LE ZONE RURALI DEL MONDO SONO LE PIU’ POVERE – RIPARTIAMO DALLA TERRA
Secondo un recente studio condotto dall’Ifad, tre quarti degli 800 milioni di persone che vivono in stato di povertà nel mondo (quindi circa 600 milioni) si trovano in aree rurali. Proprio all’importanza della terra Caritas Italiana dedica il primo Dossier con Dati e Testimonianze (Ddt) del 2017, dal titolo “Ripartire dalla terra. Dalla povertà rurale a nuove politiche per lo sviluppo” (.pdf). “Oggi possiamo dire che i potenti si sono dimenticati delle zone periferiche del pianeta – si legge nel dossier-. Lo scandalo della povertà esiste in tante zone ma sembra lasciare indifferenti coloro che reggono i destini dei popoli”. Certamente non è facile trovare delle soluzioni al problema della povertà. Per passare dalle parole ai fatti è necessario essere coscienti che il Creato non è appannaggio di una minoranza ma è eredità comune a tutta l’umanità.; questi dati dimostrano come la povertà sia un fenomeno fortemente rurale.
Dall’olio di palma al petrolio: ecco perché si tolgono le terre agli indigeni. Il dossier ricorda che anche i diversi episodi di espropri forzati, violenze e omicidi nei territori in cui non viene riconosciuto il diritto alla terra delle popolazioni. Secondo Caritas si calcola che nel 2050 il mondo necessiterà del 60 per cento di cibo in più rispetto ad ora, mentre la riduzione della povertà sembra seguire un processo più lento. Secondo gli ultimi dati pubblicati nel Rapporto sullo sviluppo rurale da IFAD, i redditi di 2,5 miliardi di persone nel mondo dipendono ancora direttamente da piccole aziende agricole che producono l’80 per cento del cibo consumato in Asia e nell’Africa sub-sahariana. Nel testo Custodi della terra, difensori del nostro futuro, pubblicato da Oxfam, vengono riportati alcuni esempi della violazione di tale diritto. Tra questi l’Honduras, dove la leader del popolo Garifuna, Miriam Miranda, è da tempo vittima di gravi intimidazioni e minacce per cercare di difendere il diritto alla terra della sua gente. Il territorio di questa comunità si presta alle piantagioni di palme da olio, elemento presente in innumerevoli prodotti alimentari commercializzati in tutto il mondo. Per dare spazio a queste coltivazioni, le grandi aziende agro-alimentari ricorrono spesso alla deforestazione o usano i campi precedentemente impiegati per produrre ortaggi. L’altro caso riportato è quello della comunità Quechua che vive nell’Amazzonia peruviana e che si sta battendo per riprendere il controllo delle proprie terre, che rappresentano la loro principale fonte di reddito. Tanti anni di trivellazioni petrolifere e di scarichi tossici rilasciati dai giacimenti petroliferi hanno provocato l’inquinamento dei terreni e quindi una catastrofe ambientale: animali morti, appezzamenti di terra incoltivabili e problemi di salute tra i membri della comunità.
La denuncia: “Ancora troppe situazioni di ingiustizia molto gravi”.“La situazione del mondo rurale non è uguale per tutti i Paesi, ci sono enormi differenze date dal diverso sviluppo tecnologico in campo agricolo, dalle conoscenze, dalle infrastrutture presenti, dai cambiamenti climatici, dall’etica con cui viene lavorata la superficie terrestre e con cui gli stessi lavoratori vengono impiegati – spiega Caritas – Quando si parla di Terra esistono e persistono situazioni di ingiustizia molto gravi. Lo indicò chiaramente Giovanni Paolo II in Laborem Exercens evidenziando come in taluni Paesi in via di sviluppo, milioni di uomini sono costretti a coltivare i terreni di altri e vengono sfruttati dai latifondisti, senza la speranza di poter mai accedere al possesso neanche di un minimo pezzo di terra in proprio. Mancano forme di tutela legale per la persona del lavoratore agricolo e per la sua famiglia in caso di vecchiaia, di malattia o di mancanza di lavoro. Lunghe giornate di duro lavoro fisico vengono miseramente pagate. Terreni coltivabili vengono lasciati abbandonati dai proprietari; titoli legali al possesso di un piccolo terreno, coltivato in proprio da anni, vengono trascurati o rimangono senza difesa di fronte alla “fame di terra” di individui o di gruppi più potenti”. Ai giorni nostri, queste situazioni persistono, spiega ancora il dossier, come per esempio testimonia la Commissione per la Pastorale della Terra della Conferenza Episcopale Brasiliana (CPT), nata per sostenere i contadini oppressi e i popoli indigeni, la quale in occasione dei suoi 40 anni di vita si è detta preoccupata per l’aumento delle violenze contro le popolazioni rurali.