Le Polene: sacerdotesse dell’irraggiungibile
“POLENE – Occhi del mare”: l’incanto del libro arriva fulmineo già a partire dall’argomento e dall’autore Claudio Magris.
Ci sono Polene suadenti e Polene struggenti, ci sono Polene angeliche e Polene diaboliche, ci sono Polene che ghermiscono il mare e… che dal mare si lasciano ghermire! Immagini verticali le Polene, sono protese verso l’orizzonte. Il loro sguardo si nutre di immenso.
A donare le fattezze alle Polene, le figure che decorano la prua delle navi, sono le dee ma anche le donne comuni,le donne amate, le donne defunte e… perciò rimpiante e restituite alla vita galleggiando sulle onde!
Il fascino della Polena risiede nel suo sguardo. I suoi occhi, sempre aperti ed attenti, si esercitano sull’immensità del mare e del cielo, sulla precarietà della vita e sulla ineluttabilità della morte.
Le Polene trionfano sin dalla nascita ma poi come tutti noi, deperiscono e infine, muoiono.
“Relitto dei relitti”, alcune sono state salvate, altre sono state abbandonate sul fondo degli oceani.
Di mistero e superstizione è intriso il loro fascino. Alcuni naufragi furono attribuiti al loro spirito nefasto. I loro artefici erano spesso costruttori di sepolcri e monumenti funebri. Di alcuni si conoscono i nomi, altri sono rimasti sconosciuti.
Molte leggende raccontano di come queste misteriose figure abbiano trascinato a morte non solo i marinai ma anche coloro che le avevano scolpite. Una Polena costò, all’incauto scultore, le mani mozzate e alla donna che gli era servita da modella il rogo.
Nel Rinascimento quando la nave olandese “Diavolo di Delst” non ritornò, la colpa fu attribuita alla figura “diabolica” di prua.
“Polene – scrive Magris – angeli su tombe erranti sulle acque, sirene e muse dell’aldilà”.
Il mare è il loro grande cimitero. Molte di loro non erano né ninfe né dee pagane, ma riproducevano rassicuranti fattezze domestiche, per esempio quelle della figlia di un capitano, eppure erano loro le regine dei vascelli che si avventuravano su rotte talvolta sconosciute. Alcune si rifacevano a figure veggenti come Cassandra, capaci di condurre in ogni tempo e Paese ciurme sia verso luoghi raggiungibili, sia verso mete ignote. Molti naufraghi hanno attribuito la loro sventura al loro spirito nefasto. Il loro sorriso è spesso arcano, le loro narici frementi, la loro bocca a volte è invitante a volte corrucciata a volte sprezzante.
Il padre delle Polene francesi è Philippe Cassieri, nato a Roma. Debutta con figure ornamentali delle gondole e delle barche di lusso di Versailles e poi passa ai cantieri navali militari nel periodo del Barocco. Le sue Polene splendono di luce regale, del trionfo della carne, del mondo e del lusso. Con l’avvento del vapore e il conseguente declino della vela, per le Polene comincia una progressiva decadenza.
Molti scrittori hanno soggiaciuto al fascino di queste magnifiche figure. Le maestose, fatali Polene non potevano non dare vita a leggende, aneddoti, racconti fantastici. Ricordiamo in particolare la storia narrata da Karen Blixen: un capitano di lungo corso aveva messo alla sua nave il nome della moglie e aveva fatto scolpire la Polena tale e quale a lei. Ma la moglie ne era gelosa: “Tu pensi più alla Polena che a me”. Il capitano, che stava trattando un carico a Trankebar, aiutò il vecchio re a sfuggire ai suoi traditori. Per riconoscenza il re gli regalò due grosse gemme azzurre che lui fece incastonare nel viso della Polena, al posto degli occhi. Quando tornò a casa confidò, entusiasta, alla moglie: “Ora lei ha anche i tuoi occhi azzurri”. Rosa dalla gelosia, la donna incaricò un vetraio della città di togliere le pietre dalle orbite della Polena e di sostituirle con due pezzetti di vetro. Il capitano partì per il Portogallo e dopo qualche tempo, lei si accorse che la sua vista era diminuita al punto che non riusciva più ad infilare l’ago. Si rivolse ad un’indovina, che le presagì che sarebbe diventata cieca. La donna pregò affinché la nave rientrasse in porto così da poter rimettere al loro posto le pietre preziose. Ma la nave non tornò. Si era schiantata in pieno giorno contro una rupe che si ergeva nel mare ed era colata a picco con tutto l’equipaggio.
Anche vecchie e corrose, anche logorate dal vento e arse dalla salsedine, le Polene sprigionano il loro fascino. Sono figure reali che vivono dello struggimento dell’irreale. Sono le fatate sacerdotesse dell’approdo e dell’irraggiungibile.
Le Polene guardano sempre alto e lontano, per questo non possiamo fare a meno di amarle.