barolo di oggi».
Questa masterclass dedicata ai Barolo dell’annata 2015, che mette al centro quello che per lungo tempo è stato riconosciuto come “Il Re dei vini, il vino dei Re”, ci riporta necessariamente alla storia e alla vita di Giulia Colbert Falletti, Marchesa di Barolo, prima e vera artefice e pioniera del cosiddetto Barolo moderno. Come molti altri vini (Champagne, Sauternes, Chianti), anche il Barolo è rimasto a lungo un feudo al maschile, dimentico, nell’oblio della storia, del fondamentale contributo ricevuto da donne visionarie e innovatrici.

Francese di nascita, Giulia Colbert sposa a 20 anni (nel 1806) il Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, divenendo a sua volta Marchesa. Nel 1838, all’età di 52 anni rimane vedova ed eredita le proprietà della famiglia, inclusi i preziosi vigneti nelle Langhe.
Le uve Nebbiolo di queste terre sono talmente speciali che già Columella, scrittore romano e agronomo del primo secolo dopo Cristo, le aveva citate nel suo trattato sull’agricoltura De Re Rustica, definendole «Grappoli di uva nera che danno vino da località fredde».
Provenendo da una famiglia produttrice di vini, questa donna che per tutta la vita è stata una filantropa, oltre a uno spirito caritatevole, possiede anche un certo acume e molteplici conoscenze sul vino che la portano a intuire il potenziale di miglioramento insito in quelle uve e in quelle vigne.
Per aiutarla a svelarlo, chiede allora la collaborazione dell’enologo francese Louis Oudart e di quello italiano Paolo Francesco di Staglieno. Il vino che ottiene sino a quel momento, infatti, è troppo dolce, mentre lei lo vorrebbe in una versione dal gusto più secco, capace di rivaleggiare con i vini francesi di Bordeaux.
Il processo di cambiamento si avvia partendo da una revisione delle vigne e delle tecniche di cantina. Giulia Colbert Falletti di Barolo insegue un’idea. Immagina il “suo” vino e per farlo, segue la coltivazione in campo, chiede aiuto per migliorare la vinificazione, cura e sviluppa le proprie tenute, sino a ottenere un Barolo che, di anno in anno, migliora in vigna, migliora in cantina, migliora nel gusto. Migliorando, in breve, anche in redditività e notorietà grazie al gradimento del Re Carlo Alberto di Savoia, che dopo averlo scoperto, oltre a innamorarsene vorrà anche produrlo dalle proprie tenute.
Quando si raccontano i vini fuori dall’assaggio al bicchiere, è fondamentale, per trasmetterne la natura e l’essenza, andare cercarne la storia, la genesi.
Il Barolo, dunque, oltre a essere un vino iconico che deve molto del sé odierno alla visione di una donna dell’Ottocento, eredita dal passato anche il rigore di un disciplinare stringente che, oltre a prevedere uve Nebbiolo in purezza, vuole che i vigneti a lui dedicati siano posizionati solo in zone argillose e in collina, richiede che si rispettino potatura a Guyot e allevamento a spalliera e, con la denominazione DOCG, vuole un affinamento minimo 3 anni e 2 mesi, dei quali minimo 18 mesi trascorsi in botte, per un prodotto finale dalla gradazione alcolica minima di 13 gradi.
Eccoci arrivare così a una delle note dolenti di tutto il comparto del vino rosso dei giorni nostri. Quella di una elevata gradazione alcolica che, insieme al cambiamento degli stili di consumo, è responsabile di far registrare il più importante calo degli ultimi 50 anni in termini di gradimento e fette di mercato, perdendo appeal (si deve tornare a dirlo) soprattutto tra i giovani.
Molto dipende tuttavia dalla prospettiva dalla quale si guarda alle cose. Perché l’incredibile e ampia diversità dei vitigni italiani, consente a produttrici e produttori di offrire anche una selezione di rossi leggeri, di rosati, di vini frizzanti e spumanti, di proposte a bassa gradazione, di vini meno affinati (invecchiati) e adatti a essere bevuti freschi, certamente sinora meno conosciuta e valorizzata.
Ma tornando alla Barolo Edition al femminile e alle proposte delle Iconic Women in Italian Wine, quelle che elenchiamo di seguito sono le bottiglie che le produttrici hanno proposto per la degustazione.
- Chiara Boschis – Azienda Agricola E. Pira e Figli – Barolo Docg Mosconi Vino Biologico 2015
- Elio Altare – Barolo Docg Arborina 2015
- Conterno Fantino – Barolo Docg Ginestra Vigna Sorì 2015
- Sandrone – Barolo Docg “Aleste” 2015
- Oddero – Barolo Docg Riserva Vignarionda 2015
- Paolo Scavino – Barolo Docg Riserva Rocche dell’Annunziata 2015



Foto: credits Veronafiere-Foto Ennevi