L’espulsione dell’ultrà-corpo
Una volta, fuori dai cinema o dai teatri, le “ragazzine” aspettavano il loro fan. In questi giorni tra marzo e aprile, l’oggetto dell’amore è diventato oggetto del rifiuto: si, quel sostantivo che si presta a più significati, è invero enormemente debordante, diventa quell’animale da palcoscenico che è Giuliano Ferrara.Non c’è stata città grande o piccola dell’Italia, dove a lui non siano state riservate “pesanti” attenzioni con oggetti e parole. A Roma ha concluso la sua piazzata della vita che non prevede aborti o pillole del giorno dopo, ma solo film a lieto fine, come {Juno}, quello gentilmente offerto dalla Premiata Pro Life, che forse qualche aderenza nelle segrete stanze del Vaticano ce l’ha e forse anche della Politica, quella con la p maiuscola che diventa non solo europea ma internazionale…
Torino, Verona, Padova, Firenze, Magenta, Milano, Ancona, Pesaro, Bologna, Palermo sono alcune delle città dove, se Ferrara si richiama all’identità cristiana, le donne nelle piazze si richiamano all’identità delle donne, quella che loro stesse definiscono.
In un primo momento, come a Torino, in piazza è stato da solo e con le donne *sommosse* contestatrici, via via si è trovato a scappare da uscite secondarie, data la minacciosa aria di contestazione che volava all’altezza della sua pancia e qualcosa più su.
_ In questi ultimi giorni {{alcune donne hanno anche deciso di denunciare Giuliano Ferrara per calunnia e molestie}}, in quanto la legge italiana non reputa l’aborto un omicidio (nemmeno prima dell’entrata in vigore della legge 194), quindi accusare le donne che hanno abortito o stanno per farlo di essere delle “assassine” è una vera e propria calunnia che non ha fondamento giuridico: questo sostiene ad esempio Sami Behare, dal suo studio legale di Milano.
_ Leggo pure che sulle porte dei presidi ospedalieri dove si praticano aborti, il signor Ferrara chiede, provocatoriamente come suo solito, che sia scritto
“abort macht frei” che richiama ovviamente la tragica scritta “arbeit macht frei”, laddove abort in tedesco, tradotto, vuol dire latrina.
Ma veniamo a Roma, luogo dove il direttore del Foglio, per il momento aspirante ministro della sanità, ha concluso l’affaticante Spettacolo in un cinema di un quartiere storicamente “perbene”, l’Holiday , che starebbe a dire vacanza, ma tale non è stata questa ultima passeggiata.
L’ abbiamo aspettato con dei grandi volantoni di espulsione, che sulla falsariga, assai verosimile nei caratteri e nel testo, decretano che il cittadino in questione è immediatamente espulso , con esilio nello stato Vaticano e non ci sono ricorsi che possono esser presentati, alle ministre streghe streghette e fate madrine. Così conclude.
Ancora una volta, è strisciato per vie secondarie: credo di aver visto entrare, almeno dalla porta principale, {{non più di 20 spettatori}}, età media 70 anni, una in su con gli anni e tailleur, ha continuato a
fare le corna, parandosi con gli scudi dei poliziotti prima di entrare, poi ho visto arrivare due disabili gravi, accompagnati e una manciata di giovani virgulti della Roma capitolina.
La signora {{Olimpia Tarzia}}, seconda alla Camera nel Lazio e Capolista in Puglia per la lista “Aborto? No, grazie”, è stata alcuni istanti sulla porta, ma l’ho riconosciuta solo io, preoccupata per gli onori di casa, lei che Vicepresidente del Movimento per la vita romano, ha promosso e diretto corsi di formazione nazionali e locali sull’educazione all’accoglienza alla vita e all’amore in collaborazione con la Conferenza Episcopale Italiana. La presenza della polizia, in assetto antisommossa, ha protetto con una proporzione di dieci addetti l’ingresso di un’ospite. Neanche una dozzina , le uova che sicuramente erano marce. Canzoni, urla, discorsi, imprecazioni, slogan nuovi e vecchi, si sono alternati per due ore di chiasso e denunce senza sosta.
La {{Milizia Christi}} ci ha lanciato per mano
di un’esaltato signore di mezza età, una chilata di pieghevoli gialli, dove il rosso del sangue dei feti, richiamava i colori della Roma, ma la provocazione non ha dato i risultati sperati.
C’erano donne e uomini residenti a Roma, {{molte erano migranti}}, tantissime sono state le presenze direi quasi totalmente organizzate dal comitato femminile di Action, organizzazione da sempre impegnata nella lotta per il diritto all’abitazione che ha anche recentemente portato avanti con successo la prima occupazione delle donne per le donne.
Me la raccontava in tram la mia compagna di viaggio al ritorno, si chiama Fatma, quattro figli e dieci nipoti, fatti studiare da lei e dal marito. Fatma è di Casablanca, mia coetanea, da ventiquattro anni a Roma, città che lei mi dice di non riconoscere più, porta il velo e ha una pelle radiosa, questo le ho detto e lei mi ha sorriso e invitata a tornare, ci siamo salutate con un abbraccio.
_ Fatma non vota, come me.
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